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Etica dello sport e interessi economici

Nell’ultimo periodo il valore dello sport ha assunto caratteri diversi, intrecciandosi anche con gli interessi economici. Spiega se esiste ancora un’eticità nello sport e di che natura è il suo rapporto con la società attuale.

“Ai Tindaridi ospitali e a Elena bella di riccioli voglio piacere, onorando Agrigento famosa ed ergendo per Terone ad inno olimpionico, il fiore di cavalli dai piedi instancabili …”. I versi appartengono all’Olimpica di Pindaro dedicata a Terone di Agrigento, un atleta che partecipò alla corsa dei carri durante le Olimpiadi. Gli atleti dell’antica Grecia traevano la loro felicità per la vittoria da una corona di alloro e dall’esaltazione della poesia, che avrebbe mantenuto il ricordo tra i posteri.
Negli ultimi anni lo sport ha subito una sorta di evoluzione, mutando il rapporto tra atleta e società. Infatti, fino a poco tempo fa, gli atleti fondavano la propria educazione sportiva sul rispetto delle regole, sul modo corretto di condurre il gioco, e soprattutto senza avere interessi economici.
Successivamente però è entrato in scena il ruolo politico nelle vittorie sportive. Infatti, soprattutto riguardo le Olimpiadi, i Paesi si sono accorti che vincere le gare dava un immenso prestigio e un’immagine positiva delle capacità organizzative e scientifiche della nazione. E insieme a ciò, anche gli interessi economici e le sponsorizzazioni sono diventati sempre più frequenti. Nelle olimpiadi la gara atletica ormai sembra quasi un fatto marginale, mentre sono in primo piano le esigenze di commercio. Ad esempio, si sponsorizzano anche i minimi dettagli dell’abbigliamento e degli accessori degli atleti, come occhiali, orologi, scarpe e vestiti. Gli orari delle competizioni vengono decisi poi in base alle esigenze televisive. Anche i campioni hanno i loro interessi economici, e partecipano agli incontri sportivi richiedendo remunerazione che vanno dai 100.000 ai 180.000 dollari per ogni evento.
E’ per ragioni economiche e politiche che nello sport si vuole vincere a tutti i costi, non per puro amore di ciò che si sta facendo o desiderio di gloria, e spesso ci si spinge oltre i propri limiti naturali. Facendo tutto questo, si rinnegano i principi fondamentali dell’etica sportiva e dell’atleta stesso, che un tempo si spingeva oltre solo per vedere fin dove poteva arrivare con le sole proprie capacità. Oggi lo sport, purtroppo, non vive in un ambiente sincero e incontaminato, non c’è più uguaglianza e trasparenza. E’ circondato da gente furba, e ogni risultato raggiunto da una squadra o da un atleta è seguito dal dubbio se sia stato ottenuto con mezzi puliti o no.
Un problema presente nel mondo degli atleti è quello del doping, nato negli anni Cinquanta nell’ambito del ciclismo. All’epoca esistevano le cosiddette “bombe”, prodotti a base di simpamina, che azzeravano la sensazione di stanchezza nel ciclista, senza altri effetti. Successivamente è avvenuto un vero e proprio boom del doping, utilizzando in modo illegale prodotti farmaceutici ufficiali e facendo degli esperimenti per scoprire sostanze capaci di aumentare il rendimento muscolare e favorire la concentrazione mentale. Nello sport non ci sono limiti insormontabili per l’uomo, basta fare sacrifici e allenarsi, avere delle doti fisiche, fare una corretta alimentazione. Per esempio, Bob Hines, vincitore dei 100 metri alle olimpiadi di Tokio, non utilizzando alcun tipo di sostanze ha dimostrato di essere un grande modello di potenza fisica. E vi saranno sempre miglioramenti nelle prestazioni fisiche dei futuri atleti, grazie anche alle nuove tecnologie e all’elasticità delle piste sintetiche.
Inoltre la frontiera tra cura medica e doping non è poi così netta, soprattutto riguardo la quantità degli apporti farmacologici. Alcune sostanze prese nelle giuste dosi hanno effetti curativi, ma in dosi sbagliate ed eccessive possono avere conseguenze molto gravo. Per esempio gli anabolizzanti, che hanno delle specifiche indicazioni mediche, vengono assunti in modo esagerato dai culturisti, con effetti molto pericolosi.
L’emotrasfusione è un’altra tecnica adottata nello sport. Si preleva un litro di sangue all’atleta alcuni mesi prima della stagione sportiva, che sarà poi iniettato prima delle gare. In questo modo la
capacità organica dell’uomo passa da cinque litri di sangue a sei. Poco tempo fa questo stratagemma era lecito, ma dopo aver scoperto gli effetti dannosi che può provocare è stata vietata.
Le competizioni sportive non avvengono più tra persone uguali. Per poter gareggiare servono molti soldi, investiti in cure mediche, studi scientifici e ricerche tecnologiche. Dunque, solo chi ha un potere economico molto alto alle spalle ha la possibilità di vincere. Si continua costantemente a cercare e creare nuove sostanze dopanti, e a capo dello sport vi sono società ricche e privilegiate, mentre quelle povere sono costrette a vendere i propri atleti alle società delle nazioni occidentali, in modo che possano avere un allenamento adeguato.
Oggi dunque lo sport non insegna più ad essere uguali, ma la disuguaglianza, a partire dai genitori che riversano sui figli i propri desideri di vittoria, per arrivare agli organizzatori degli eventi, ai responsabili delle società, costantemente speranzosi di ottenere sovvenzioni. I giovani sportivi vogliono sempre imitare i campioni del loro campo d’interesse, ma se questi assumono doping offrono sicuramente un pessimo esempio da seguire, aggravato dal fatto che l’ambiente in cui vivono non condanna questa pratica, ma la giustifica. L’educazione allo sport va impressa già nell’ambito scolastico, e probabilmente con le nuove facoltà specifiche di scienze motorie, questo potrebbe realizzarsi già nei prossimi anni.

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