Il mito delle Grazie - Studentville

Il mito delle Grazie

Il mito delle Grazie nel pensiero di Ugo Foscolo.

La cultura classica e la contiguità sostanziale alla religiosità pagana hanno spinto Foscolo a rappresentare non solo alcune leggende legate a grandi figure della tradizione ellenica, facilmente traducibili in un'immediata attualizzazione (Ulisse, Omero, Ettore). Dee ed eroi, ninfe e semidei hanno popolato l'immaginario  delle Odi, dei Sonetti e dei Sepolcri, non oscurando la materia centrale del canto, sempre strettamente autobiografica e legata a contenuti storici o esistenziali di stretta attualità e di incidenza immediata per l'autore.

Il tributo di fedeltà certo più elaborato e più diretto ai grandi valori del mondo greco, ci viene comunque dal poemetto Le Grazie (1813). Esso si suddivide in tre inni  (dedicati rispettivamente a Venere, Vesta e Pallade) che celebrano il mito delle Grazie, divinità che hanno avuto il compito di suscitare negli uomini i sentimenti più puri ed elevati, dando avvio al processo di civilizzazione (Vico).

Il messaggio dell'opera è chiaro: solo l'educazione alla bellezza della natura e delle arti e l'assunzione dei sentimenti più elevati e puri (quali l'amore spirituale, l'affetto filiale, la pietà per i vinti, l'ospitalità, la fiducia reciproca tra gli uomini, la tenerezza materna…)  hanno sottratto l'umanità allo stato di barbarie. Tale messaggio assume ancora una volta un significato attuale sia sotto il profilo storico che politico, che lo sottrae alla sua apparente preziosa astrattezza. Ad essere esaltata ed invocata indirettamente da parte di Foscolo è un preciso modello di civiltà, un mondo ideale di valori, che è essenziale riconsegnare alla società presente. Le divinità pagane hanno insegnato agli uomini il valore della pace e di una vita di relazione non turbata dalla violenza. Questi sono i  valori che ha dimenticato l'età napoleonica con le sue continue guerre liberticide.

L'offerta rituale che Eleonora Nencini, Cornelia Martinetti e Maddalena Bignami rivolgono alle Grazie, quali divinità che ancor oggi la società deve venerare, non è solo un raffinato artificio neoclassico di carattere allegorico, ma un sincero tributo della personalità foscoliana alla vitalità di miti e leggende precristiane.

Alle Grazie immortali
le tre di Citerea figlie gemelle
è sacro il tempio, e son d'Amor sorelle;
nate il dì che a' mortali
beltà ingegno virtù concesse Giove,
onde perpetue sempre e sempre nuove
le tre doti celesti
e più lodate e più modeste ognora
le Dee serbino al mondo. Entra ed adora.

Cantando, o Grazie, degli eterei pregi
Di che il cielo v'adorna, e della gioja
Che vereconde voi date alla terra,
Belle vergini! a voi chieggo l'arcana
Armonïosa melodia pittrice
Della vostra beltà; sì che all'Italia
Afflitta di regali ire straniere
Voli improvviso a rallegrarla il carme.

U. Foscolo, Le Grazie

Al progetto poetico delle Grazie Foscolo lavorò a più riprese fin dal 1813; alcuni brani comparvero in una "Dissertazione di un antico inno alle Grazie", pubblicata a Londra nel 1822, ma l'opera rimase incompiuta, e si offre oggi solo come una serie di frammenti. Il progetto di un poemetto unico infine viene ad articolarsi in tre inni, dedicati rispettivamente a Venere, dea della natura, a Vesta, custode del fuoco eterno che anima i cuori gentili, e a Pallade, dea delle arti consolatrici della vita e maestra degli ingegni. Le Grazie sono le dee che hanno portato la stirpe umana alla civiltà,  inducendola a superare la feroce bestialità che è propria di ogni incontrollato istinto. L' idea che la bellezza e le arti abbiano la funzione di purificare e ingentilire le passioni  e di promuovere l'incivilimento è un tema caro alla cultura neoclassica.

– Il primo inno narra la nascita di Venere e delle Grazie  dal Mar Ionio. Gli uomini, che vivono ancora allo stato bestiale, subiscono l'incanto della bellezza e percepiscono per la prima volta l'armonia dell'universo, disponendosi a coltivare le arti civili.

– Nel secondo inno la scena è collocata sui colli di Bellosguardo, in cui il poeta immagina di organizzare un rito in onore delle Grazie celebrato da tre donne gentili, che rappresentano rispettivamente la musica, la poesia e la danza.

– Il terzo inno è collocato nella mitica isola di Atlantide, del tutto innaccessibile, dove Pallade cerca rifugio, quando le  passioni ferine degli uomini scatenano le guerre. L'Atlantide rappresenta un mondo ideale di suprema armonia, lontano dai conflitti della storia umana, che ripropone il topos dell'Eden cristiano. Qui Pallade fa tessere ad una schiera di dee minori un velo che difenda le Grazie dalle passioni degli uomini, in modo che possano tornare tra di essi a compiere la loro opera civilizzatrice. Sul velo sono effigiati i sentimenti più miti ed elevati che  albergano nei cuori degli esseri umani.

I mutamenti di scena fra i tre inni rappresentano il passaggio delle Grazie dalla Grecia, dove nacque la prima forma di civiltà, all'Italia, che raccoglie l'eredità della cultura classica; il paesaggio metafisico del terzo inno rappresenta il contesto ideale in cui si può esercitare liberamente il potere delle arti sulle umane passioni.

  • Ottocento

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