Tema storico su La banalità del male | Prima Prova Maturità - StudentVille

Prima prova Maturità 2012: tema storico svolto su "La banalità del male"

Prima prova Maturità 2012: tema storico svolto su "La banalità del male".

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Prima prova Maturità 2012: il tema storico svolto (tipologia C)
Traccia del Miur: tema storico sullo sterminio degli ebrei da svolgere a partire da un brano di Hannah Arendt La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme

Il libro di Hannah Arendt, pubblicato nel 1963, riporta il processo di Adolf Eichman, gerarca nazista catturato nel 1960 e condannato a morte l’anno dopo. L’autrice pensa che tutto il male che Eichmann e gli altri nazisti hanno compiuto non fu causato dalla malvagità insita nel loro animo, ma dal fatto che essi non fossero in grado di comprendere quello che stavano facendo. Non per questo però le braccia che hanno fatto quelle azioni crudeli sono innocenti, perché fare del male inconsapevolmente è comunque un’azione che va punita.

La storia dell’olocausto iniziò molti anni prima della soluzione finale. Divenuto cancelliere nel 1932, Hitler attuò una serie di provvedimenti, tra i quali le misure per cancellare la presenza ebraica dalla nazione tedesca. Per prima cosa furono approvate le leggi di Norimberga nel 1935, per via delle quali gli ebrei che si trovavano in Germania persero il diritto di cittadinanza, furono limitati nell’esercizio del loro lavoro, e, per mantenere puro il sangue tedesco, non poterono più contrarre matrimonio con gli “ariani”.
Nel novembre del 1938, prendendo come pretesto l’aggressione ai danni di un ufficiale tedesco da parte di un ebreo, in tutte le grandi città tedesche furono organizzate spedizioni punitive molto violente, durante le quali vennero distrutte proprietà, luoghi di culto e abitazioni. L’episodio passò alla storia come “notte dei cristalli”, nella quale furono uccisi un centinaio di ebrei e furono arrestate e deportate circa 35000 persone.
Inoltre, lo Stato chiese alle comunità ebraiche il risarcimento per i danni arrecati alle strutture pubbliche durante questa spedizione. Col passare del tempo la vita degli ebrei divenne sempre più difficile: vennero esclusi dalla vita pubblica cittadina, non potevano entrare nei teatri, nei campi sportivi, avevano scompartimenti riservati nei treni, dovevano vivere in appositi edifici. Sembrava che il governo tedesco volesse spingerli ad abbandonare la Germania, dopo averli spogliati di tutti i loro averi, ma verso il 1939 l’antisemitismo nazista si fece sempre più acre e si orientò verso la cosiddetta “soluzione finale”. Fu vietato agli ebrei di uscire fuori dai confini del Paese, e seguirono deportazioni di massa e la reclusione nei Lager, nei quali avvenne uno sterminio di massa. Durante la seconda guerra mondiale, queste misure furono adottate anche nei confronti degli ebrei che vivevano nelle nazioni sotto il dominio nazista.

In tedesco Lager significa “campo”, nel senso di “accampamento”, ma anche “deposito”. Con l’avvento del nazismo il termine assunse un significato negativo. Il primo campo di concentramento fu aperto a Dachau, nel 1933, per ospitare provvisoriamente militanti comunisti e socialisti considerati un pericolo per la sicurezza dello stato. In seguito i campi accolsero anche obiettori di coscienza, omosessuali ed Ebrei, che durante la seconda guerra mondiale furono i principali deportati. In questo periodo i Lager assunsero il ruolo di campi di lavoro, in cui la manodopera si sfruttava a costo zero, e soprattutto di campi di sterminio per attuare la totale eliminazione degli ebrei.

Alla fine della guerra, spettacoli orribili si presentarono agli occhi delle truppe alleate e sovietiche quando avanzarono in Germania, nei luoghi dove si trovavano questi campi di sterminio. Al processo di Norimberga, in cui vennero condannati i capi del Nazismo, le vicende di questi luoghi degli orrori vennero ricostruite dettagliatamente. Il più noto è Auschwitz, in Polonia, che aveva quattro camere a gas e diversi forni crematori. I deportati provenivano da tutta Europa, e venivano fatti viaggiare in vagoni merci e, una volta giunti a destinazione, la maggior parte di loro veniva condotta direttamente alle camere a gas. Sulle porte di queste vi era la scritta “bagni”, e la gente vi entrava al suono di musiche soavi, illusa di rilassarsi. I loro corpi poi venivano bruciati e i denti d’oro raccolti e inviati alla Reichsbank.

L’esperienza del campo di concentramento è oggetto di una grande produzione scritta, già attiva dagli anni successivi alla seconda guerra mondiale. Oltre alla già citata Hannah Arendt, tra gli autori principali ricordiamo Primo Levi, chimico torinese di origine ebraica, deportato ad Auschwitz nel 1944 a causa della sua attività di partigiano. Il suo romanzo Se questo è un uomo, racconta sotto forma di diario la prigionia dell’autore, e descrive con estrema lucidità il sistema del campo, basato sul potere e sulla prevaricazione, tanto che anche tra i prigionieri esisteva una forma di gerarchia. Traspare dalle descrizioni del romanzo una disumanizzazione dell’uomo, umiliato da ritmi di lavoro distruttivi, privato dell’esercizio e dell’ascolto dei propri sentimenti ed emozioni.
Rudolf Hoss, comandante del campo di concentramento di Auschwitz, riportò la sua testimonianza in Comandante ad Auschwitz, una sorta di confessione sulle crudeltà a cui aveva partecipato. Il colonnello descrive come gli ebrei venissero trasportati fino al campo. Se qualcuno di loro era troppo irrequieto, veniva prelevato e ucciso in un luogo appartato, in modo che nessuno se ne accorgesse. Appena arrivati, i deportati venivano spogliati e disinfestati, e questa operazione doveva avvenire in assoluta tranquillità e con le buone maniere, con lo scopo di ingannarli su ciò che stava per accadere. Tra i militi vi erano anche ebrei, in modo che questi potessero raccontare cose positive sul campo e i prigionieri si potessero fidare.

Molto cruda è la descrizione di Oliver Lusting, uno dei pochissimi sopravvissuti ad Auschwitz, che in Dizionario del Lager racconta le atrocità che i prigionieri subirono, sotto forma di dizionario. Oltre allo sfruttamento riguardo il lavoro, la morte immediata nelle camere a gas, nei campi di concentramento si praticavano esperimenti sul corpo umano. A Dachau si sperimentava quanto un uomo riuscisse a sopravvivere immerso in una vasca di acqua gelida. A Buchenwald i prigionieri venivano legati ad una sedia e ricoperti da migliaia di pidocchi contaminati da tifo. Ad Auschwitz le donne venivano sottoposte senza anestesia all’esportazione delle ovaie, gli uomini venivano sterilizzati dalle radiazioni o castrati. Si sperimentava inoltre il trapianto osseo, l’incancrenirsi di piaghe aperte e si infieriva sulle ustioni col fosforo, si sperimentava quanto un uomo può sopravvivere se preso a calci e pugni e quanto può correre con un macigno di 30 kg prima di cadere a terra morto.

Tra le riproduzioni cinematografiche più recenti riguardo l’olocausto, possiamo ricordare Il bambino con il pigiama a righe, di Mark Herman, ripreso dall’omonimo romanzo di John Boyne. Si narra la storia di Bruno, il figlio di un ufficiale nazista, che incuriosito dalla gente che stava in un recinto e che portava strani indumenti a righe, tutti uguali, un giorno riesce ad avvicinarsi e fa amicizia con un bambino, dando il via ad una serie di avvenimenti dalle conseguenze tragiche. È un modo diverso di narrare le crudeltà del periodo, attraverso la visione e la psicologia dei bambini.

È difficile credere che un uomo riesca ad essere così crudele e spietato nei confronti di esseri umani, riducendoli e trattandoli come cavie da laboratorio o macchine da lavoro. Come fu detto nel corso del processo di Norimberga: dovranno passare millenni prima che la Germania possa scontare la pena di un simile massacro, e quando saranno passati tutti questi secoli, ancora non l’avrà ancora scontata del tutto.

  • Tesine

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