Religione e civiltà - Studentville

Religione e civiltà

La religione in Freud.

A partire dagli anni Venti, in Freud crebbe sempre più la convinzione che la psicoanalisi fosse la chiave di volta per comprendere non solo alcuni aspetti della civiltà , ma l’origine e i caratteri della civiltà  nel suo insieme. Nel 1935 egli asserirà  di essersi accorto ‘ che gli eventi della storia, gli influssi reciproci tra natura umana, sviluppo civile e quei sedimenti preistorici di cui la religione è il massimo esponente, altro non sono che il riflesso dei conflitti dinamici fra Io, Es e Super-io, studiati dalla psicoanalisi nel singolo individuo: sono gli stessi processi ripresi su uno scenario più ampio ‘. Nel 1927, il pensatore austriaco aveva pubblicato L’avvenire di un’illusione, in cui affrontava la problematica della religione. Egli, analogamente a quanto diceva Nietzsche per la religione greca, scorgeva nella religione un insieme di rappresentazioni sorte dal bisogno di rendere sopportabile l’infelicità  e la miseria umana. Essa svolgeva quindi una mansione positiva per alcuni individui, soprattutto l’aveva svolta in epoche passate, ma comportava costi assai elevati, in quanto finiva per essere dannosa per la mente e così Freud poteva dire che ‘ la religione è un narcotico con cui l’uomo controlla la sua angoscia, ma ottunde la sua mente ‘. Di fronte alle critiche della scienza, la religione non era in grado di reggere per Freud, ma era destinata a rivelarsi sempre più come un’illusione e, quindi, a soccombere. In questo modo Freud si riallacciava alla tradizione illuministica, per un verso, della critica alla religione in nome della ragione e, per un altro verso, a quanto avevano detto, non molto tempo prima di Freud, Marx (‘la religione è l’oppio del popolo’) e Nietzsche (‘Dio è una risposta grossolana, un’indelicatezza contro noi pensatori’). Al tempo stesso Freud precisava che la scienza moderna, proprio perchò consapevole dei propri limiti, non era un’illusione come la religione e che sarebbe stato pernicioso pretendere di ottenere per vie alternative ciò che essa non era in grado di fornire. Il messaggio che Freud ricavava da tali ragionamenti era che ‘ Se l’uomo distoglierà  dall’aldilà  le sue speranze e concentrerà  sulla vita terrena tutte le forze rese così disponibili, riuscirà  probabilmente a rendere la vita sopportabile per tutti e la civiltà  non più oppressiva per alcuni ‘. La trattazione più organica e generale lasciataci da Freud sulle radici psichiche della cultura e della società  è contenuta in una delle sue ultime opere, intitolata Il disagio della civiltà  (1930); Freud aveva già  da tempo riconosciuto che uno dei princìpi psichici basilari è la pulsione di morte, che, proiettata all’esterno, si configura come pulsione di aggressività , ma lasciata completamente libera di esprimersi e di espandersi, potrebbe avere effetti devastanti e distruttivi. Per evitare questo pericolo, che comprometterebbe radicalmente la sopravvivenza dell’uomo, occorre che alla libido individuale siano sottratte energie per metterle a disposizione della società , cioò volte ad istruire e a rinsaldare i legami tra gli uomini: ed è su queste basi che si regge la civiltà . Essa non è altro che l’insieme delle realizzazioni e degli ordinamenti che distinguono la vita umana da quella dei suoi antenati animali; il fine di essa è sostanzialmente, come già  diceva Hobbes, la salvaguardia degli uomini e della loro sopravvivenza, nelle loro relazioni con la natura e con i loro simili. A questo provvedono le tecniche, le norme igieniche e di convivenza, gli ordinamenti sociali e politici. Alla base di questa transizione dalla natura alla cultura vi è la sublimazione, cioò lo spostamento di energie libidiche dalle mete sessuali ad altri fini maggiormente apprezzati sul piano sociale, come l’arte, la cultura, l’illusione religiosa o l’amore del prossimo. Ma questo non implica una vittoria definitiva dell’eros e, di conseguenza, una scomparsa delle componenti aggressive nei rapporti fra gli uomini: la civiltà  per Freud è e sempre sarà  un ‘ campo di battaglia di forze contrapposte ‘, Eros e Thanatos. Il primato del principio di realtà  non elimina il principio del piacere, che sussiste e continua ad essere operante nell’apparato psichico e che si scontra con la realtà , la quale non appare costituita in modo da poter rendere felice l’uomo, cioò libero dal dolore e in grado di perseguire liberamente il piacere. Il fatto che una pulsione non possa essere soddisfatta produce frustrazione, la quale ha la sua prima genesi a partire dai divieti imposti da ordinamenti esterni all’individuo (divieto di incesto, di cannibalismo, di aggressività , ecc. ). Questi divieti però sono progressivamente interiorizzati e fatti propri dal Super-io, che svolge dunque una mansione essenziale per l’esistenza della civiltà . Questo significa che la base della morale è fondamentalmente istintiva e consiste, per lo più, nell’interiorizzazione dell’energia libidica per reprimere le pulsioni stesse. Ad alleviare il senso di frustrazione possono provvedere i processi di sublimazione, che, in quanto tali, non sono costretti da forze esterne a spostare le energie libidiche verso mete non sessuali, ma questo non elimina il fatto che alla base della civiltà  ci siano una rinuncia e un sacrificio non solo di pulsioni sessuali, ma anche di aggressività . La repressione di tali pulsioni, indispensabile per la sopravvivenza, produce un grande dispendio di energia, in quanto per frenare le pulsioni aggressive l’individuo le getta dentro e le rivolge contro se stesso, dando luogo alla coscienza e al senso di colpa, che può restare inconscio, ma anche venire alla luce ed essere sentito come un disagio ineliminabile.

  • Filosofia del 1800

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