Mazzini, Cavour e l'Unità d'Italia - Studentville

Mazzini, Cavour e l'Unità d'Italia

Tema svolto su Mazzini, Cavour e l'Unità d'Italia: traccia svolta che analizza i due personaggi storici e le vicende dell'Unità.

Tema Svolto su Mazzini, Cavour e l'Unità d'Italia: traccia

Per raggiungere l’Unità d’Italia, due personaggi storici seguirono vie diverse.
Mazzini utilizzò moti insurrezionali ponendosi come obiettivo uno stato repubblicano. Cavour invece attraverso perspicaci reti diplomatiche cercava di realizzare una stabile monarchia.
Descrivi in che modo i due personaggi hanno tentato di unire l’Italia e spiega perché è prevalsa la strategia di Cavour.
 

Mazzini, Cavour e l'Unità d'Italia: svolgimento del tema

Dopo il Congresso di Vienna nel 1815 furono reintrodotti i principi di legittimità e assolutismo. Piccoli gruppi di intellettuali si organizzarono in società segrete e promossero moti insurrezionali, repressi facilmente.
L’Italia si trovava in arretratezza agricola e industriale, politicamente frammentata, e la lotta contro l’assolutismo si manifestò con azioni limitate dirette da società segrete. Una di queste era la Carboneria, con esponente di grande rilievo Giuseppe Mazzini. Mazzini lottava instancabilmente per l’unità nazionale italiana, fondata su ideali democratici e organizzata secondo il modello repubblicano. Nel 1831 fondò la Giovine Italia e nel 1834 la Giovine Europa. Il suo programma iniziò a definirsi dopo l’insuccesso dei moti del 1830-31, poiché la Carboneria non era capace di sviluppare un efficace progetto rivoluzionario. Mazzini sosteneva che era illusorio fidarsi dei sovrani italiani, perché avevano una concezione assolutistica del potere. Inoltre i progetti di cambiamento politico dovevano essere sostenuti da una grande partecipazione del popolo, quindi occorreva una propaganda maggiore. La popolazione andava convinta razionalmente ma anche coinvolta emotivamente attorno a questo obiettivo politico. Il progetto doveva dunque mobilitare le energie di tutta la penisola, il cui popolo formava una comunità ideale celebrata dal romanticismo. Il piano prevedeva l’indipendenza dallo straniero, l’unificazione italiana e l’organizzazione in forma repubblicana. Il programma mazziniano però aveva però dei limiti. La sua diffusione rimase circoscritta ai ceti intellettuali e artigiani delle città centro-settentrionali, trascurando il mondo contadino, del quale non vide la drammatica povertà sia materiale che morale. I moti promossi dai mazziniani si rivelarono irrealizzabili, dunque si risolsero in clamorosi fallimenti. Soprattutto, vi era una contraddizione di fondo nell’impostazione democratica di Mazzini.
Egli diceva di essere sostenitore dell’iniziativa popolare, e il suo concetto di popolo aveva caratteristiche particolari, inteso secondo la visione del romanticismo: l’intera comunità nazionale unita da vincoli storici e spirituali, lingua, costumi, religioni. Ma nell’Ottocento con popolo si indicava la parte più povera della società, che in Italia costituiva la maggioranza. Coinvolgere le masse popolari significava comprendere le loro aspirazioni, e nella realtà rurale dell’epoca significava attuare norme che distribuissero terre ai contadini. Ma su questo, come su altre iniziative sociali, Mazzini rimase reticente per paura di sollevare contrasti di interessi tra le varie fasce di popolazione, dunque di infrangere quell’unità di popolo necessaria per realizzare l’unificazione politica.
Bisognava dunque superare alcuni limiti e promuovere un’attività insurrezionale basata su un’iniziativa popolare più ampia possibile, ma questa caratteristica essenziale mancava nelle iniziative di Mazzini. Il progetto di Mazzini poi si basava su una rivoluzione solamente politica, mentre era necessario anche un cambiamento sociale.
Ben diversa fu la strategia adottata da Camillo Benso, conte di Cavour, divenuto presidente del consiglio in Piemonte nel 1852. Cavour seppe stringere un accordo politico fra i liberaldemocratici e lo schieramento democratico più propenso a collaborare con la monarchia. Nel parlamento si creò un’ampia maggioranza favorevole al governo, trasformando il regno sabaudo in una monarchia parlamentare. Inoltre l’appoggio delle forze politiche gli consentì di attuare riforme liberamente. In campo economico abbassò le tariffe doganali, potenziò il sistema bancario, promosse opere pubbliche, attuò la riforma fiscale. Nel campo amministrativo consentì anche ai ceti medi di accedere alle cariche più alte, eliminò i privilegi ecclesiastici e dichiarò il principio della separazione tra chiesa e stato. Potenziò poi l’esercito e la marina militare, per i progetti di espansione del regno sabaudo. Inizialmente Cavour infatti voleva solo espandere il regno di
Sardegna verso est, nel Lombardo-Veneto austriaco, e per realizzare questo obiettivo occorreva una complessa azione diplomatica. Per fronteggiare l’Austria rafforzò i legami con Francia e Inghilterra, accettando l’invito a partecipare alla guerra di Crimea, così durante il congresso di pace poté sollevare i problemi di oppressione della penisola.
L’attivismo di Cavour attirò l’attenzione dei democratici italiani che da tempo premevano per iniziative politiche attente alle masse popolari, ed erano inoltre d’accordo sulla prospettiva di un’azione militare contro l’Austria. Con gli accordi di Plombières Cavour convinse Napoleone III ad offrire appoggio militare al Piemonte contro l’Austria, sostenendo che in questo modo l’Impero asburgico si sarebbe ridotto e sarebbe stato meno potente. Inoltre la Francia avrebbe ottenuto Savoia, Nizza e la possibilità di esercitare la sua influenza anche sul Centro e il Sud Italia. Dopo la seconda guerra d’indipendenza dunque, nel 1859, furono annesse al Regno di Sardegna la Toscana e l’Emilia, e il quadro politico della penisola si era modificato, rimanendo il Regno di Sardegna, l’Impero austriaco in Veneto, lo Stato pontificio e il Regno delle Due Sicilie.
Nel 1860 Garibaldi organizzò la “spedizione dei Mille” nel Regno delle Due Sicilie. Sbarcò dapprima in Sicilia e liberò l’intera isola, e poi sul continente i Mille sconfissero a Napoli l’esercito borbonico. Intervenne Cavour, inviando truppe nelle Marche e in Umbria contro le truppe pontificie, e proseguì verso sud ricongiungendosi con Garibaldi, il quale gli consegnò i territori liberati. Nel 1861 dunque fu proclamato il Regno d’Italia, con capitale Torino e re Vittorio Emanuele II. L’Unità fu poi completata con l’annessione al Regno del Veneto nel 1866 e del Lazio nel 1870.

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