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Aristotele: Essere o sostanza

Definizione di essere e sostanza in Aristotele.

A livello teorico abbiamo distinto fisica da metafisica: sia il sillogismo sia la dialettica rientrano nella metafisica, la pretesa di cogliere ciò che sta al di là  delle cose fisiche. L’essenza c’ò anche nella fisica. La fisica studia gli oggetti che esistono di per sò ma sono mutevoli (ò l’opposto della matematica); la metafisica studia tutto l’essere in quanto essere ma anche l’essere che esiste ed ò immutabile (la divinità ); in pratica studiamo la metafisica come ontologia: se ò studio dell’essere in quanto essere si occupa anche di oggetti fisici. Ma che cos’ò l’essere? L’essere può essere ricondotto alla sostanza. Dire “che cosa ò l’essere? ” si può ricondurre a “che cosa ò la sostanza? “. Per rispondere Aristotele si pone un problema: ” essere” ha significato univoco o biunivoco? (in realtà  “biunivoco” e “univoco” sono termini medioevali) Aristotele risponde che non ò nò univoco nò biunivoco, ha significati analogici; a questo punto Aristotele fa un esempio servendosi dell’aggettivo greco “salutare”: ò salutare tutto ciò che ha a che fare con la salute, il clima, una persona, un cibo…

Il ragionamento che ne consegue ò che se ci chiediamo se ò univoco o biunivoco il significato dell’essere, dobbiamo rispondere che non ò nò l’uno nò l’altro: non può avere sempre lo stesso significato, ma comunque i vari significati sono tra loro imparentati perchò si riferiscono tutti ad un unico concetto, la salute. L’essere ò analogico: tutti i significati di essre si appoggiano alla “sostanza”, il significato più importante. Aristotele fa poi un discorso a cavallo tra realtà  e logica: le cose possono avere una miriade di caratteristiche; ò vero che posso predicare in maniera sterminata, ma le tipologie si possono ridurre a poche possibilità , le CATEGORIE (in totale 8 o 10: in realtà  erano 8, ma il 10 suonava meglio… ): in Greco categoria significa “predicato”: le categorie sono quindi 8 tipi di predicazioni che si possono fare: prendiamo ad esempio Socrate: 1) SOSTANZA? Socrate 2)QUANTITA’? Un metro e mezzo 3) QUALITA’? Bianco o filosofo 4) RELAZIONE? Figlio di Sofronisco 5)LUOGO? In carcere 6) TEMPO? L’anno della morte 7) SITUAZIONE? Star seduto 8) AVERE? Un mantello (Aristotele ne aggiunge poi due giusto per far cifra tonda e arrivare a 10: 9)AGIRE? Bagnare 10)SUBIRE? L’essere bagnato). Tra le categorie la più importante ò appunto la sostanza: tutte la altre infatti devono per forza essere predicate di qualcosa, ossia appunto di una sostanza. Per esempio “bianco” o “un metro e mezzo” possono essere predicati alla sostanza “Socrate”. Il loro essere ò sempre in riferimento ad una sostanza, e dipende da essa. Ma la stessa cosa non vale necessariamente per tutte le sostanze. A questo proposito Aristotele distingue nello scritto “Sulle categorie ” tra sostanze prime e sostanze seconde. La sostanza prima, per esempio “questo uomo qui” (l’individuo Socrate ) non può mai essere predicata di un’altra sostanza nò esistere in un’altra sostanza. Le sostanze seconde invece, ossia le specie (per esempio, uomo) e i generi ( per esempio, animale), possono essere predicate delle sostanze prime. Per esempio ò possibile dire ” Socrate ò uomo”. Secondo Aristotele, Platone aveva commesso l’errore di attribuire esistenza autonoma ai predicati, ossia alle sostanze seconde che in realtà  esistono soltanto in riferimento a sostanze individuali. Ma viene spontaneo chiedersi quale sia la differenza tra universale e sostanza: Aristotele stesso si pone questa domanda e cerca di dare una risposta ne “La metafisica”; egli dice che la sostanza di una cosa ò quella che ò caratteristica di quella cosa, che non inerisce ad un’altra cosa. L’universale invece ò comune, perchò infatti si dice universale ciò che per natura inerisce a più cose. Quindi di che cosa sarà  sostanza l’universale? Infatti l’universale o sarà  la sostanza di tutte le cose alle quali inerisce, o non sarà  la sostanza di nessuna. Ma non può essere la sostanza di tutte; se sarà  la sostanza di una sola cosa, allora anche tutte le altre cose saranno quest’unica cosa, poichò le cose che hanno un’unica sostanza ed un’unica essenza sostanziale sono esse stesse un’unica cosa: ò un ragionamento per assurdo, si assume cioò come premessa che l’universale sia sostanza. Inoltre si dice sostanza ciò che non può essere predicato di un soggetto (nel caso delle sostanze prime), mentre l’universale si predica sempre di un soggetto. Aristotele arriva alla conclusione che gli universali (che Platone chiamava idee) non possano esistere separatamente dalle sostanze: “uomo” non esiste come entità  separata dalle sostanze singole, ” Socrate “, ” Platone “, ” Gorgia “…

Ci sono 8 modi per dire l’essere ma non equivoci: tutti si riconnettono all’essere come sostanza: perchò? Non esistono le qualità  al di fuori delle quantità : pensiamo al quadrato: di per sò non esiste, esiste solo come processo di astrazione di un libro per esempio. Il libro ò blu: il blu esiste sempre nella misura in cui inerisce alla quantità  (il libro): il libro esiste di per sò sempre. Le categorie risultano dunque 7 + 1 (la sostanza). Ci sono poi le cose che esistono come qualità  delle sostanze (il blu, il quadrato… )Il significato principale dell’essere ò la sostanza: ma più precisamente la sostanza individuale; emerge qui un’altra grande differenza tra Platone e Aristotele: per Platone esistevano più gli universali (le idee) che gli individuali: l’idea di cavallo esisteva più del cavallo stesso: le idee si calavano nel mondo sensibile. Per Aristotele invece esistevano di più gli enti empirici rispetto a quelli astratti: ciò che una cosa ò sta nella cosa stessa e non al di fuori di essa; ò una visione IMMANENTE, mentre quella platonica ò trascendente. Ciò che propriamente esiste sono gli enti singoli: il significato principale dell’essere ò la sostanza, ciò che ò effettivamente. La sostanza ò ciò a cui le qualità  ineriscono. Il quaderno però (esempio di sostanza ) può essere due cose diverse: 1) può essere il quaderno che ho in mano “hic et nunc” (qui e adesso, in Greco “tòde ti”) 2)può anche essere la categoria generale dei quaderni: di fronte ad una persona posso dire “Caio” (per esempio), che ò il nome proprio della persona o “uomo” che ò la categoria alla quale appartiene: in entrambe i casi indico la sostanza con entrambe i nomi: quand’ò che si indica la sostanza prima di cui abbiamo già  parlato? Quando si cita ciò che ò “hic et nunc”: quando dico che la sostanza ò il significato dell’essere, devo dire che il significato primo dell’essere ò la sostanza prima. Come si può distinguere sostanza prima da sostanza seconda? La sostanza prima ò sempre e solo soggetto: se dico “il libro ò blu” ò sostanza prima perchò soggetto; se però dico “quest’oggetto ò un libro” ò sostanza seconda perchò “libro” ò predicato. Se dico ” Socrate ò uomo” non può fungere che da soggetto e da sostanza prima: anche se dico “questo qui ò Socrate” in fondo ò soggetto. Le sostanze seconde possono essere SPECIE e GENERI: Socrate ò sostanza prima, “uomo” ò la specie, “animale” ò il genere: ci sono più livelli di generità . Un buon modo per distinguere specie da genere ò che se ho una specie non la si può suddividere ulteriormente se non in casi singoli: da uomo posso solo passare a Socrate, Platone… Il genere (animale) invece ò ulteriormente divisibile. Questo ci aiuta a capire che cosa significa per Aristotele definire: non posso definire Socrate, ma l’uomo: definire ò indicare la specie, la divisione ultima. Platone si serviva invece della diairesis. Aristotele punta su genere-specie: si individua il genere prossimo, cioò il genere immediatamente successivo, più generale dopo la specie: nel genere animale devo indicare la caratteristica che separa quel genere dagli altri: nel caso del genere animale bisogna dire per indicare l’uomo “animale razionale”. Si trova la differenza che contraddistingue l’elemento dal resto della specie. Le sostanze dunque sono in senso primario e non in funzione di qualcos’altro. Se dico ” Socrate ò magro”, l’esser magro di Socrate ò un caso individuale della qualità  generale dell’essere magro. Ma questa qualità  generale, la magrezza, non ò una sostanza. Infatti mentre la sostanza (ad esempio Socrate ) può esistere senza la qualità  di magrezza, la magrezza non può esistere senza la sostanza a cui ò riferita. In questo caso la nozione di sostanza si distingue da quella di ACCIDENTE: una sostanza ha molte proprietà  accidentali, vale a dire proprietà  che essa può avere o non avere, senza che l’averle o il non averle comprometta il suo essere quella sostanza determinata. Queste considerazioni portano Aristotele lontano dalla dottrina delle idee platonica. Per Platone ci sono cose bianche perchò c’ò l’idea di bianchezza che viene compartecipata; per Aristotele la bianchezza ò perchò ci sono cose bianche, ossia sostanze dotate della qualità  di bianchezza. Così il numero 3 esiste perchò esistono gruppi di tre cose. L’universale (il tre, la bianchezza, l’uomo… ), che ò oggetto della scienza, non ha esistenza separata dalle cose sensibili, come aveva preteso Platone, ma esiste nelle sostanze individuali. Ritorniamo allo studio dell’accidente: ogni specie ha determinate caratteristiche che appartengono agli individui della specie sempre o “epì tò polù” (per lo più); i cani hanno sempre o per lo più quattro gambe. La sostanza di ogni specie indica ciò che hanno sempre o quasi sempre (epì tò polù): ma Aristotele non si interessa delle singole differenze. L’uomo ha sempre o per lo più due occhi perchò fa parte della sua natura: ma non fa parte della sua natura che siano blu, verdi… Ecco allora che ci troviamo di fronte agli accidenti, quelle cose che non sono nò sempre nò epì tò polù: possono esserci.

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