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Piccolo Mondo Antico

Trama e analisi di “Piccolo Mondo Antico” di Antonio Fogazzaro.

Decadentismo: Antonio Fogazzaro

Nasce il 25 marzo del 1842 in una famiglia della ricca e cattolica borghesia vicentina. Viene  educato  da  diversi  religiosi e al  liceo ha come insegnante e poeta Giacomo Zanella,  poi professore di letteratura italiana all’Università di Padova. Durante  le vacanze  è spesso a Oria  in Valsolda, sul  versante  orientale  del lago  di  Lugano, nella casa dei nonni materni. Inizia a studiare legge a Padova ma termina a  Torino, dove la famiglia si  trasferisce in attesa  della liberazione del  Veneto. Nel 1866  si sposa con la contessa Margherita Lampertico di Valmarana, dalla quale avrà tre figli. Nel 1869 si ristabilisce definitivamente a Vicenza e si  dedica con  continuità  all’attività  letteraria. Dopo un periodo  di  crisi  religiosa,  ritorna  alla  fede  con  grande entusiasmo. Aderisce al movimento cattolico del “modernismo” contrastato dalla Chiesa. Nel 1896 è nominato senatore, anche se non svolgerà mai nessuna attività politica. Muore a Vicenza il 7 marzo del 1911, pochi mesi dopo l’uscita del suo ultimo romanzo.

Esordì con la novella in versi Miranda (1874), cui seguì la raccolta di liriche Valsolda (1876): in entrambi i testi è evidente l’intenzione di reagire al verismo, delineando immagini vaporose e inafferrabili, sullo sfondo di una natura animata da mistiche presenze. È così aperta la strada a Malombra (1881), il romanzo più “decadente” e più tipico di Fogazzaro, imperniato sul conflitto tra spirito e sensi, che assume nell’allucinante vicenda di una reincarnazione il tono morboso e nevrotico di tanta narrativa scapigliata. Il romanzo successivo Daniele Cortis (1885), che racconta l’improbabile vicenda di un adulterio spirituale, mostra la spiccata preferenza di Fogazzaro per i drammi intimi di personaggi eccezionali appartenenti alle classi alte della società: si spiega così il suo successo, particolarmente presso il pubblico femminile di estrazione piccolo-borghese, alla ricerca di evasione dalla modesta realtà quotidiana. Dopo la raccolta Fedele e altri racconti (1887), a mezzo tra influenze romantiche e suggestioni veristiche, apparve Il mistero del poeta (1888), in cui l’ispirazione tardo-romantica trabocca in un lirismo languido, sullo sfondo di una natura nordica tenebrosa ed enigmatica. Il recupero del realismo si verifica con  Piccolo mondo antico (1895), i cui personaggi minori  si salvano dal baratro dell’inquietudine rifugiandosi in una vita calma e sonnolenta, scandita da occupazioni semplici, celebrate ritualmente, mentre i protagonisti, nel contatto con la gente umile, acquistano credibilità umana e il loro stesso conflitto ideale si colloca armoniosamente sullo sfondo stilizzato e solenne del Risorgimento. Questo felice equilibrio viene meno con Piccolo mondo moderno (1901), dove l’interesse “decadente” per i personaggi minori torna a distinguersi, come in Malombra, da quello veristico per il piccolo mondo provinciale, mentre la fede del protagonista vacilla, incrinata per la prima volta dal dubbio. Nel 1899 scrisse Ascensioni umane dove aveva cercato di risolvere il conflitto tra fede e scienza reinterpretato come conflitto tra uomo inferiore e uomo dotato di una sensibilità raffinata e aristocratica.

Anacronistico appare il tentativo, compiuta da Fogazzaro nei suoi ultimi romanzi – Il santo,1906, Leila,1910 -, di applicare l’ideologia cattolica liberale del primo Ottocento riverniciata con l’etichetta modernista, a una realtà profondamente diversa: e il fallimento di tale tentativo spiega a sufficienza il declino che l’opera di Fogazzaro ha registrato nel favore del pubblico e della critica, ad eccezione del suo romanzo maggiore.

Tipologia testuale:

Romanzo di analisi.

Narratore:
Il narratore corrisponde probabilmente all’autore, Antonio Fogazzaro. Egli è un narratore esterno alle vicende ed è a conoscenza di tutti i fatti, può essere dunque definito un narratore onnisciente (focalizzazione 0).Il narratore cede alle volte la parola ai personaggi quando  sono questi a raccontare alcuni fatti (focalizzazione interna) oppure quando ci sono i dialoghi.

Divisione interna:
Il romanzo è diviso in tre parti a loro volta divise in capitoli:

Parte prima:  

–  I Risotto e tartufi
–  II Il Sulla soglia d’un’altra vita
–  III Il gran passo
–  IV La lettera del Carlin
–  V Il «Bargnif» all’opera
–  VI La vecchia signora di marmo

Parte seconda:

– I Pescatori
–  II La sonata del chiaro di luna e delle nuvole
– III Con i guanti
– IV Con gli artigli
– V Il segreto del vento e dei noci
– VI L’asso di danari spunta
– VII È giuocato
– VIII Ore amare
– IX Per il pane, per l’Italia, per Dio
– X Esüsmaria, sciora Lüisa!
– XI Ombra e aurora
– XII Fantasmi
– XIII In fuga

Parte terza

– I Il savio parla
– II Solenne Rullo

Durata:

Tempo della storia: nel testo si trovano riferimenti precisi al tempo. Nei primi capitoli i riferimenti temporali riguardano solo il passare del tempo, ovvero il narratore dice esplicitamente quanto tempo è passato dall’azione precedente. Dalla seconda parte in poi i riferimenti temporali divengono più precisi, ovvero vengono esplicitate delle date, come per esempio nel capitolo IX in cui vengono riportate le lettere che i due sposi si scrivono, ovviamente correlate di data.
Da tutti questi riferimenti temporali si può dedurre che le vicende hanno una durata di circa dieci anni.

Tempo del racconto: consiste in ventuno capitoli.

Rapporto tra TS e TR: è un sommario. Il ritmo è lento, anche nei momenti di fuga in cui il  lettore si aspetterebbe un ritmo frenetico.

Fabula e intreccio:

Fabula e intreccio coincidono quasi sempre; sono presenti alcuni flash back, quando il narratore o gli stessi personaggi raccontano un avvenimento accaduto tempo prima. Sono frequenti le ellissi: spesso il narratore evita di raccontare brevi o lunghi periodi  di tempo, per esempio: dopo il matrimonio di Franco e Luisa il narratore ci porta subito al periodo dopo la nascita di Maria, tralascia quindi circa tre anni.

Tempo:

Numerosi sono i riferimenti temporali  dai quali si deduce perfettamente il periodo storico in cui si svolgono le vicende: la seconda metà dell’Ottocento, sullo sfondo della guerra di indipendenza del 1859.

Luogo:

Il luogo in cui si svolge la narrazione è la Valsolda, sulla sponda lombarda del lago di Lugano.
Determinanti nel racconto sono le numerose descrizioni del paesaggio: dal trascolorare delle acque sotto le nuvole, al pigro fremito delle piante agli aliti del lago,  dai greppi battuti dal vento, alle casette disseminate sulla riva, tra ciuffi d’oleandri. I tratti del paesaggio, come la nebbia, la luce, il vento, sono in stretta relazione con i personaggi, come nel caso dello zio Piero: la vittoria del sole sulla nebbia, sembravano dargli un caloroso saluto d’addio, fu davvero così.

Contesto:

Il contesto è storico e al tempo stesso culturale. La trama si svolge sullo sfondo delle  vicende risorgimentali  comprese tra la prima e la seconda guerra di indipendenza. Determinante è lo contrasto tra liberali e “austriacanti”.
D’altra parte l’autore descrive dettagliatamente anche le macchiette in modo da dare una visione completa del contesto sociale: abitudini, pensieri, gioie, preoccupazioni degli abitanti  di una piccola città della Valsolda.

Dedicato a:
LUISA VENINI CAMPIONI
A lei, carissima Luisa, che tante persone e cose del piccolo mondo valsoldese ebbe familiari; a Lei devota e fedele amica di due care anime che ci aspettano nell’eternità, offro nel nome loro e nel nome di un altro morto a Lei diletto il libro che queste sacre memorie, e non queste sole, segretamente richiama.

  Antonio Fogazzaro

Romanzo autobiografico?

Certamente Fogazzaro nel romanzo non descrive dieci anni della sua vita, tuttavia sono presenti nel testo molti aspetti autobiografici. Innanzitutto  la casa Rigey somiglia molto all’abitazione materna dove Fogazzaro, da ragazzo, trascorreva le estati: una casa che sorgeva sulle rive del lago di Lugano circondata da un giardino ricco di vegetazione  che il padre dell’autore coltivava con molta cura e con competenza scientifica (come faceva lo stesso Franco). Inoltre molti personaggi sono, per così dire, “presi dal vero”: ad esempio il personaggio della piccola Maria, ricorda i figli del Fogazzaro. Inoltre l’autore riporta nel carattere e nei pensieri del protagonista molti  aspetti del suo carattere, come la religiosità di Franco è propria del Fogazzaro.

Personaggi:

Franco Maironi

Franco Maironi, appartiene a una famiglia nobile e ricca della Valsolda, vive con la nonna in una villa sulle sponde del lago di Lugano. Di lui non è data una descrizione fisica dettagliata, tanto che sappiamo solo che è di corporatura abbastanza esile, che è molto magro e nient’altro.
Franco mal si adatta ai doveri della sua classe, tanto che sposa di nascosto una ragazza né nobile né tantomeno ricca, contro la volontà della nonna.
Franco è un cattolico convinto, vive seguendo i dettami della sua religione, spesso però si adagia sulla convinzione di essere un credente praticante finendo con non operare. Tuttavia la fede è così radicata nell’animo di Franco, da fargli superare i momenti terribili della sua vita: riesce a superare la morte della piccola Maria grazie alla fede: il saperla nelle mani protettrici di Dio gli rendeva il dolore meno pungente, la certezza che la sua dolce Ombretta fosse in paradiso lo rassicurava.
Don Franco Maironi ha un carattere impetuoso, orgoglioso e facile all’ira, se qualcuno solo dubita dei i suoi forti valori morali scatta con l’atteggiamento di chi è stato gravemente offeso, tuttavia è incapace di risentirsi a lungo contro qualcuno. Infatti, malgrado la consapevolezza dei gravi torti subiti dalla nonna, ha per lei sempre una parola di riguardo, a costo di discutere con la moglie a causa sua.
Franco, seppure mal sopportava i comportamenti delle persone del suo rango e malvolentieri sottostava ad essi, ne ha racchiusi in sé tutti i “vizi”: infatti, malgrado le ristrettezze economiche in cui la sua famiglia era costretta a vivere, trascorse molti anni dedicandosi alla poesia, alla musica, alla letteratura e al giardinaggio, ben lontano dal cercarsi un impiego serio e smettere di gravare sulle finanze dello zio Piero, ormai settantenne. Cerca un lavoro a Torino solamente quando la situazione è insostenibile.
Un altro motivo di rottura con la Marchesa Maironi sono le sue idee politiche: Franco è un liberale convinto, pronto a combattere e morire per l’Italia, che non accetterebbe un impiego per lo stato a costo di doversi allontanare dalla moglie e dalla figlia di soli tre anni, la nonna sostiene il governo austriaco.

Luisa Rigey (moglie di Franco Maironi)
Luisa Rigey è di famiglia borghese, benestante fin che il padre fu in vita, poi dovette sopravvivere con lo stipendio di Piero Ribera. Di questo personaggio non è data una descrizione fisica dettagliata : si sa soltanto che è di bell’aspetto e che ha i capelli neri. Al di là della descrizione fisica ciò che conta di questa donna sono le sue idee, il suo senso della giustizia e la sua forza.
Il padre di Luisa era ateo, la madre Teresa invece era una fervente cattolica, da parte sua Luisa aveva una sua idea della religiosità che ben poco coincideva con quella del cattolicesimo, tuttavia aveva sempre praticato la religione cattolica, seppure controvoglia. Nei momenti difficili però emerge la sua reale credenza:
«[…] Tu hai le idee religiose di mia madre. Ma mia madre intendeva e tu intendi la religione come un insieme di credenze, di culto e di precetti, ispirato e dominato dall’amor di Dio. Io ho sempre avuto ripugnanza a concepirla così, non ho mai potuto veramente sentire, per quanto mi sforzassi, questo amore di un Essere invisibile e incomprensibile, non  mai potuto capire il frutto di costringere la mia ragione ad accettare cose che non intende. Però mi sentivo un desiderio ardente di dirigere la mia vita a qualche cosa di bene secondo un’idea superiore al mio interesse. […] Perché religiosa mi sentivo anch’io moltissimo. Il concetto religioso che mi si veniva formando sempre più chiaro nella mente era questo […] : Dio esiste, è anche potente, è anche sapiente […] ma che noi lo adoriamo e gli parliamo non gliene importa nulla. […] Vuole che amiamo tutto il bene, che detestiamo tutto il male, e che operiamo con tutte le nostre forze secondo quest’amore e quest’odio.  […] ».
A differenza del marito Luisa non ha saputo affrontare la morte della figlia: se Franco poteva aggrapparsi alla fede e reagire in questo modo, Luisa  non sa a cosa aggrapparsi, il senso di giustizia che era la sua forza si era dissolto. Luisa si chiude in se stessa, tanto da rasentare la pazzia. Dopo la morte di Maria, Luisa divenne di sasso, incapace di provare sentimenti. Il romanzo si conclude con una nuova vita che nasce nel grembo di Luisa, quasi a rilegare i pezzi di un’esistenza che si erano già perduti.
Luisa è di carattere forte, o almeno lo era stata prima della morte della piccola Ombretta, determinata, con un fortissimo senso della giustizia e della realtà.
Un aspetto in comune col marito sono le sue idee politiche, anche Luisa era di idee liberali, ma concepiva gli ideali politici in modo più dinamico e attivo di Franco.

Piero Ribera (zio di Luisa)
Piero Ribera è un uomo anziano, lavora come impiegato del governo, divide il suo stipendio con la sorella Teresa, la madre di Luisa.
Di lui non si può certo dire che sia un uomo devoto, credente, tuttavia pratica la religione con una certa abitualità, senza un sentimento religioso vivo.
Lo zio Piero è un uomo serio, poco dedito a slanci gratuiti d’affetto, è un uomo che lascia fare, che da la sua opinione solo se richiesta. È un uomo buono, generoso: che ha ospitato la nipote e il marito senza chiedere nulla in cambio, ha sopportato tutti i loro movimenti che disturbavano la sua quotidianità.
Si comporta con la piccola Ombretta Pipì (nomignolo con cui si rivolgeva alla piccola Maria) come un nonno affettuoso, solo in compagnia della bambina lo si trova a sorridere di gusto.
Malgrado servisse il governo austriaco, Piero Ribera aveva idee liberali,  seppure in modo più calmo e razionale di Franco.
Muore seduto su una panchina dell’Isola Bella, tranquillo come chi, certo di aver portato a termine il suo incarico, e non ha più nulla da fare.

Teresa Ribera (madre di Luisa)
Teresa Ribera è la madre di Luisa. È una donna amata da tutti per la sua bontà, tuttavia aveva avuto delle difficoltà a causa del marito che era ateo. Dopo la morte del consorte aveva avuto difficoltà economiche che il fratello Piero aveva risolto con  molta generosità.
Teresa è una donna di forte sentimento religioso. È spesso definita una santa, perché la sua vita è colma di generosità, bontà e fede. È purtroppo costretta a una morte prematura a causa di una ipertrofia di cuore, che la strappa all’amore devoto della figlia, del genero e del fratello.

Maria Maironi  (figlia di Franco e Luisa)
Maria, spesso chiamata Ombretta a causa del suo amore verso una filastrocca raccontatale dallo zio Piero, è un personaggio che compare per poco tempo ma che raccoglie su di sé un’enorme importanza. Rappresenta l’unica ragione di vita di Luisa, soprattutto dopo la partenza di Franco, è l’unica gioia dello zio Piero, ma soprattutto è l’unica che sia riuscita a penetrare il duro cuore della marchesa Maironi.
Maria ha un carattere allegro e vivace: spesso è citata la sua curiosità nei confronti degli affari degli adulti.
La sua giovane vita è conclusa a causa dalla distrazione di una domestica: Ombretta affoga nelle acque del lago alla tenerissima età di tre anni e mezzo.
Marchesa Maironi ( nonna di Franco)
La Marchesa è una donna nobile, assai ricca, che vive in una villa sulla riva del lago di Lugano.
A differenza del nipote, ella ama vivere in mezzo alla gente del suo rango, anzi, fugge dall’imparentarsi con una famiglia di rango inferiore al suo, tanto che ostacola il matrimonio di Franco, minacciando di diseredarlo se avesse sposato Luisa.
La marchesa è una donna che si ritiene credente, tuttavia ha una visione della fede che non corrisponde alla realtà: vede il credere in Dio come un lasciapassare per la vita futura, considera il partecipare alle funzioni religiose come un libero accesso al paradiso, cerca inoltre di corrompere e ingannare Dio come fa con gli uomini.
La Marchesa è una donna fredda, dura (è più volte descritta l’inespressività del suo volto) e vendicativa. Nessun sentimento di bontà, nessun calore riempie il suo cuore, neppure la morte della nipotina riesce a farla pentire delle sue azioni. Solo da morta  Maria riesce a penetrare il cuore della donna, ma non vi mette bontà, ma solo paura della morte e del giudizio di Dio, che non la spingono a ricredersi dei suoi errori, ma ad assicurarsi il paradiso perdonando il nipote, che in realtà non aveva nulla da farsi perdonare.
Un altro punto di distacco da Franco sono le sue idee politiche: la Marchesa parteggia per il governo austriaco.

Questi sono i personaggi più importanti, tuttavia c’è tutta una folla di macchiette che empiono il “piccolo mondo antico” di Fogazzaro: dal controllore, all’impiegato di dogana, alla donna pettegola di paese. Fogazzaro descrive tutti i personaggi, ne delinea il profilo psicologico in modo da renderli, agli occhi del lettore, persone reali. L’autore si dedica con successo ad una scrupolosa osservazione psicologica, che abbraccia personaggi principali e secondari, figure complesse e macchiette.

Trama:

La trama si svolge sullo sfondo delle vicende risorgimentali comprese tra la prima e la seconda guerra di indipendenza ed ha come protagonista un giovane di idee liberali, Franco Maironi, che vive con la nonna, una Marchesa austriacante. Franco decide di sposare una ragazza di modeste condizioni, Luisa Rigey, malgrado le avversioni della nonna che minaccia di diseredare il nipote. Dopo il matrimonio i due vanno ad abitare a Oria, sul  lago di Lugano, col vecchio zio scapolo Piero Ribera, imperial regio ingegnere. Nasce una bambina, Maria che lo zio ama chiamare Ombretta Pipì. Purtroppo la differenza di carattere e più di mentalità tra Franco e Luisa va delineandosi in modo chiaro: coltivano entrambi  aspirazioni liberai, ma lui è tutto fede, mentre lei è tutta severa giustizia. Il contrasto si evidenzia quando si tratta di decidere che uso fare (o non fare) di un vecchio documento di famiglia, un testamento saltato fuori inopinatamente e tale da spossessare, a favore di Franco, la vecchia marchesa. Franco preferisce non farne niente, per carità cristiana; Luisa invece è decisa ad affrontare la marchesa. Ma proprio in quel giorno la bambina affoga miseramente nel lago, e questa tragedia allontana ancor di più i due coniugi. Luisa, tutta presa in una lucida disperazione, rinfaccia al marito il suo idealismo d’artista e le sue credenze religiose che lo portano al perdono e alla rassegnazione; Franco preferisce staccarsene completamente per consacrarsi interamente alla causa patriottica. Ma ecco che dopo tre anni di lontananza Franco, alla vigilia della sua partenza per la guerra, chiede a Luisa un ultimo incontro. I due si incontrano all’Isola Bella, alla presenza dello zio Piero: il buon ingegnere ha soddisfazione di veder partire coi soldati il nipote ormai riconciliato con la moglie, e subito dopo, su una panchina pubblica, cessa di vivere. Ma una nuova vita, intanto, si annuncia nel grembo di Luisa.

Stile:

Lo stile è piano, familiare. L’autore si dedica con successo ad una scrupolosa osservazione psicologica, che abbraccia personaggi principali e secondari; dà una soluzione al problema della scrittura, tanto dibattuta in quegli anni, mischiando sapientemente lingua e dialetto.

Discendenza manzoniana:

Fogazzaro non rinuncia con questo romanzo a dichiarare la discendenza, propria e della sua generazione, dalla grande lezione manzoniana; una dichiarazione lontana mille miglia  dallo stereotipo “manzoniano degli stenterelli” che aveva esasperato il Carducci, una dichiarazione di rispetto e di amore, fatta di tanti piccoli paragrafi (la nonna di Franco che perseguita i due innamorati con una insistenza che ricorda Don Rodrigo, uno zio che per la sua elevatezza morale richiama Fra Cristoforo, un matrimonio organizzato di nascosto, il fantasma della separazione fra i due sposi in una traversata notturna del lago…), ma che soprattutto sa mostrare come di quella lezione  lo scrittore vicentino abbia colto uno degli aspetti primari: il senso di un legame indissolubile fra la Storia dei libri e la storia non raccontata,  fra le grandi vicende e la “piccola”, drammatica, collettiva vita di tutti i giorni.

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