Riassunto schematico su Tommaso d'Aquino - Studentville

Riassunto schematico su Tommaso d'Aquino

Breve riassunto sul filosofo Tommaso d'Aquino.

Introduzione Tommaso fu forse il pensatore più importante del Medioevo e la sua influenza, nell’ambito della Chiesa cattolica, ò tuttora fondamentale. Era un uomo grande e grosso, bruno, un po’ calvo ed aveva l’aria pacifica e mite dello studioso. Per il suo carattere silenzioso lo chiamarono “il bue muto”. Tutta la sua vita fu spesa nell’attività  intellettuale e la sua stessa vita mistica la sua ricerca instancabile di Dio. Fu canonizzato nel 1323. Ragione e fede Per conoscere Dio, che supera la comprensione della ragione, non basta la sola ricerca filosofica, ma occorre che Dio stesso intervenga e si riveli in un linguaggio accessibile all’uomo. La Rivelazione – e dunque la fede cristiana – non annulla nè rende inutile la ragione. Inoltre le verità  scoperte dalla ragione non possono venire in contrasto con le verità  rivelate giacchè entrambe procedono da Dio, che ò luce e verità  somma. Qualora apparisse un contrasto, ò solo perchè si tratta di conclusioni false o non necessarie o non si ò indagato a sufficienza. La ragione può essere d’aiuto alla fede in tre modi: 1) dimostrando i preamboli della fede cioò quelle verità  la cui dimostrazione ò necessaria alla fede stessa (non si può credere in Dio se non si sa se esiste, se ò uno o molti ecc., il che può essere fatto dalla ragione); 2) chiarire mediante similitudini le verità  della fede, ad es. illustrando in un linguaggio accettabile i misteri della Trinità  e dell’ Incarnazione; 3) controbattere alle obiezioni che si possono fare alla fede dimostrando che sono false. Essenza ed esistenza, analogicità  e partecipazione Nel De ente et essentia Tommaso stabilisce il principio che, riformando la metafisica aristotelica, la rende “adatta” al cristianesimo: la distinzione reale tra essenza ed esistenza. Per Aristotele, potenza e atto corrispondevano a materia e forma. Secondo Tommaso invece l’essenza e l’esistenza stanno tra loro rispettivamente nel rapporto di potenza e atto. L’essenza (chiamata anche quiddità  o natura) comprende sia la materia che la forma perchè comprende tutto ciò che ò espresso nella definizione della cosa. Per es. l’essenza dell’uomo, definito “animal rationale”, comprende sia la materia (animal) che la forma (rationale). Dall’essenza si deve distinguere l’esistenza perchè si può comprendere che cosa sia un uomo o l’unicorno o l’araba fenice ma non ò ancora detto che quegli esseri esistono nella realtà . Dunque l’essenza e l’esistenza sono distinte e stanno tra loro nel rapporto di potenza e atto. L’essenza ò in potenza rispetto all’esistenza, mentre l’esistenza ò l’atto dell’essenza. Ecco ora il punto fondamentale: l’unione dell’essenza con l’ esistenza, ovvero il passaggio dalla potenza all’atto, ovvero l’individuo reale richiede per Tommaso l’intervento diretto e creativo di Dio. E’ solo Dio che può creare le cose facendole esistere; ò solo Dio che può realizzare il passaggio dalla potenza all’atto, ossia dalla essenza all’esistenza, e dare così origine alle varie creature, siano angeli o uomini o animali o piante ecc. Vi sono perciò tre modi in cui l’essenza ò nei vari esseri. In primo luogo, in Dio l’essenza ò uguale all’ esistenza. Solo in Dio essenza ed esistenza si identificano. In altre parole, l’essenza di Dio ò di esistere: Egli esiste necessariamente, ò eterno, ò l’unico essere necessario cioò non può non esistere, mentre tutti gli altri esseri dipendono da lui. Negli angeli, che sono puri spiriti e quindi dotati di sola forma e non di materia, l’essenza ò diversa dall’esistenza in quanto il loro essere ò creato e finito e si identifica con la sola forma. Infine, negli uomini, negli animali ecc., cioò nelle creature composte di materia e di forma, l’essenza ò comunque sempre distinta dall’esistenza ed esistono grazie all’intervento creativo di Dio. in sintesi, potremmo dire che Dio ò l’essere, mentre le creature hanno l’essere. Dunque il termine “essere” non ò lo stesso quando ò riferito a Dio o alle creature. Tra l’essere di Dio e quello delle creature non vi ò nè identità  nè assoluta opposizione bensì analogia. Le creature, in quanto esistenti, sono simili a Dio ma Dio non ò simile a loro: ecco il principio della analogicità  dell’essere (analogo = simile ma di proporzioni diverse). In più, le creature hanno l’essere perchè viene dato loro da Dio, il quale partecipa (=dona) loro l’esistenza. Così le creature hanno l’essere per partecipazione, mentre Dio ò l’essere per essenza. La distinzione fra l’essere creato e l’essere eterno di Dio porta con sè due importanti conseguenze. In primo luogo permette a Tommaso di salvaguardare l’assoluta trascendenza (superiorità , diversità , alterità , soprannaturalità ) di Dio nei confronti del creato e delle creature e di evitare ogni forma di panteismo (che identifica Dio col mondo). In secondo luogo, l’analogicità  dell’essere rende impossibile un’unica scienza dell’essere: accanto alla filosofia vi ò adesso la scienza che riguarda l’essere necessario e cioò la teologia, la quale ò superiore in dignità  a tutte le altre scienze, le quali, nei suoi confronti, diventano “ancelle della teologia”. Questo concezione porterà , fra l’altro, ad una graduale svalutazione dello studio della natura, che verrà  a fatica ripreso solo più tardi, nel Rinascimento e oltre. Le prove dell’esistenza di Dio o le “cinque vie” Anche se Dio ò il primo nell’ordine degli esseri, non ò però primo nell’ordine delle conoscenze umane, le quali iniziano dai sensi, mentre Dio ò invisibile. E’ dunque indispensabile dimostrare che Dio esiste pur essendo invisibile, partendo allora dagli effetti, dalle creature, dal mondo visibile e mostrando come essi non siano spiegabili se non rifacendosi a Dio. Le prove dell’esistenza di Dio devono essere perciò a posteriori cioò a partire dalla nostra esperienza del mondo e non a priori ( che parte dal concetto di Dio per dedurne l’esistenza, come l’argomento ontologico di S. Anselmo, che Tommaso rifiuta per motivi che vedremo più avanti). Tommaso elabora così “cinque vie” per giungere a dimostrare che Dio esiste. La prima via ò quella del moto, ed ò desunta da Aristotele. Essa parte dal principio che tutto ciò che si muove ò mosso da altro. Ora, se tutto ciò che ò mosso a sua volta si muove, bisogna che anch’esso sia mosso da un’altra cosa e questa da un’altra ancora. Ma non ò possibile andare all’infinito altrimenti non vi sarebbe un primo motore e neppure gli altri muoverebbero: infatti il processo all’infinito sposta solo il problema e non trova la ragione ultima del mutamento (in altri termini, il processo all’infinito spiegherebbe la trasmissione del moto ma non la prima origine e causa del moto). E’ dunque necessario arrivare ad un primo motore non mosso da altro, e “tutti riconoscono che esso ò Dio”. Da notare che questo moto non ò soltanto meccanico e fisico ma metafisico: dovunque c’ò moto e quindi divenire che non basta a se stesso, c’ò imperfezione che non ha in sè la sua spiegazione e richiede quindi l’intervento di Dio. La seconda via ò quella causale. Nel mondo vi ò un ordine tra le cause efficienti (causa efficiente ò ciò che da origine a qualcosa) ma ò impossibile che una cosa sia causa efficiente di se stessa, perchè altrimenti sarebbe prima di se stessa, il che ò assurdo. Anche in questo caso ò impossibile un processo all’infinito, dunque bisogna ammettere una prima causa efficiente “che tutti chiamano Dio”. Rispetto alla prima via, qui si tratta della causalità  efficiente, da cui dipende non solo il divenire ma l’ essere delle cose. Dunque Dio non ò solo il principio del divenire ma anche la causa, l’origine suprema di tutto ciò che esiste, che ò da Lui conservato e creato, pur senza eliminare l’azione delle cause secondarie. La terza via ò basata sul rapporto tra il possibile e il necessario. Vi sono cose che possono essere e non essere: infatti alcune nascono e finiscono, il che vuol dire appunto che sono possibili, possono essere e non essere. Ora, ò impossibile che tutte le cose di tal natura siano sempre state, perchè ciò che può non essere un tempo non esisteva. Se dunque tutte le cose possono non essere, in un dato momento non ci fu nulla nella realtà . Però, se questo fosse vero, anche ora non esisterebbe nulla, perchè ciò che non esiste non comincia ad esistere se non per qualcosa che già  esiste. Dunque non ò vero che tutti gli esseri sono possibili ma bisogna ammettere che nella realtà  vi sia anche un essere necessario, “e questo tutti dicono Dio”. La quarta via ò quella dei gradi di perfezione. Si trova nelle cose il più e il meno di ogni perfezione, cioò di bene, vero, bello ecc. Vi sarà  dunque anche il grado massimo di tali perfezioni e “questo chiamiamo Dio”. In altri termini, se gli enti hanno gradi diversi di perfezione, vuol dire che questi gradi non derivano dalle loro essenze, e dunque significa che li hanno ricevuti da un essere che dà  senza ricevere, perchè ò la fonte di ogni perfezione, e cioò Dio. La quinta via ò quella desunta dal governo delle cose. I corpi fisici (pianeti, stelle ecc. ) operano per un fine, come appare dal fatto che operano quasi sempre allo stesso modo per conseguire la perfezione; donde appare che non a caso, ma per una predisposizione, raggiungono il loro fine. Ora, ciò che ò privo di intelligenza non tende al fine se non perchè ò diretto da un essere conoscitivo e intelligente, come la freccia viene scoccata dall’arciere. Vi ò dunque un essere sommamente intelligente da cui tutte le cose naturali sono ordinate ad un fine, “e questo essere chiamiamo Dio”. La Trinità , l’incarnazione e la creazione dal nulla Le verità  fondamentali del cristianesimo – Trinità  e Incarnazione – non sono dimostrabili con la semplice ragione però la ragione può cercare di chiarire in misura sufficiente il loro contenuto, mostrando che quello che rivela la fede non ò impossibile. Per quanto riguarda il dogma della Trinità , la difficoltà  ò capire come l’unità  della sostanza divina si possa conciliare con la trinità  delle persone. Tommaso si serve a questo riguardo del concetto di relazione. Le persone divine sono costituite dalla loro relazione di origine: il Padre dalla paternità , cioò dalla relazione col Figlio; il Figlio dalla filiazione o generazione, cioò dal rapporto col Padre; lo Spirito dall’amore, cioò dalla relazione reciproca tra Padre e Figlio. Queste relazioni non sono accidentali in Dio (non vi può essere nulla di accidentale in Dio) ma reali: sussistono realmente nella essenza divina. Proprio l’essenza divina, dunque, nella sua unità , implicando le relazioni, implica la diversità  delle tre Persone. Nell’ Incarnazione, la difficoltà  sta nel comprendere la presenza, nell’unica Persona di Cristo, delle due nature, divina ed umana. Ora, l’essenza o natura divina ò identica con l’essere di Dio: Cristo ha natura divina ed ò appunto Dio, sussiste come Dio, come persona divina. Egli ò quindi una sola persona, quella divina. Data però la separabilità  di essenza ed esistenza, Cristo, in quanto Dio, ha potuto benissimo assumere la natura umana (cioò l’anima razionale ed il corpo) senza essere “persona” umana. Si ricordi, a questo riguardo, il significato dei termini “persona” e “natura”. La “persona” indica una realtà  distinta, che sussiste di per sè; la “natura” o “sostanza” o “essenza” indica ciò che ò in comune ad individui della stessa specie, che quindi non esiste in sè ma solo nelle “persone” a cui ò comune. Riguardo poi il problema della creazione dal nulla, Tommaso ritiene che non si possa dimostrare nè l’inizio nel tempo nè l’eternità  del mondo e perciò lascia via libera per credere alla creazione nel tempo. L’essere del mondo viene da Dio: il fiat divino ha dato origine alle cose ma non si inserisce in una successione temporale. E’ un atto creativo che chiama le cose all’essere o, meglio ancora, fa che l’essere sia.

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