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Cecco Angiolieri

Vita e opere di Cecco Angiolieri.

Cecco Angiolieri nacque a Siena verso il 1260, da una famiglia nobile e ricca, ma visse un’esistenza avventurosa, anche se poco chiara nel dettaglio, tra vicende politiche e personali non molto lineari. Si trovò spesso fuori della sua città per esili o altre situazioni, e lo troviamo in particolare a Roma. Morì a Siena, probabilmente il 1313.

Sua madre, monna Lisa de' Salimbeni, apparteneva a una delle più nobili e potenti famiglie del Comune e suo padre Angioliero, a sua volta figlio di quell'Angioliero detto Solàfica (cioè Serafica) fu fra le personalità più in vista della vita politica ed economica di Siena. Entrambi entrarono nell'ordine dei Cavalieri di Santa Maria (indicati poi col satirico nome di Frati Gaudenti), del quale potevano far parte anche i coniugati. In questo ambiente Cecco si formò; milita come alleato dei Fiorentini contro Arezzo nel 1288, e qui probabilmente conosce Dante, che sfida a una tenzone di sonetti. Nel 1281 era fra i senesi che militavano contro i ghibellini asserragliati nel castello di Turri di Maremma, e fu più di una volta multato per essersi allontanato dal campo senza la dovuta licenza. Lo troviamo ancora colpita da multe in città l'anno successivo (1282), ed esattamente l'11 luglio, per essere stato trovato ancora in giro di notte dopo il terzo suono della campana del Comune. Altra multa gli fu comminata nel 1291 in circostanze analoghe.

Sono questi gli anni ai quali risale la sua produzione poetica, almeno quella che ci è pervenuta. Dovrebbe esser questo anche il periodo in cui un oscuro rimatore, un certo Simone, si volge a lui come a maestro (son. 112) e in cui fiorisce l'amicizia poi disattesa con Dante Alighieri. Il sonetto 111 (Dante Alighier, s'i' so' bon begolardo) denuncia la violenta frattura tra i due e va fissato al 1303-1304, come risulta dal v. 8: "S'eo so' fatto romano, e tu lombardo " dove si  allude al primo esilio di Dante a Verona presso Bartolomeo della Scala ("e tu lombardo"); ma se ne ricava analoga notizia per Cecco, che doveva essere esule a Roma (o s'eo so' fatto romano).

Ci rimangono alcuni sonetti, ma non tutti i critici sono d’accordo sulla loro autenticità. Anche la sua personalità viene giudicata da alcuni ribelle e trasgressiva; mentre ad altri critici Cecco sembra piuttosto fare della parodia.
Bersaglio della satira dell’Angiolieri è il dolce stil novo con la sua idea spirituale dell’amore. A questa Cecco oppone una visione realistica e quasi volgare. Non esita a colpire lo stesso Dante.

Il sonetto più celebre è “S’i’ fossi foco… ”, che inizia in maniera quasi tragica, augurandosi distruzione e morte del mondo, per poi concludersi con una battuta scherzosa.
Lo stile dell’Angiolieri è corretto ed elegante, pur nell’uso del linguaggio comune e quotidiano.

Le Opere

Le Rime: raccolta dei componimenti poetici che Angiolieri scrive nel corso della sua vita e che sono legati alle varie esperienze di vita del poeta.

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