Galileo Galilei: Il libro della natura - Studentville

Galileo Galilei: Il libro della natura

La natura per Galileo.

Spesso si dice che Galileo si contrappone agli aristotelici della sua epoca perchò mentre loro leggono il libro di carta, lui legge il libro della natura, scritto in caratteri matematici: ” io veramente stimo il libro della filosofia esser quello che perpetuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi; ma perchò è scritto in caratteri diversi da quelli del nostro alfabeto, non può esser da tutti letto: e sono i caratteri di tal libro triangoli, quadrati, cerchi, sfere, coni, piramidi ed altre figure matematiche, attissime per tal lettura “. Per poter interpretare questo libro e leggerlo, come per qualsiasi altro libro, bisogna imparare l’ alfabeto. L’ alfabeto in cui questo particolare libro è scritto è l’ alfabeto matematico; se prima di leggere questo libro fisico che è la natura bisogna conoscere l’ alfabeto della matematica, allora per Galileo prima di studiare la fisica bisogna studiare la matematica. E’ un’ ottima rappresentazione del rapporto che Galileo ha instaurato tra matematica e fisica, rapporto che è sostanzialmente quello in vigore ai giorni nostri. Ma quest’ affermazione del libro della natura risulta ambigua perchò può significare due cose; Galileo riprende essenzialmente idee platonico – pitagoriche; l’ idea che il libro della natura sia scritto in caratteri matematici era ben presente nel Timeo di Platone: c’ erano i 4 elementi fondamentali ( terra, acqua, aria e fuoco ) apparentemente si distinguono in termini qualitativi, ma in realtà  nella loro radice profonda si distinguono in termini quantitativi: ciò che distingue un elemento da un altro è la forma geometrica delle particelle di quell’ elemento. La forma del fuoco era piramidale: il fuoco brucia apparentemente per caratteri qualitativi, ma in realtà  per caratteri quantitativi: la fiamma è fatta a forma di piramide spigolosa e proprio perchò spigolosa ci dà  l’ impressione di bruciare. La novità  di Platone rispetto ad Empedocle che aveva elaborato questo sistema dei 4 elementi e ad Aristotele che verrà  dopo, è che per lui queste manifestazioni qualitative sono apparenti, esteriori, ossia nascondono le manifestazioni più profonde, quelle quantitative. Il fuoco è diverso dalla terra perchò ha forma geometrica diversa: l’ uno è piramidale, l’ altra cubica, dice Platone. Da un certo punto di vista Platone aveva preso quest’ idea da Democrito, che aveva detto che ci sono qualità  che esistono ” fusei ” ( per natura ) e ” nomo ” ( per convenzione ); la forma e la dimensione degli atomi per lui sono quantitative e oggettive ( ” fusei ” ), ossia esistono di per sè; quelle che invece chiamiamo qualità  ( sapore, odore, colore ) per lui sono l’ effetto qualitativo sui nostri organi di senso di queste quantità : esistono solo per convenzione, come effetto soggettivo sui nostri organi di senso. Ora la posizione di Democrito, quella di Platone e quella di Galileo sembrano uguali; pare che tutti e tre vogliano dire che ciò che esiste per davvero nella realtà  sono le forme geometriche. Però in Galileo non è chiarissimo ( probabilmente perchò non era neanche chiarissimo nella sua testa, visto che esulava un pò dai suoi interessi ) se è convinto che nella realtà  esistano solo gli aspetti quantitativi e che gli aspetti qualitativi siano solo la manifestazione esteriore e coglibile soggettivamente di queste quantità , oppure se è convinto che le caratteristiche quantitative sono le uniche analizzabili in termini matematici ( e quindi rigorosi ) e sono quindi le uniche cose da prendere in considerazione. Sono due affermazioni diversissime: posso limitarmi a dire che nel mondo esistono alcune caratteristiche quantitative e altre qualitative; le uniche studiabili in termini matematici saranno ovviamente quelle quantitative. Siccome solo la matematica consente di dare interpretazioni rigorose della realtà  ( leggi fisiche ) e solo le cose quantitative possono essere oggetto d’ esame della matematica, studierò solo le cose quantitative. Gli altri aspetti della realtà  non mi interessano, non li tengo in conto perchò tanto non sono oggetto di misurazioni rigorose. Spesso Galileo sembra dire semplicemente questo, senza avvicinarsi così alle tesi di Platone e Democrito, senza cioò sostenere che esistano solo le quantità  e che le qualità  siano solo un’ apparenza superficiale. E’ ben diverso dal dire che la realtà  è fatta solo di aspetti quantitativi. Nel caso esistessero, comunque, le caratteristiche qualitative Galileo le escluderebbe senz’ altro dal suo ambito di indagine. Quando per esempio studia la gravità , dice ( ammettendo quindi che esistano le cose qualitative ) di non porsi il problema di sapere cosa sia la gravità ; sarebbe un’ indagine qualitativa della realtà  la ricerca dell’ essenza della gravità ; Aristotele aveva proprio agito così, in termini qualitativi: lui non si è mai posto il problema di trovare in termini quantitativi la legge matematica in base alla quale le cose cadono, bensì si chiedeva cosa fosse la gravità : e rispondeva dicendo che essa non è altro che la tendenza naturale dei corpi a raggiungere il loro luogo naturale. Egli esamina la realtà  ma non formula leggi scientifiche. Galileo fa l’ opposto: non si occupa di che cosa sia la gravità  ( dice di non voler ” tentare l’ essenza “, trovare l’ essenza ), ma come si comporta, la sua legge di comportamento. La differenza di atteggiamento tra Galileo e Aristotele viene generalmente sottolineata dicendo che Galileo non si chiede nò il cosa nò il perchò, ma il come; Aristotele invece si chiedeva proprio questo: che cosa è e perchò si comporta così? Ed in fondo queste due domande finivano per essere la stessa cosa: nella teoria delle quattro cause infatti Aristotele si chiedeva per 4 volte perchò; ma 2 di questi perchò finivano per essere ” che cosa? “; quando si chiedeva la causa materiale ( ” di cosa è fatto? ” ) e quella formale ( ” che forma ha? ” ), si chiedeva contemporaneamente cosa e perchò. Galileo invece vuole sapere il come; apparentemente è una ricerca più superficiale di quella aristotelica, ma non è così: si cerca di scoprire la legge matematica del comportamento. Per lui non è importante sapere che cosa sia il peso, ma sapere che i corpi pesanti si muovono secondo una determinata legge matematica. E da Galileo in poi le leggi fisiche non dicono il che cosa e il perchò, ma il come: nelle leggi dei gas non mi si dice che cosa è un gas e perchò agisce così, ma solo come si comporta: a temperatura costante volume e pressione sono inversamente proporzionali ( per esempio ): al comportamento di una grandezza corrisponde quello di un’ altra: c’ è solo il come. Altre volte però Galileo sembra abbracciare tesi meccanicistiche; il meccanicismo è il vedere il mondo come puramente quantitativo. Le caratteristiche oggettive saranno in futuro dette primarie; le soggettive secondarie. Per sostenere la tesi che esistano solo caratteristiche quantitative Galileo usa l’ esempio del solletico: se si fa solletico con una piuma, nessuno penserebbe che il solletico potrebbe esistere fuori dal corpo che prova il solletico; è evidente che la piuma dà  il solletico; la piuma lo dà  e chi lo subisce lo sente: non è una caratteristica della piuma, bensì del corpo che subisce ! E le qualità  per Galileo sono la stessa cosa: sono quantità  che in noi generano sensazioni qualitative. In realtà  si è fatto notare che quando fa quell’ esempio dice ” vo pensando che “: mentre è certo che sul piano metodologico bisogna tenere in considerazione solo le caratteristiche quantitative, sul piano metafisico gli viene un sospetto dettato dal fatto che mentre non riesco ad immaginare che le caratteristiche quantitative esistano senza le cose cui si riferiscono, invece le qualità  sì: riesco ad immaginare il giallo senza immaginare ciò cui si riferisce, un’ illusione. E’ solo un sospetto che tutto sia in termini quantitativi; ò un sospetto che però non riesce a dimostrare del tutto. E’ certo che vadano studiate solo le caratteristiche quantitative, ma gli viene il sospetto dal solletico, dal fatto che certe caratteristiche si possono separare dall’ oggetto, che effettivamente il mondo sia fatto di caratteri matematici. Si era accorto di un possibile controsenso tra due affermazioni che lui fa: una volta detto che non ” tenta le essenze ” diventa contradditorio fare affermazioni metafisiche: se voglio esaminare solo il come, mi contraddico se esamino come sia fatta la realtà : solo in termini quantitativi? O anche in termini qualitativi? Quello che in Galileo è solo un’ osservazione metodologica e un sospetto metafisico, diventa un’ affermazione definitiva metafisica in Cartesio, Hobbes e così via; l’ immagine del mondo nel 1600 sarà  essenzialmente meccanicistica. C’ è una grossa differenza: per Galileo il meccanicismo è un metodo di indagine, un meccanismo metodologico, il come approcciare con la realtà . Non è del tutto lecito il passaggio da meccanicismo metodologico a meccanicismo metafisico – ontologico: non c’ è un passaggio logico che porti a dire che il metodo corretto di indagare la realtà  sia l’ uso delle caratteristiche quantitative e che quindi esse sono le uniche che esistano. Sarebbe vero il contrario: se sapessi che la realtà  è fatta in termini puramente matematici, allora potrei dire che l’ unica materia per studiarla è la matematica: i platonici e i pitagorici la pensavano così. Per dirla in una frase sola, dalla scienza galileiana è derivata una metafisica meccanicistica.

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