Sapere Aude di Kant: significato in filosofia - Studentville

Kant: sapere aude

Sapere audere: il significato del "coraggio di sapere" secondo Kant e l'importanza della ragione critica per l'elevazione dell'uomo.

SAPERE AUDE – IMMANUEL KANT

Il coraggio di sapere: Sapere aude! La filosofia di Immanuel Kant intende interpretare lo spirito dell’Illuminismo come definitiva «maggiore età» dell’uomo, raggiunta tramite un uso libero e autonomo del proprio intelletto. Se egli dunque obbedirà a decisive istanze dell’empirismo britannico, ciò non sarà per sminuire il ruolo della ragione, ma anzi per assegnarle un ruolo ancora più decisivo.

SAPERE AUDE NELLA RAGION CRITICA

La ragione critica è infatti quella che è capace di giudicare non solo sulla realtà, ma anche su sé stessa e sulle proprie capacità, sconfiggendo quel fanatismo che deriverebbe da una pretesa di onnipotenza. Ecco allora che Kant dice di aver istituito il tribunale della ragione : la ragione é contemporaneamente sia giudice sia imputato : si vedono i limiti e si dà un giudizio , ma a dare il giudizio é proprio colei che é accusata , la ragione stessa . Ecco allora che per gli uomini del 1700 la ragione non é più un qualcosa di illimitato come era per gli uomini del 1600 , che l’ avevano appena riscoperta dopo il lungo letargo costituito dal medioevo , ma é tuttavia l’ unico mezzo a nostra disposizione per conoscere la realtà . Il primo decisivo campo nel quale si deve esercitare la critica della ragione è quello speculativo: che cosa è in grado di conoscere l’uomo? Dando per ovvia la validità della conoscenza empirica, in questione è la possibilità di un uso puro della ragione, cioè indipendente dall’esperienza.

ANALISI DELLE FUNZIONI CONOSCITIVE

La risposta deve derivare da una dettagliata analisi delle funzioni conoscitive. Anzitutto esiste la sensibilità, che riceve i dati ordinandoli nelle sue forme dello spazio e del tempo; poi l’intelletto, che pensa i dati sensibili. Ora, è vero che l’uomo è in possesso di concetti puri di origine non empirica: ma essi, data la natura non creativa dell’intelletto umano, non possono essere applicati lecitamente se non ad oggetti di possibile esperienza, cioè condizionati dallo spazio e del tempo. In conclusione, oltre alla geometria e all’aritmetica, che traggono la loro validità dalla universale validità di spazio e tempo, l’unica conoscenza non empirica valida è una «metafisica dei corpi», che secondo Kant coincide in gran parte con la fisica di Newton .

È invece esclusa la possibilità di una conoscenza che oltrepassi i confini dell’esperienza e raggiunga Dio, l’anima, il mondo nella sua totalità. Anche nel campo morale Kant rivendica l’esigenza della centralità della ragione. Qui si tratta di formulare un principio etico veramente universale: ma questo è possibile solo scartando ogni contenuto empirico (come l’obiettivo della felicità, o la volontà divina), e assumendo la struttura stessa di universalità della ragione.

Dunque, è morale solo l’azione che obbedisce ad un principio soggettivo che si potrebbe immaginare senza contraddizione come una legge universale (una formula, questa, rispecchiata dal principio evangelico che prescrive di fare agli altri ciò che si vorrebbe fatto a sé stessi). L’esistenza della legge morale permette d’altra parte di affrontare nel campo pratico temi preclusi in quello teorico: la libertà umana, l’immortalità dell’anima, l’esistenza di Dio, tutte condizioni senza le quali l’etica sarebbe assurda.

Il fossato che così si apre tra uso speculativo e uso pratico della ragione trova secondo Kant una conciliazione di carattere estetico, pensando cioè la natura come se anch’essa fosse sottoposta ad un finalismo di carattere morale.

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