Hume: Idea di sostanza - Studentville

Hume: Idea di sostanza

Critica all'idea di sostanza in Hume.

Sempre tenendo fisso il principio dell’empirismo radicale, Hume si cimenta anche nell’ esaminare l’ idea di sostanza, considerata sia nella forma degli oggetti che appaiono fuori di noi ( sostanza materiale ), sia nella forma dell’ io o del soggetto delle percezioni ( sostanza spirituale ). Per quanto riguarda la sostanza materiale, Hume nota che, proprio grazie all’ esperienza, noi abbiamo impressioni soltanto di singole qualità  degli oggetti ( giallo, freddo, liscio ecc. ). Tuttavia, dal momento che siamo abituati a percepire queste qualità  costantemente insieme, pensiamo che esse appartengano ad un’ unica sostanza ( per esempio l’ oro ), confondendo così con quest’ ultima il nome di cui ci serviamo per esprimere la compresenza delle singole proprietà . Come si vede, la critica humiana ricalca fedelmente quella di Locke, già  ripresa da Berkeley. L’ abitudine di vedere sempre congiunte determinate proprietà  genera infatti la credenza nella realtà  degli oggetti che le posseggono: e questa credenza, pur non essendo fondata razionalmente e non avendo quindi valore strettamente conoscitivo, ò pienamente giustificata, in quanto esprime una tendenza naturale dell’ uomo. Analoga ò la critica che Hume, differenziandosi questa volta per lo meno da Berkeley, muove alla la sostanza spirituale. Anche in questo caso egli osserva che il nostro io non ò mai oggetto di un’ impressione: noi ci limitiamo a percepire singoli stati di coscienza ( sensazioni, passioni, pensieri, sentimenti, volizioni ), ma non cogliamo mai un loro ipotetico soggetto unitario. Il soggetto non ò quindi una sostanza spirituale permanente e sempre identica a se stessa: esso ò piuttosto un flusso di percezioni continuamente che succedono le une alle altre. Ancora una volta il sentimento dell’ unità  e della continuità  del proprio io esprime soltanto una credenza connaturata all’ uomo. Con la critica congiunta delle idee di causa e di sostanza Hume porta l’ empirismo alle sue estreme conseguenze scettiche. Ciò vale però soltanto sul piano strettamente teorico. Per quanto riguarda la vita pratica dell’ uomo, il riconoscimento del carattere naturale della credenza garantisce la possibilità  di muoversi in modo in cui si sa che a determinate cause seguiranno effetti appropriati, che possiamo servirci di oggetti esterni e che possiamo agire con il sentimento di essere sempre la stessa persona. Ma anche sul piano teorico-filosofico le conoscenze relative a “materie di fatto” non perdono il loro valore, a patto che si abbandoni la pretesa di farne certezze razionali assimilabili alle verità  matematiche. Quando non siano esclusivamente probabili ( come quando mi attendo che domani nevichi ), le conoscenze di fatto possono essere considerate certe nel senso che sono fondate sull’ esperienza e sulla naturale tendenza dell’ uomo a credere in esse ( come quando mi aspetto che domani sorga il sole ). Lo scetticismo “moderato” di Hume, che egli stesso distingue dallo scetticismo radicale che impedisce ogni credenza, ò l’ inevitabile seconda faccia della “scienza della natura umana” che egli vuole fondare. La circoscrizione della ricerca all’ analisi empirica dei fenomeni e l’ esclusione, di derivazione newtoniana, delle “ipotesi metafisiche”, rivela l’ impossibilità  di dimostrare razionalmente il valore cognitivo delle conoscenze relative a “materie di fatto”. Ma questo stesso riferimento allo sperimentalismo, che impone di accettare la “verità ” dei fenomeni empirici, attribuisce all’ istinto, al sentimento, al senso comune, di cui tutti gli uomini dispongono, un fondamento fattuale immediato che va ben al di là  di qualsiasi giustificazione astrattamente razionale.

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