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Hegel: La filosofia dello spirito assoluto

Hegel: Lo spirito nella storia universale.

Lo spirito assoluto universale si manifesta già  nella vita etica dello Stato e, specialmente, nello sviluppo della storia universale, come ‘ spirito del mondo ‘. In questi casi però la manifestazione dell’ universale e’ legata alla dimensione dell’ oggettivita’, vale a dire dell’ esteriorità  del mondo politico e storico. L’ idea non ò ancora ritornata completamente a se’, non e’ ancora giunta a comprendersi nella purezza dell’elemento spirituale, che risolve in se’, come una sua componente, l’ oggettivita’ del mondo storico-politico. Questo accade soltanto nel terzo ed ultimo momento del processo dello spirito, che Hegel designa con il nome dello spirito assoluto. Lo spirito assoluto e’ la ragione infinita che diventa finalmente consapevole di se stessa, dopo essere passata per le sue determinazioni finite ed averle progressivamente conosciute come tali: pertanto esso non si contrappone al finito come qualcosa di trascendente ad esso, ma non e’ che lo stesso finito che si comprende come infinito o, meglio, come totalità  dialettica dei finiti. Lo spirito assoluto si articola in tre momenti: l’arte, la religione e la filosofia. Oltre che nelle corrispondenti sessioni dell’ Enciclopedia, arte, religione e filosofia sono trattate anche nei corsi universitari che Hegel dedico’ loro in modo specifico: le Lezioni sull’estetica, le Lezioni sulla filosofia della religione, le Lezioni sulla storia della filosofia. Il contenuto delle tre determinazioni dello spirito assoluto e’ sempre lo stesso, dal momento che unico e’ il loro oggetto: l’Assoluto, l’infinito, in termini religiosi, Dio. Ogni momento dello spirito assoluto coglie però l’infinito in una forma diversa, piu’ o meno adeguata ad esprimerlo. Sulla base di questa maggiore o minore adeguazione della forma espressiva si sviluppa anche l’ordine di successione dell’arte, della religione e della filosofia. L’ arte e’ il momento in cui l’assoluto viene colto in forma immediata, attraverso l’ intuizione sensibile. Nell’arte, infatti, una determinata realta’ sensibile (che può avere qualsiasi contenuto specifico) si configura in maniera tale da lasciare trasparire l’ Idea assoluta: per questo Hegel dice che in essa l’ Assoluto appare come ideale. Non tutte le intuizioni sensibili, però, sono ugualmente adeguate ad esprimere l’ Idea. Anche nel caso dell’ arte si assiste ad un processo di sviluppo tramite il quale si perviene ad una sempre maggiore consapevolezza dell’ essenza infinita, per quanto questo e’ consentito nella limitata forma espressiva della sensibilita’. I momenti fondamentali di tale processo coincidono con le grandi tappe della storia dell’ arte. La prima determinazione e’ costituita dall’ arte simbolica, che storicamente corrisponde all’ arte orientale (fino agli egizi), e trova nell’ architettura la sua forma espressiva caratteristica. In essa lo spirito non ha ancora una conoscenza adeguata dell’ Idea: per questo anche le forme sensibili in cui si tenta di esprimere l’ Assoluto mostrano la loro insufficienza e possono valere solo come simboli del contenuto infinito che ancora sfugge. La seconda determinazione e’ l’ arte classica che si esprime prevalentemente nella forma della scultura. Infatti, proprio attraverso la raffigurazione artistica del corpo umano e della sua perfesione (si pensi alle statue di Fidia o di Prassitele), l’ arte classica giunge a realizzare il pieno equilibrio tra la forma sensibile ed il contenuto spirituale che essa deve manifestare. Hegel aderisce quindi al neoclassicismo sostenuto, soprattutto in Germania, da autori come Johann Joachim Winckelmann, che vide nella’ arte greca l’apice delle possibilita’ espressive nel campo dell’ estetica, dal momento che la forma artistica raggiunge in essa la massima aderenza possible all’ idea del bello assoluto. Il terzo momento dello sviluppo universale dell’ arte e’ costituito dall’ arte romantica (o cristiano romantica, visto che essa prende l’avvio dal cristinesimo post-clasico), la quale trova espressione soprattutto nella pittura, nella musica e nella poesia. Come gia’ nell ‘ arte simbolica, anche nell’ arte romantica si verifica uno squilibrio tra forma e contenuto: non piu’ però perche’ non si conosca adeguatamente l’ Idea che deve fungere da contenuto della forma ma, viceversa, perche’ si giunge alla consapevolezza che l’ infinito del contenuto, ossia dello spirito, non puo’ essere adeguatamente espressa nella finitezza della forma sensibile. Per questo l’ arte romantica trascura le forme artistiche nelle quali l’ elemento sensibile e’ piu’ forte, come l’ architettura e la scultura, per concentrarsi su quelle in cui esso diventa sempre piu’ tenue: nella pittura si perde il fattore della corporeita’ e rimane soltanto il colore, nella musica viene meno ogni dimensione figurative e resta solamente il suono, nella poesia infine anche il suono assume una forma meramente spirituale per mezzo della parola. L’ arte romantica segna per Hegel la morte dell’ arte: espressione per molti versi problematica, la quale non significa che dopo l’ esperienza romantica non si possa piu’ fare arte, ma soltanto che con essa lo spirito giunge definitivamente alla consapevolezza che l’ arte e’ una forma inadeguata di espressione dell’ Assoluto e che essa deve quindi essere superata da alter forme di conoscenza. La determinazione che succede all’ arte e che elimina le inadeguatezze dell’ intuizione sensibile e’ la religione. In essa l’ Assoluto viene colto sotto forma di rappresentazione intellettuale. La rappresentazione presenta il vantaggio di essere una forma riflessa di conoscenza. L’ Assoluto, che per definizione e’ pensiero che pensa se stesso, quindi riflessione, processo spirituale, non viene piu’ dato nell’ immediatezza della sensibilita’, che gli ò per essenza estranea, ma appunto nell’ elemento della riflessione. D’ altra parte, la rappresentazione, in quanto conoscenza riflessa, e’ ancora qualcosa di limitato, di finito, al pari della facolta’ dell’ intelletto da cui scaturisce; essa e’ rappresentazione di qualcosa di determinato, che si distingue e si oppone all’ altro da se’, alle rappresentazioni diverse. In altri termini, nella religione l’ uomo conosce gia’ l’ Assoluto nella sua vera natura, che e’ spirito (mentre nell’ arte la forma sensibile si limitava ad alludere intuitivamente ad esso), ma non giunge a cogliere tale spirito nella sua unita’ organica, perche’ lo frantuma ancora in una molteplicita’ di rappresentazioni. Ad esempio, Dio (l’ Assoluto) viene ancora conosciuto come Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e il concerto unitario della Trinita’ si divide nelle Persone che, pur essendo legate dialetticamente, ne costituiscono aspetti diversi. Anche i limiti della religione vengono superati nella terza determinazione dello spirito assoluto: la filosofia. Essa infatti non opera più tramite rappresentazioni finite e distinte, ma attraverso il concetto della ragione: in questo modo l’uomo diventa consapevole dell’assoluta unità  del reale, conoscendo nel contempo l’articolazione dialettica nella quale la totalità  unitaria necessariamente si organizza. La filosofia ò quindi lo spirito assoluto stesso che, per mezzo dell’autocoscienza umana, pensa se stesso e giunge alla consapevolezza di sè. Ma questo pensare se stesso, che ò proprio dello spirito, ò il risultato di un processo evolutivo. Lo sviluppo, come Hegel spiegava a partire dalla Fenomenologia, ò essenzialmente sviluppo. In altri termini, l’autoconsapevolezza dello spirito coincide con la consapevolezza della sua storia. Di conseguenza, Hegel sostiene la perfetta identità  di filosofia e storia della filosofia: le diverse filosofie, che si sono storicamente realizzate, non sono che manifestazioni o “apparizioni” nel mondo fenomenico di una specifica determinazione dello spirito, ossia di quello spirito assoluto a cui quest’ultimo perviene in un dato momento del proprio sviluppo. L’aspetto sistematico – la connessione ordinata e unitaria delle diverse determinazioni dell’idea – e l’aspetto storico – il susseguirsi delle diverse filosofie – sono due facce della stessa medaglia. Rimane da chiedersi allora se la filosofia hegeliana, che si pone all’apice dello sviluppo storico del pensiero occidentale, sia da considerarsi come l’ultima e definitiva sistemazione della filosofia (rispetto alla quale sono possibili soltanto revisioni e aggiustamenti interni, ma non un “superamento” da parte di una nuova filosofia); o se anch’essa non sia che un momento, per quanto importante, di un processo evolutivo che prosegue per il suo cammino. Questo problema può essere espresso in termini più generali: il sistema hegeliano ò un “sistema chiuso”, che rispecchia la comprensione definitiva della totalità  di un reale che, essendo assolutamente razionale, non ò suscettibile di ulteriori sviluppi (per cui con Hegel si conclude non solo la storia della filosofia, ma anche la storia universale stessa, almeno nei suoi aspetti essenziali); oppure esso ò un “sistema aperto”, nel quale la totalità  del reale e razionale che ora, nel momento in cui Hegel scrive, si presenta come definitiva apparirà  provvisoria alla luce di una nuova razionalità  (e una nuova totalità )divenuta reale? Sono problemi questi su cui si sono arrovellati gli interpreti di Hegel fin dall’Ottocento (la spaccatura tra destra e sinistra hegeliana nascerà  all’interno di questo quadro) e che continuano ad affaticare la critica contemporanea, dal momento che entrambe le alternative trovano nel testo hegeliano stesso argomenti per una loro difesa.

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