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Se questo è un uomo

Trama e analisi di Se questo è un uomo di Primo Levi.

Trama

Levi scrive questo romanzo appena fa ritorno dal campo di concentramento di Auschwitz in Polonia, narrando tutti gli orrori e le follie che ha visto durante la sua permanenza al Lager.

Il racconto inizia quando l’autore è catturato dalle milizie fasciste nel dicembre del ’43 ed avviato temporaneamente nel campo di concentramento di Fossoli, nell’attesa di partire poi per la Polonia.
Tutti i prigionieri erano inconsapevoli di quello che avrebbero incontrato in seguito, ma se ne accorsero ben presto, quando iniziò il viaggio. Tutti i prigionieri furono stipate in vagoni merci in condizioni disumane: senza acqua, cibo e spazio per muoversi. Dopo questo terribile viaggio il treno arrivò ad Auschwitz dove gli uomini furono divisi da donne e bambini e si procedette alla selezione di chi era adatto a lavorare, e di chi era destinato alle camere a gas e ai forni crematoi di Birkenau.

Levi fa notare la beffarda scritta all’ingresso del lager “il lavoro rende liberi” che gli rimarrà impressa per tutta la vita. Appena arrivati i prigionieri intuiscono in quale inferno sono arrivati: assetati dopo tre giorni senza poter bere sono messi in una stanza con un rubinetto ma non possono bere perché l’acqua è inquinata. Sono cancellate le differenze individuali fra i prigionieri senza troppe spiegazioni: erano rasati, vestiti con casacche lacere tutte uguali e veniva tolto loro anche il nome: erano marchiati proprio come il bestiame con un numero indelebile, il loro unico simbolo di riconoscimento.

Levi si accorse ben presto delle condizioni del campo: i prigionieri erano spogliati dei loro averi, vestiti con misere casacche nel freddo inverno polacco, dovevano sottostare a ferrei regolamenti a volte anche dal sapore beffardo come fare alla perfezione i letti, rispondere sempre Jawol “sissignore” e non fare mai domande, che, se non rispettati, portavano a durissime punizioni.
Fra i vari internati del lager, criminali comuni e politici, gli ebrei erano quelli più disprezzati e maltrattati. Ogni giorno erano sottoposti ad un lavoro in condizioni di schiavitù alla fabbrica di Monowitz: senza sosta sotto le percosse dei tedeschi, e soprattutto dei loro Kapos i capi baracche che ,anch’essi prigionieri ma di “rango superiore”, responsabili della disciplina abusavano spesso dei loro potere dando sfogo all’aggressività più feroce per la gioia delle SS. Sostenuti solo da un tozzo di pane e un po’ di zuppa i prigionieri vivevano in baracche sovraffollate dove in una cuccetta dovevano dormire più persone; le latrine in condizioni igieniche disumane avevano scritte beffarde che incitavano all’igiene. Solo chi era in salute e sapeva ridurre al minimo lo spreco di forze ed energie poteva sperare di sopravvivere, altrimenti era destinato a morte certa.

I prigionieri sono distrutti come esseri umani, non hanno più nome ma solo un numero e pur di sopravvivere compiono qualunque atto, si deve imparare a rubare e a non essere derubati. Nel lager non c’è spazio per la solidarietà: arrivare vivi il giorno successivo è la cosa più importante per ogni prigioniero, nessuno pensa più al futuro o ha illusioni se quell’inferno finirà o no, non c’è tempo di pensare di riflettere si ciò che si è diventati. Tutto diventa utile nel lager e anche l’oggetto più insignificante può essere fondamentale. Nasce così un commercio di oggetti di ogni genere: fil di ferro per legare le scarpe, razioni di pane in cambio di un cucchiaio…. Nonostante ciò Primo conosce alcune persone con le quali intreccia buoni rapporti e ringrazia di aver avuto amici come Alberto e Lorenzo che lo hanno aiutato a sopravvivere.

Lorenzo in particolare era un muratore italiano che lavorava per un’impresa che aveva trasferito ad Auschwitz e fornisce a Levi per sei mesi piccoli aiuti e conforti senza ricevere nulla in cambio. Egli ricorda anche l’aiuto che i civili della Buna diedero ai prigionieri spesso fu fondamentale per la sopravvivenza

Durante l’estate del 1944 la vita nel lager ha una speranza in più perché circolano voci sulle prime disfatte tedesche e nei prigionieri nasce l’illusione di poter essere liberati prima dell’arrivo dell’inverno. Le speranze andarono deluse e così l’inverno sopraggiunse e con esso le selezioni per la camera a gas sempre più frequenti. Levi riesce a superare l’inverno perché grazie alle sue conoscenze in chimica e arruolato in un reparto dove le condizioni erano meno massacranti.

L’autore divide i prigionieri in due categorie: i sommersi e i salvati.
I sommersi sono gli inetti, coloro che non sanno adattarsi all’ambiente del lager e soccombono perché eseguono passivamente tutti gli ordini, non mangiano nulla extra-razione, non sanno una parola di tedesco e non riescono quindi a districarsi tra regolamenti e proibizioni.
Appartiene alla categoria dei sommersi la grande maggioranza dei prigionieri, una massa anonima di esseri vuoti, stanchi, indifferenti.
I salvati sono gli individui che Darwin avrebbe definito adatti: i forti, gli astuti, coloro che riescono ad “aguzzare l’ingegno, indurare la pazienza, tendere la volontà”. Essi cercano di diventare dei Prominenti, perché da un incarico o da una mansione specialistica deriva sempre qualche privilegio e quindi qualche possibilità di sopravvivenza; inoltre sono di solito degli organizzati, nel senso particolare che questa parola assume nel gergo del Lager, cioè escogitano gli espedienti più vari per procurarsi cibo o altri articoli che possano essere cambiati con cibo oppure usati per attutire i disagi. …

Lo stesso Primo Levi è un salvato. Infatti, grazie ad alcune circostanze fortunate, come la ferita al piede e la scarlattina, trascorre due periodi in Ka-Be, al riparo dal freddo, ma soprattutto, grazie alla sua laurea in chimica, è ammesso al Laboratorio chimico come operaio specializzato e può lavorare in condizioni umane. Essere dei salvati, però, non vuol dire essere uomini, vuol dire solo saper escogitare qualcosa per non morire. Questo tema sarà ancora meglio ripreso nell’ultimo romanzo che Levi pubblicherà proprio dal titolo ” I Sommersi e i Salvati”

Levi si ammalò di scarlattina nel gennaio 1945 pochi giorni prima dell’arrivo dei Russi e questo gli salvò la vita. Infatti, tutti i prigionieri sani furono portati via e poi giustiziati per non lasciare testimonianza di ciò che si era compiuto, ma i malati dell’infermeria furono abbandonati al loro destino. Dopo essere sopravvissuti dieci giorni con quel poco che rimaneva nel campo abbandonato, Levi e gli atri superstiti furono trovati dai russi.
Da qui inizia il lungo e tormentato viaggio di ritorno di Levi verso casa che verrà narrato ne “La tregua”

Commento

“Se questo è un uomo” è la dimostrazione di quanto possono arrivare la follia e la crudeltà nell’uomo e di come un individuo possa essere distrutto nella sua identità e dignità. Il titolo del romanzo deriva da una poesia scritta all’inizio del libro. Con questa, rivolgendosi a chi queste esperienze non le ha vissute, chiede se può essere considerato uomo chi vive in condizioni massacranti, picchiato, costretto a lottare per un pezzo di pane e avere la vita decisa per un “sì” o un “no” alle selezioni per le camere a gas. Il titolo però si può estendere anche a chi ha commesso queste atrocità fino all’ultimo su chi non poteva difendersi, pur di seguire le regole di un’ideologia. Non è possibile definire uomo un essere in cui l’odio e la mancanza di dignità arrivino al livello dei lager.

Il linguaggio usato nel romanzo è semplice e immediato le descrizioni sono molto realistiche per trasmettere al lettore ciò che si provava nel Lager in modo diretto.
Penso che questo libro ci debba far riflettere perché i fatti accaduti allora non si debbano mai più ripetere in nessuna parte della Terra, è un monito alla memoria per evitare di sbagliare ancora.

Poesia “Se questo è un uomo”:

“Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.”

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