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Marziale

[T2]La vita[/T]

Contemporaneo a Seneca e Petronio, anche se lievemente più giovane. Nasce

intorno al 40 ed è attivo soprattutto sotto la dinastia dei Flavi, negli anni 80-90. Anche i Flavi non capirono fino in fondo

l’importanza della cultura, cioè la capirono privilegiando solo Quintiliano. Cercarono di propagandare la monarchia: Domiziano

e Tito cercarono di costruire un immagine forte, visibile nell’anfiteatro Flavio, simbolo della loro grandezza.
Marziale

fece un’operazione diversa da tutti gli altri intellettuali. Il suo obiettivo era una rappresentazione comica dei suoi tempi:

utilizzare la letteratura per formare una coscienza critica, rifiuto del vuoto della poesia. Ritorse contro la società gli

stessi strumenti: scrisse una poesia apparentemente di consumo, utilizzò lo stesso gusto per lo spettacolo. Marziale, per

parlare ai contemporanei doveva utilizzare qualcosa che la gente amasse, utilizzò un canale espressivo comune alle persone a

cui voleva comunicare. Scelse di usare la tecnica dell’audience per criticarla.
A differenza di molti altri intellettuali,

che vivevano di rendita, Marziale era economicamente fragile; si trasferì a Roma con la necessità di procurarsi denaro e capì

la declassazione dell’intellettuale, sempre più prostituito, e l’impossibilità per esso di sostentarsi attraverso la sua

attività intellettuale; non aveva più il prestigio che poteva dargli una posizione superiore.
In modo simile a Giovenale,

che denotava come i campioni sportivi guadagnassero più degli intellettuali, Marziale sfociò così in un’accusa al regime al

quale rimproverava la mancanza di una politica intellettuale, che sappia salvaguardare l’artista e lo possa mettere in una

condizione di prestigio e sicurezza economica, invece di essere costretto a prostituirsi ai gusti malati della società.

Nonostante tutto, anche Marziale per tutta la vita ha fatto poesia elogiativa e celebrativa, ha fatto il cliente: ha

cercato la protezione dei nei potentati politici per guadagnarsi una sicurezza economica che non ha mai avuto.
Nel 98,

stanco della vita di miseria e di umiliazione, e rifiutato dalla società, decise di lasciare Roma (vi era dal 64) e di tornare

in Spagna. Dopo un viaggio pagato da Plinio il Giovane e dopo aver acquisito un podere grazie ad una ricca signora, a 60 anni

si trovò così di nuovo in una condizione di vita miserabile (visse in una casupola).

[T2]Le opere[/T]

La

produzione di Marziale partì nell’80 con la poesia d’occasione, che nasceva dal bisogno materiale di affermare la propria

immagine.
Scrisse così il “Liber de spectaculis”: libro di poesie scritto in occasione delle feste di inaugurazione del

Colosseo. Approfittò di tale occasione per pubblicarci un libro sopra e propagandare così la propria immagine tramite un’

operazione editoriale. Il libro è composto di brevi componimenti, sono tutti epigrammi di cui molti sono dedicati per tanti

aspetti all’elogio del principe, mentre invece altri vogliono semplicemente descrivere i giochi. Lo scopo dell’opera è di

creare una divertente e colorita rappresentazione di un evento di moda, diventando così poesia di costume. Non c’è alcuna

riflessione, emerge solo il bisogno di colpire con cose bizzarre, con tutto ciò che è stranezza.
Scrive poi altre due

raccolte di epigrammi, che hanno le stesse caratteristiche: “Xenia” e “Apophoretra”.
“Xenia”: gli xenia erano doni che ci si

scambiavano durante le feste dei Saturnali. Queste poesie sono appunto bigliettini di accompagnamento per i regali.

Interessante è che Marziale scelse un uso romano per farci poesia. L’abilità del poeta si vede solo nel gusto curioso di

rappresentare in modo originale un dono. L’intellettuale per affermarsi è costretto a ricorrere alla mondanità.

“Apophoretra”: gli apophoretra erano i doni che il padrone di casa dava ai commensali da portar via dopo una cena; tali poesie

sono bigliettini che li accompagnavano.
È questa una poesia che sfrutta gli elementi della curiosità malata e del sesso per

piacere.
La poesia di Marziale è interessante perché è una poesia di costume. Si vengono a conoscere oggetti e usanze del

tempo.
Scrive inoltre altri 11 libri di epigrammi che hanno uno scopo diverso e che sono più complessi.
La sua idea di

poesia:

1. il rifiuto della poesia contemporanea, soprattutto epica e tragica: vuota, priva di contatti con la

realtà.
2. vuole rappresentare l’uomo e la vita. Poesia che parli dell’uomo e di quello che è, dei suoi costumi. La vita

deve riconoscere nella poesia i suoi costumi. La poesia può diventare uno specchio e deve far leggere all’uomo se stesso. Che

cosa la poesia può far leggere all’uomo di sé? Non può portarlo nel suo animo; si limita a far conoscere gli usi di vita, le

banali abitudini quotidiane. La poesia non può aiutare l’uomo a comprendere se stesso, ma fa comprendere con leggerezza come si

vive.

Marziale è differente da Persio, il quale si proponeva l’idea di correggere, pensava che la poesia potesse avere

una visione didascalica, mentre per Marziale la poesia non può correggere niente e inoltre il poeta non è un moralista.
È

poi differente da Petronio, la cui opera è un ritratto profondo della vita e del caos insito nell’esistenza. Infine Marziale è

differente da Giovenale, il quale era arrabbiato con il mondo, smaschera con rabbia.
Secondo Marziale non c’era motivo di

fare tutto ciò: la poesia è uno strumento limitato che può offrire alla società un umile contributo, non deve porsi grandi

obiettivi.
È però importantissimo fare in modo che la poesia diverta il lettore, perché altrimenti non segue e non si trova

negli usi scritti.
Gli elementi indispensabili degli epigrammi sono:

1. la brevità: esprimono una sola immagine

perché la poesia è abituata alla superficialità;

2. non ci deve essere nessun ragionamento: rifiuta a priori la

riflessione. Descrive tutte immagini ad effetto in cui passaggi logici sono sottintesi;

3. immagini che insistono

soprattutto sulla sfera sessuale.

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