Paradiso: XXVII Canto - Studentville

Paradiso: XXVII Canto

Parafrasi.

Tutti i beati del paradiso intonarono: « Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo! », così dolcemente

che la loro melodia mi inebriava.
Quello che io vedevo mi sembrava un sorriso dell’universo, perché l’ebbrezza entrava nel

mio animo attraverso l’udito e lo sguardo.
Oh gioia! oh allegrezza indicibile! oh vita perfetta piena d’amore e di pace!

oh beatitudine sicuramente posseduta senza desideri insoddisfatti !
Dinanzi ai miei occhi fiammeggiavano le quattro luci

(Pietro, Giacomo, Giovanni, Adamo), e quella di San Pietro che si era avvicinata prima degli altri incominciò a farsi più

splendente,
e nel suo aspetto si fece rosseggiante, quale diventerebbe l’argenteo pianeta Giove, se esso e il rosso Marte

fossero uccelli e si scambiassero le penne.
La provvidenza di Dio, che nel cielo distribuisce l’avvicendarsi delle azioni e

il compito proprio a ciascuno, aveva imposto il silenzio al coro dei diversi gruppi di beati,
quando udii dire (da San

Pietro): « Non stupirti, se io muto colore, perché, mentre io parlo vedrai diventare, rossi di sdegno tutti

costoro.
Bonifacio VIII, colui che in terra occupa indegnamente la mia sede, che è come fosse vacante agli occhi del Figlio

di Dio,
di Roma, il luogo della mia sepoltura ha fatto la fogna dove scorre il sangue delle discordie civili e donde sale il

puzzo dei vizi; per cui Lucifero , si rallegra laggiù nell’inferno ».
Allora vidi tutto il cielo dei beati cospargersi di

quel color rosso, che tinge una nube alla sera o al mattino quando il sole le sta di fronte,
E come una donna onesta, la

quale pur restando sicura di sé, soltanto all’udire i falli altrui, si fa vergognosa,
così divenne Beatrice mutando

aspetto; e un tale oscuramento io credo che sia avvenuto in cielo (solo) quando il Figlìo di Dio fu crocifisso.
Poi San

Pietro continuò a parlare con voce tanto alterata da quella di prima, che l’aspetto non si era mutato più della voce:
« La

Chiesa, sposa di Cristo, non fu fondata e nutrita col sangue mio, e dei miei successori Lino e Cleto, per essere adoperata come

strumento di lucro,
ma, perché fosse guida all’acquisto di questa nostra vita beata, i papi Sisto, Pio, Calisto, e Urbano

sparsero il loro sangue dopo molte sofferenze.
Noi non intendemmo che una parte della cristianità sedesse a destra dei

nostri successori, e un’altra parte a sinistra;
né che le chiavi che mi furono affidate (come simbolo d’autorità)

diventassero emblema in una bandiera che combattesse contro altri cristiani;
né che la mia immagine fosse posta sul sigillo

papale impresso sui documenti che concedono privilegi falsi e simoniaci, per cui io spesso arrossisco e divampo d’ira.
Da

quassù si vedono in tutte le chiese sotto la veste di pastori di anime, lupi rapaci: o soccorso divino, perché ancora stai

inerte?
Già si preparano a bere il nostro sangue Caorsini e Guasconi: o Chiesa che avesti così buoni inizi, a quale ignobile

corruzione per forza di cose tu partecipi!
Ma la provvidenza divina che per mezzo di Scipione preservò a Roma la gloria del

dominio del mondo, verrà presto in aiuto, così come io vedo.
E tu, o figliolo, che a causa del corpo mortale tornerai ancora

sulla terra, non tacere e non nascondere (agli uomini) ciò che io non nascondo a te ».
Come l’atmosfera sulla terra fa

scendere fiocchi di neve, quando la costellazione del Capricorno è in congiunzione con il sole,
così vidi l’ottavo cielo

adornarsi e fioccare verso l’alto per la moltitudine delle fiamme splendenti delle anime che prima si erano fermate con

noi,
Il mio sguardo seguiva i loro aspetti, e li seguì finché lo spazio situato in mezzo, per la distanza troppo cresciuta,

gli impedì di spingersi oltre.
Per cui Beatrice, che mi vide libero dalla cura di guardare verso l’alto, mi disse: «Abbassa

lo sguardo, e guarda quale arco hai percorso (muovendoti con questo cielo)».
Da quando avevo guardato in giù la prima volta

vidi che mi ero mosso per tutto l’arco che la prima zona descrive dalla sua metà al termine,
cosicché oltre Cadice vedevo

la rotta temeraria tentata da Ulisse, e di qua da Cadice il mar Mediterraneo fin presso il lido dove Europa fu un dolce carico

per Giove.
E di là mi sarebbe stata visibile una plaga più ampia di questa nostra terra; ma il sole procedeva nel suo corso

sotto i miei piedi separato da me trenta gradi e più.
Il mio animo innamorato che vagheggiava sempre Beatrice, più che mai

ardeva dal desiderio di tornare a guardare verso di lei:
e se mai la natura o l’arte crearono, in corpi umani o in pitture,

immagini che fossero allettamenti tali da attrarre gli occhi per conquistare l’anima,
tutte queste bellezze riunite,

sembrerebbero niente a paragone della bellezza divina che io vidi rifulgere quando mi volsi a guardare gli occhi ridenti di

Beatrice.
E la virtù che i suoi occhi mi largirono, mi staccò dalla costellazione dei Gemelli, e mi spinse nel nono cielo,

il più veloce di tutti.
Tutte le parti di questo cielo, fulgidissimo e altissimo, sono così uniformi, che io non saprei dire

quale di esse Beatrice scegliesse per salirvi con me.
Ma ella, che vedeva la mia brama di conoscere, ridendo con tanta

letizia, che Dio stesso pareva gioire nel suo volto, incominciò:
« La struttura dell’universo, la quale mantiene immobile

al centro la terra e muove tutte le altre cose intorno ad essa, incomincia da questo cielo come dalla sua origine;
e questo

cielo non ha altro luogo che lo contenga al di fuori della mente divina, nella quale s’accende l’amore che lo fa girare e la

virtù che esso trasmette ai cieli sottostanti.
La luce e l’amore dell’Empireo lo contengono in sé come in un cerchio, così

come questo racchiude glí altri; e come questo cerchio possa essere contenuto lo comprende solo Dio, il quale lo

circoscrive.
Il movimento di questo primo cielo non è misurato dal movimento di un altro; anzi il moto degli altri è

misurato dal moto di questo, così come il dieci è misurato dalla sua metà, il cinque, e dal suo quinto, il due.
E ormai ti

deve esser chiaro come il tempo abbia le sue radici in questo cielo come in un vaso e abbia le sue fronde nei cieli

sottostanti.
Oh cupidigia umana che sommergi a tal punto i mortali sotto di te, che nessuno è capace di alzare gli occhi

sopra le tue onde!
Certo negli uomini fiorisce la buona volontà; ma (l’imperversare delle passioni la spegne come) la

pioggia continua tramuta le susine buone in susine guaste.
Fede e innocenza si trovano solo nei fanciulli, ma poi l’una e

l’altra si dileguano prima ancora che le loro guance siano ricoperte dal primo pelo.
Vi è chi osserva i dìgiuni, quando è

ancora bambino balbettante il quale poi, nell’età matura (quando la lingua si è ormai sciolta), divora ogni cibo in qualunque

epoca dell’anno ;
e un altro, ancora bambino balbettante, ama e ascolta docile la mamma, e, una volta adulto, quando il suo

linguaggio è ormai perfetto desidera poi vederla morta e sepolta.
Allo stesso modo (in cui il candore dell’infanzia si

corrompe con il passare dell’età) la pelle dell’uomo, naturalmente bianca, diventa nera,
appena compare l’Aurora, la

bella figlia del Sole che porta il mattino sulla terra e tramontando lascia la sera.
Per non stupirti di ciò, pensa che

sulla terra non vi è chi governi; per cui la umanità va così rovinosamente fuori strada.
Ma prima che gennaio esca del tutto

dal periodo invernale a causa della frazione centesimale del giorno trascurata dal calendario, questi cieli del paradiso

irradieranno tali influssi,
che la tanto attesa tempesta farà volgere le poppe delle navi dove sono le prue (cioè: rimetterà

la nave nella giusta direzione), così che la flotta correrà diritta
e frutti buoni seguiranno alle promesse ».

  • Parafrasi de La Divina Commedia

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti