Storia della Dominazione Inglese in Irlanda - Studentville

Storia della Dominazione Inglese in Irlanda

Gli avvenimenti durante dominazione inglese in Irlanda fino ai Troubles.

ESULI E COLONI

L’inizio della dominazione inglese in Irlanda si può collocare nella seconda metà del 1100 quando il sistema politico molto fragile non riuscì a contenere le spinte autonomistiche dei vari  signori  feudali che, oltre a combattere fra di loro, occasionalmente riuscirono a cementare alleanze in grado di mettere in difficoltà il sovrano.
Ciò accadde nel  1169, quando un re in difficoltà, Dermot Macmurrough, chiese aiuto al conte di  Pembroke. Le sue  truppe nel  giro di poco tempo  occuparono la regione di Dublino. In realtà dietro il conte  vi era  Enrico II re d’Inghilterra che inviò nell’isola feudatari anglo-normanni e si fece riconoscere sovrano d’Irlanda.

Negli  anni della Riforma i rapporti fra Inghilterra e Irlanda si fecero ancora più difficili, mentre la Corona inglese si apriva all’influenza dei riformatori, i grandi signori irlandesi rimanevano fedeli a Roma.
Una prima affermazione della Riforma si ebbe nel 1536, quando il Parlamento approvò un atto che riconosceva Enrico VIII “il solo, supremo capo nel cuore  dell’intera Chiesa d’Irlanda”.
Ed il  sovrano, che ormai aveva  assunto il titolo di re  d’Irlanda, tenne fede  al suo titolo muovendo una vera e propria guerra contro i cattolici d’Irlanda. Fu una campagna molto violenta: i monasteri vennero distrutti, molti abitati  dati alle fiamme, i  tradizionale modelli di produzione economica sconvolti.

Alla fine del 1500 giunsero sull’isola i primi gruppi scozzesi, quasi come pionieri in vista di un vero piano di colonizzazione che passerà alla storia con il nome di plantation.
Nell’interpretazione protestante della plantation, i coloni giunsero in un Ulster poco popolato, vi costruirono città e opifici dando così impulso all’economia e sfruttando nel modo adeguato le risorse che le popolazioni native non erano riuscite a valorizzare.
Nella storiografia e nella percezione cattolica fu esattamente l’opposto, l’inizio di una colonizzazione sistematica e violenta delle terre irlandesi: due letture opposte che ancora oggi alimentano miti e rivendicazioni.

La situazione si aggravò nel 1641 con una sommossa popolare sotto le bandiere dei Cattolici confederati d’Irlanda appoggiati dal Papa che ne lodava “il fervore e la costanza contro gli eretici”.
Il governo inglese riuscì a  riprendere il controllo della situazione solo con una impegnativa operazione militare che fece registrare molti massacri di massa.

Nel 1649, l’Irlanda vide una nuova campagna militare, questa volta sotto le insegne repubblicane di Oliver Cromwell: a Drogheda e Wexford si consumarono veri e propri eccidi contro popolazioni civili cattoliche che segnarono la fine di ogni resistenza irlandese. Ne seguì la confisca delle terre dei ribelli e dei grandi proprietari  che li avevano sostenuti.
Il bilancio di quegli anni è tra i più pesanti della storia irlandese: tra il 1641 ed il 1652 il conflitto, la miseria e la carestia avevano ucciso circa 112.000 protestanti e 504.000 cattolici.

“PRO LIBERO PARLAMENTO”

Nel 1685 saliva al trono Giacomo II Stuart, sovrano di fede dichiaratamente cattolica e non sufficientemente accorto da accettare e rispettare i delicati rapporti politici e religiosi che si erano consolidati dopo la Rivoluzione di Cromwell. Giacomo II tentò una “ricattolicizzazione” del suo regno. In questo tentativo, si colloca la nomina a viceré d’Irlanda del conte di Tyrconnel, di provata fede cattolica.
Dopo diversi errori commessi, il re fu detronizzato e venne incoronato re d’Inghilterra Guglielmo d’Orange. Il deposto Giacomo si rifugiò in Francia dove cercò di tessere le fila della resistenza irlandese e cattolica a Guglielmo d’Orange.
La battaglia decisiva tra il condottiero protestante e l’ormai ex sovrano cattolico avvenne nel 1690 nell’Irlanda meridionale. La vittoria dell’Orange legittimava e garantiva di nuovo la presenza protestante in Irlanda; per la comunità cattolica ciò implicò l’inizio di un nuovo ciclo di persecuzioni.
Vennero infatti varate le “Leggi penali” che vietavano ai membri della Chiesa di Roma di sedere in Parlamento, di occupare cariche di governo, di aprire una scuola o di celebrare liberamente il proprio culto.

RISORGIMENTO IRLANDESE

Un decisivo passaggio per la storia irlandese si realizzò nella seconda metà del 1700, nel clima culturale e politico idealmente segnato dalla Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti del 1776 e dalla Rivoluzione francese.
Sin dal XV secolo esisteva un Parlamento irlandese, in cui sedevano cattolici e presbiteriani, con poteri assai limitati.

Nel 1768, a prova della coscienza nazionale che andava affermandosi e che metteva in discussione i tradizionali assetti politici ed istituzionali e poneva con forza la questione giuridica dei diritti dei cattolici e dei presbiteriani, l’assemblea parlamentare respinse un decreto finanziario imposto dall’Inghilterra con la motivazione che “non aveva avuto origine in questa Camera”.
Infatti fino a questo momento i presbiteriani erano stati esclusi per legge dalla vita politica e dai privilegi dell’oligarchia dirigente; d’altra parte le industrie irlandesi, per altro in mano ai protestanti anglicani, soffrivano delle limitazioni commerciali imposte dall’Inghilterra.
In questa situazione ebbe origine una rivolta fra i protestanti, che fecero appello agli irlandesi, senza distinzione di credo, per formare un’unione contro la politica commerciale inglese. Capo di questa prima fase dell’opposizione irlandese al governo di Londra fu un protestante, Henry Grattan.

L’espressione più rilevante dell’opposizione irlandese – cattolica e protestante – al dominio inglese fu costituita, a partire dal 1791, dalla società degli United Irishmen sorta per unire l’intero popolo d’Irlanda.
Gli United Irishmen, capeggiati da Wolfe Tone, un anglicano passato tra le file presbiteriane, e William Drennan, raccolsero ampi consensi fino al 1798 quando nell’Associazione prevalse una strategia radicale di scontro frontale con il potere inglese che produsse una sommossa popolare.
Il Sinodo della chiesa  presbiteriana irlandese decise di “attestare l’inviolabile attaccamento dei presbiteriani d’Irlanda alla Monarchia, consigliata dalla nobiltà ereditaria e sostenuta e controllata da una Camera elettiva rappresentante dei Comuni”. La sollevazione fu sedata e alcuni dei suoi capi, fra i quali Tone, furono uccisi o incarcerati.

Nel 1800 il primo ministro William Pitt, rendendosi contò della gravità della “questione irlandese”, emanò l’Act of Union, con il quale si unificavano il Parlamento inglese e quello irlandese e nello stesso tempo si mitigavano le restrizioni sul commercio e le imposizioni fiscali; ma queste misure furono troppo tardive e parziali per poter risolvere la questione, infatti l’opposizione irlandese trovò in Daniel O’Connell un nuovo leader, questa volta cattolico. Credeva nei metodi istituzionali, ma si rendeva conto dell’importanza dell’agitazione di piazza e dei movimenti di massa: da qui la nascita dell’Associazione Cattolica. Nel 1823 O’Connell si candidò nella contea di Clare: il forte sostegno popolare dell’Associazione cattolica determinò il suo successo sul rivale, uno dei più grandi proprietari terrieri irlandesi, protestante, ma a favore dell’emancipazione politica dei cattolici.
Essendo cattolico, l’elezione di O’Connell, doveva ritenersi nulla, ma il caso politico che ne nacque spinse il governo inglese a votare un provvedimento di emancipazione politica dei cattolici.

LA GRANDE CARESTIA

Il dato più rilevante di quegli anni fu tuttavia economico. La rivoluzione industriale nelle contee nord-orientali dell’Ulster, favorita dalla facilità di approvvigionamento di carbone grazie alla vicinanza dei giacimenti scozzesi, allontanò ulteriormente gli interessi delle varie regioni dell’isola: da una parte il Sud che viveva di una modesta agricoltura e di una discreta pastorizia; dall’altra ampie regioni del Nord ormai industrializzate e quindi interessate ad un pieno inserimento in un sistema economico ampio e vitale.
In questo nuovo quadro,  i protestanti dell’Ulster erano molto più freddi nei confronti della causa dell’indipendenza irlandese ed anzi, anche alcuni dirigenti della Chiesa presbiteriana la avversavano con forza.

La controversia politica verteva sull’Act of Union del 1801, infatti al Parlamento di Westminster si era costruita una fazione di abrogazionisti capeggiati da O’Connell. Il movimento finì per assumere le caratteristiche di una sommossa popolare, immediatamente repressa. I protestanti dissidenti, guidati da Henry Cook, avevano scelto un’altra strada, favorevole all’unionismo.
Lo scontro appena iniziato fu aggravato dalla grave carestia del 1845 che provocò un decremento demografico di oltre un milione di persone.
Come ovvio, la miseria colpì soprattutto le regioni agricole che si concentravano nel centro-sud ed erano quindi cattoliche.
A niente valse l’iniziativa del primo ministro Robert Peel che ordinò l’importazione di mais; il provvedimento fu bloccato dal Ministro del tesoro Trevelyan che impedì una distribuzione di alimenti base.
“Se gli irlandesi scoprono che vi sono casi in cui possono sperare di avere elargizioni gratuite da parte del governo, finiremo per avere un numero di mendicanti quale il mondo non ha mai conosciuto”.
Se Peel aveva almeno tentato la carta dell’importazione del mais, il suo successore, Lord Russel, dichiarò di non credere che  “nella presente sfortunata situazione dell’Irlanda, questo Parlamento possa fare alcunché per prevenire le terribili scene di sofferenza e di morte che si verificano nell’isola”
Nella visione nazionalistica di quella tragedia, la catastrofe naturale della crisi della
produzione delle patate fu aggravata  da un intento “genocida” mirante ad eliminare la sovrappopolazione di alcune aree agricole.

Ancora una volta una questione economica richiamava implicazioni politiche, le quali rimandavano al conflitto tra cattolici e protestanti. Negli anni più duri della carestia una nuova polemica infiammò gli animi delle due comunità: i cattolici accusarono le associazioni umanitarie e filantropiche protestanti di strumentalizzare il bisogno della gente per i loro intenti proselitistici: una zuppa per una conversione religiosa.

La crisi economica costituì uno stimolo per la nascita di movimenti nazionalisti che si organizzavano in associazioni segrete: una delle più importanti fu la Fratellanza repubblicana, più nota come Fenians. Si trattava di una vera organizzazione rivoluzionaria che aveva come obiettivo l’istituzione di una repubblica irlandese unita: nel 1867 promosse una rivolta che, come le precedenti fu repressa nel sangue.

“HOME RULE, ROME RULE”

Nell’ambito della comunità cattolica, si rafforzavano i movimenti autonomistici che rivendicavano l’Home Rule, l’autogoverno dell’Irlanda. La grande maggioranza del protestantesimo irlandese aveva ormai scelto un’altra strada, quella dell’unionismo e della fedeltà alla Corona britannica e replicava che l’Home Rule avrebbe implicato un Rome Rule, cioè il governo della chiesa cattolica romana. I protestanti erano concentrati nella zona nord-orientale, quella delle industrie, e l’Home Rule avrebbe implicato un ridimensionamento dei loro privilegi.

Quindi, mentre i ceti agricoli meridionali, di tradizione cattolica, optavano per la piena autonomia da Londra ricorrendo a forme di lotta sempre più radicali, la borghesia industriale delle sei contee orientali dell’Ulster, di tradizione protestante, trovava nell’unionismo la forma politico-istituzionale più coerente con i propri interessi e le proprie aspirazioni.
Nonostante il forte contrasto tra le due fazioni, molti protestanti si spesero a favore della causa dell’autogoverno irlandese. La personalità politica più rilevante fu C.S. Parnell: protestante e proprietario terriero, divenne in poco tempo capo del partito dell’Home Rule a Westminster dove entrò nel 1875.

LO SCONTRO ED UN COMPROMESSO

Nel 1892 il Primo Ministro Gladstone sostenne il partito dell’Home Rule, ma un pacchetto a favore di una relativa autonomia dell’Irlanda fu bocciato alla Camera dei Lord.
Solo nel 1912 il Parlamento Inglese avrebbe approvato un decreto che riconosceva l’autonomia irlandese, ma le reazioni dei movimenti unionisti e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale bloccarono il progetto prima che potesse diventare operativo.

Nel 1884, per promuovere la diffusione degli antichi giochi gaelici e per il reclutamento di volontari dediti alla causa dell’indipendenza, venne fondata la Gaelic Athletic Association.
Nel 1907, nacque il Sinn Féin, negli stessi anni nascevano anche le organizzazioni paramilitari come l’Irish Citizen Army, l’Irish Republican Brotherhood e gli Irish Volunteers a promuovere l’insurrezione di Pasqua del 1916. Tra i promotori dell’insurrezione James Connolly, Eamon de Valera e Michael Collins.

Il movimento nazionalista irlandese insorse a Dublino e proclamò una repubblica irlandese indipendente. Gli inglesi reagirono imponendo la legge marziale; 3000 persone furono arrestate e novanta condannate a morte tra cui Connolly stesso.
La sconfitta militare dell’insurrezione non segnò la fine del movimento politico che l’aveva animata. Al contrario nel 1918 il Sinn Féin ottenne 73 dei 105 seggi spettanti all’Irlanda. Una importante affermazione che il partito unionista utilizzo rifiutandosi di ricoprire  i seggi a Westminster e costituendo a Dublino un Parlamento irlandese.

Il conflitto che ne nacque fu risolto con la spartizione dell’isola: sei contee nordorientali, abitate  da una popolazione per due terzi protestante, sotto il governo di Londra; le restanti 26 contee, di tradizione cattolica, l’Irish Free State, si sarebbero date un parlamento autonomo che comunque avrebbe aderito al Commonwealth britannico. Infine un “Consiglio irlandese”, composto da rappresentanti di tutte le contee dell’isola, avrebbe dovuto affrontare le questioni di comune interesse.
La partizione dell’isola accorpava sei contee che comprendevano solo una parte dell’antica provincia dell’Ulster: al conto difatti, mancavano il Donegal, il Cavan e il Monaghan, che però risultavano abitate in assoluta prevalenza da cattolici favorevoli alla causa nazionalista. La loro inclusione nell’area che rimaneva sotto il controllo di Londra avrebbe messo a rischio la causa protestante e unionista.

Il Trattato angloirlandese del 1921, che ratificò questo accordo, fu accolto positivamente solo da una parte del movimento nazionalista; per alcuni, infatti, la partizione dell’isola costituiva una rinuncia alle sei contee del Nord-est e quindi una ferita all’ideale di un’Irlanda unita e indipendente. Da questo scontro scaturì una vera e propria guerra civile che si risolse con l’affermazione del partito favorevole al Trattato.
Sin dall’inizio fu evidente che nascevano due nazioni separate e profondamente divise. Le sei contee dell’Ulster si sentirono subito minacciate dalla violenza terroristica dell’IRA, che promosse una campagna militare tesa a delegittimare l’autorità del governo che si era insediato. Ma al di là dell’aspetto militare del conflitto, che contribuì a diffondere all’interno della comunità protestante la percezione dell’assedio quasi come ai tempi della resistenza di Derry, l’assetto che si era determinato conteneva una sorta di paradossale contraddizione: per i nazionalisti che risiedevano nel Libero Stato d’Irlanda (Eire), la comunità protestante costituiva una minoranza in un’Irlanda non ancora unificata; all’opposto i “protestanti” delle contee dell’Ulster si consideravano uno maggioranza in uno stato che aveva legittimamente scelto la strada dell’unionismo con la Corona inglese.
Questa contraddizione ha alimentato e, in un certo senso, legittimato due vere e proprie tragedie: il terrorismo dei gruppi paramilitari e la tendenza a considerare l’Eire lo “Stato dei cattolici” e l’Ulster il dominio dei “protestanti”.  

Nel 1937 la Repubblica d’Irlanda approvò una Costituzione che, all’articolo 44, riconosceva espressamente il ruolo particolare della chiesa cattolica romana all’interno dello Stato, i cui insegnamenti dottrinali finivano per costituire la falsariga legislativa riguardo a questioni come il diritto di famiglia, il sistema scolastico, e ovviamente il divorzio e l’aborto. Sino al referendum del 1995, ad esempio, l’articolo 42 della Costituzione prevedeva che “nessuna legge sarà promulgata a favore dello scioglimento del matrimonio”.
L’articolo 2 affermava che “il territorio nazionale consiste nell’intera isola, l’Irlanda”; la comunità unionista del Nord lo ha sempre interpretato come un esplicito sostegno all’IRA  e ad altre fazioni repubblicane che perseguivano l’obiettivo della riunificazione con metodi violenti e terroristici.

Partiti e gruppi  protagonisti nella lotta anglo-irlandese

SINN FÉIN

Il moderno repubblicanesimo  ha le sue origini nel movimento degli ‘United Irishmen’ nel 1790. Prendevano ispirazione dalla Rivoluzione Francese e combattevano per la rottura del legame politico tra Irlanda e Gran Bretagna, credendo che solo un Irlanda indipendente potesse garantire uguaglianza e prosperità al popolo irlandese.
Il nome Sinn Féin (noi stessi) emerse per la prima volta nei primi del ‘900: era una federazione di gruppi nazionalisti e in particolare tutti i nazionalisti a sinistra del partito parlamentare irlandese a Westminster divennero popolari come ‘Sinn-Féiners’. La stampa del tempo chiamò l’insurrezione del ’16 “la ribellione dello Sinn Féin”.
Il partito dello Sinn Féin riorganizzato nel 1917 si basava sulla richiesta di una repubblica irlandese. Vinse le elezioni generali del 1919 e creò l’Assemblea d’Irlanda. In seguito ai tre anni di guerriglia condotti dal governo repubblicano clandestino il partito si spaccò nel 1922 a causa del Trattato che aveva frazionato l’Irlanda.

Attraverso gli anni ’20, dopo una devastante guerra civile, lo Sinn Féin continuò come partito repubblicano. L’abbandono del leader Eamon de Valera per formare il Fianna Fàil nel 1926 significò che sarebbe rimasto un piccolo partito assenteista per i prossimi 20 anni. Le sue fortune decaddero e si spensero nei tardi anni ’50, inizio anni ’60 con una lotta di confine dell’IRA, durante la quale raggiunge qualche successo elettorale.

Negli anni ’60 lo Sinn Féin adottò una posizione più radicale riguardo agli affari socioeconomici e lottò politicamente per guadagnare consensi su altri temi oltre a quello della  partizione. Ma non essendoci un  accordo all’interno del partito sulle trattative con il  Movimento dei Diritti Civili e in seguito allo scoppio del conflitto nelle sei contee, si verificò una nuova rottura. Una sezione dello Sinn Féin stava abbandonando la volontà repubblicana di un completo ritiro inglese e diventò quello che sono ora i Democratici di Sinistra (Democratic Left) e il Partito dei Lavoratori (Workers Party).
Lo Sinn Féin che emerse nel 1970, popolarmente conosciuto come ‘Provisional’ Sinn Féin si sviluppò attraverso gli anni ’70 e ’80 nel partito che è tutt’oggi. Si trovava in  prima linea nella resistenza del popolo nazionalista delle Sei Contee, quando vide la sua pacifica richiesta di diritti civili scontrarsi con la violenza dello stato. Lo Sinn Féin assunse ancora una volta il ruolo del principale portavoce del ritiro inglese e di un Irlanda composta da 32 contee e lottò per le strade irlandesi negli anni ’70.

Fu solo nei primi anni ’80 che la sfida dello Sinn Féin come una reale forza politica e un elemento centrale nella lotta repubblicana fu veramente avvertita. La rivalutazione della strategia e della riorganizzazione che risultarono dalla massiccia campagna in sostegno ai prigionieri repubblicani nei Blocchi H e ad Armagh, prima e durante lo sciopero della fame del 1981 (in cui morirono dieci prigionieri), ne favorirono lo sviluppo negli anni ’80.
Nonostante gli sforzi degli avversari politici, specialmente del governo inglese, che ha adottato molte misure per frenare il suo successo elettorale, lo Sinn Féin durante gli ultimi tredici anni è stato una formidabile forza elettorale. Fin dal 1982 il partito ha contestato ventuno elezioni in tutta l’Irlanda.
Nelle Sei Contee lo Sinn Féin ha conquistato il 60% dei voti dell’elettorato totale e il 40% di quello nazionalista. Nelle 26 contee, l’alternativa repubblicana è stata consistentemente sostenuta anche quando il partito era censurato, demonizzato e in mancanza delle risorse finanziarie dei partiti di Stato.
Le elezioni nelle Sei Contee sono state condotte sotto condizioni tali che i candidati non potevano accedere ai media e i vari componenti degli entourages erano tormentati, arrestati e uccisi.
Lo Sinn Féin è un partito politico legale in tutte le  32 contee con un ampio raggio di politiche, non solo legate alla questione irlandese ma  a tutto ciò che riflette i temi politici, economici e sociali del paese.
La partizione ha causato devastazioni politiche, economiche e sociali in tutta l’isola. La separazione delle due economie ha contribuito alla dipendenza dei due stati dagli scambi con l’estero, e sono risultate sottosviluppate dal punto di vista industriale, con un alto tasso di disoccupazione, di emigrazione e di povertà in tutte le 32 contee.

Gli obiettivi dello Sinn Féin sono di portare a termine l’autodeterminazione nazionale e la creazione di una repubblica socialista con un economia democratica basata su principi della Proclamazione del 1916, il Programma Democratico del 1919 e ciò in cui credevano Tone, Pearse e Connolly.
Lo Sinn Féin ha una politica radicale per quanto riguarda l’autodeterminazione, la neutralità, l’Unione Europea, l’occupazione, i diritti dei lavoratori e la disoccupazione, le relazioni con  l’industria, la privatizzazione, l’emigrazione, l’agricoltura, la povertà, le donne, l’ambiente, la pesca, la cultura, i governi locali, la salute ed i servizi sociali, l’educazione, la lingua irlandese e i temi di politica internazionale.

Il partito combatte anche sui alcuni temi della giustizia venuti alla luce dopo la ripartizione, inclusa la discriminazione sul posto di lavoro, la censura, i problemi dei carcerati, e le legislazioni repressive.
Il coinvolgimento dello Sinn Féin nel tentativo di ricostruire lo sfinito processo di pace ha le sue origini negli anni ’80. Fu allora che lo Sinn Féin cercò di intavolare un dialogo con il maggior numero possibile delle parti in gioco allo scopo di affermare una giusta e duratura pace in Irlanda. Questo impegno iniziò con l’SDLP con il suo leader John Hume. Arrivarono a includere il governo britannico nei negoziati segreti con Martin McGuinness dello Sinn Féin dal 1991 al 1993 con il governo irlandese. E’ attraverso l’impegno dell’SDLP, il governo di Dublino che l’Iniziativa di Pace per l’Irlanda (Irish Peace Initiative)  è emersa.

Il 31 agosto del 1994 l’IRA ha compiuto il coraggioso, e senza precedenti, passo di dichiarare la cessazione di ogni operazione militare. Ciò ha fornito una nuova visione nella quale poter tentare di ricostruire un nuovo futuro basato su giustizia e pace.
Sfortunatamente il governo inglese ha fallito il suo impegno nel processo di pace e così facendo ha incoraggiato il partito unionista  ad adottare la stessa negativa attitudine. E’ stata questa attitudine e il fatto che prevaricavano e si mettevano in mostra in ogni tappa del processo, riluttanti a rispondere con generosità ed elasticità come promesso, che ha causato l’inevitabile collasso delle trattative.
L’IRA nella sua dichiarazione durante la quale annunciò la ripresa delle attività militari ha proclamato che “Invece di abbracciare il processo di pace, il governo inglese ha operato in cattiva fede con il Primo Ministro Major ed i leaders del partito Unionista sprecando l’opportunità senza precedenti di poter risolvere il conflitto”.

Lo Sinn Féin è rimasto sconvolto dalla fine del cessate il fuoco dell’IRA. Rimane fermamente attaccato alle proprie strategie di pace ed al bisogno di ridare vita al processo di pace. La meta del partito è quella di creare la pace tra le popolazioni dell’isola. Ciò che viene richiesto è un processo che abbia un senso dal punto di vista del dialogo e delle trattative senza precondizioni. Il governo inglese non avrebbe dovuto continuare a perseguire politiche che hanno abusato del processo e che continuano a ritardare gli obiettivi di assicurare un reale consenso irlandese.

IRA

E’ sempre esistita una tradizione di resistenza armata contro l’occupazione militare e politica britannica. Questa tradizione generalmente trova un’effettiva espressione solo quando, dopo un periodo di agitazione non armata, larghe sezioni delle popolazioni irlandesi, di fronte al rifiuto del governo inglese alla richiesta dell’indipendenza irlandese, esercitarono il diritto di seguire la lotta armata.
Questo fu il caso dell’organizzazione dal quale traggono origine i moderni Indipendentisti Irlandesi, l’United Irishmen del 1790. Ispiratosi dall’esempio della guerra d’Indipendenza americana e dagli ideali democratici della Rivoluzione Francese, l’United Irishmen cercò di unire il popolo irlandese in un comune sforzo per raggiungere l’eguaglianza e la libertà. Scegliendo inizialmente mezzi non violenti per conseguire i loro obiettivi, l’United Irishmen si trovò subito di fronte reazioni repressive da parte del governo inglese. Fu solo allora che esercitarono il loro diritto di popolo irlandese di difendere la propria libertà con l’uso delle armi. Fu un esempio che fu ripreso molte volte nel secolo e mezzo che seguì.

Le rivolte armate contro il governo inglese ebbero luogo nel 1798, 1803, 1848 e nel 1867. Gli anni che vanno dal 1803 al 1848 hanno visto il popolo irlandese mobilitarsi in uno dei primi movimenti di massa per le riforme politiche nella storia europea. Le richieste d’indipendenza, nonostante fossero state democraticamente espresse dalla maggioranza della popolazione, furono respinte dal governo di Londra.

L’eredità di questo periodo è stata raccolta dalle successive generazioni dei patrioti Irlandesi ed il Movimento Feniano della seconda metà del 19° secolo ottenne molti consensi in Irlanda ed in America per il suo programma che prevedeva la lotta armata per ottenere una Repubblica d’Irlanda.
La rivolta del 1867 fu sbaragliata e altri 49 anni dovettero passare perché i nazionalisti tentassero una nuova resistenza armata.

Quei 49 anni misero in luce il più intenso periodo di agitazioni per l’indipendenza. 
Scossa dalle politiche elettorali e dai tentativi di riforma, e dal Partito Irlandese nel dibattito di camera alla Camera dei Comuni inglese, la lotta vide la schiacciante maggioranza della popolazione irlandese di nuovo esprimere il proprio desiderio di indipendenza dal Regno Unito. Ma la legislazione per l’Home Rule fallì nel 1886 e nel 1893.
Nei primi del Novecento c’era un piccolo gruppo organizzato per l’insurrezione armata dei nazionalisti e gli Unionisti ed i Conservatori organizzarono un’importazione illegale di armi e garantirono la resistenza armata contro l’Home Rule.

L’Ulster Volunteer Force (UVF) fu creata nel 1913.
Con sgomento dei nazionalisti i leader dei partiti unionisti guidavano apertamente le ribellioni contro il governo che loro stessi avevano eletto.
Questo fu lo sfondo dell’affermazione dell’organizzazione che prese il nome di Irish Republican army. I Volontari Irlandesi (Irish Volunteers) furono stabiliti nel novembre del 1913 per  “proteggere e mantenere i diritti e le libertà comuni a tutto il popolo d’Irlanda”.

Nel 1914 all’UVF fu permesso di importare armi senza essere ostacolata dalle forze della Corona inglese. Quando il governo Liberale pianificò di usare le milizie inglesi per contrastare, se necessario, l’UVF, i più alti ufficiali si dimisero e il governo cadde. Dall’altra parte quando gli Irish Volunteers importavano armi in piccole quantità, venivano attaccati dalle forze della Corona, che uccidevano molti civili per le strade di Dublino.
Quando scoppiò la guerra in Europa una parte dell’Irish Volunteers fu mandata a combattere a fianco dell’esercito inglese, mentre una parte rimase a pianificare quello che sarebbe stato l’evento decisivo nella storia dell’indipendenza irlandese, l’Insurrezione di Pasqua.

L’IRA proclamò una Repubblica indipendente e garantì ai repubblicani “pari diritti e pari opportunità” per tutto il popolo irlandese. L’insurrezione di Pasqua fu repressa una settimana dopo e 16 dei suoi leaders furono giustiziati.
In questo momento la fiducia dei nazionalisti nel partito dell’Home Rule si indebolì fortemente. Videro anni di agitazioni parlamentari opporsi alla minaccia della forza; videro i leaders dell’Home Rule aderire ai piani del governo inglese per la ripartizione dell’Irlanda.
Nel 1918 videro la minaccia della coscrizione imposta. La grande maggioranza della popolazione votò, nelle Elezioni Generali di quell’anno, per lo Sinn Féin che cercò di stabilire una Repubblica d’Irlanda.

Riorganizzati nel 1917, gli Irish Volunteers trovarono un gran numero di consensi. Ma non fu prima del 1919 che una nuova ondata di guerriglia prese inizio. Ancora una volta questo avvenne dopo che il governo inglese ebbe rifiutato l’opportunità di riconoscere la volontà democraticamente espressa dal popolo irlandese.

Nel gennaio del 1919 lo Sinn Féin organizzò un parlamento irlandese indipendente- il Dáil Eireann- e dichiarò la sovranità dell’Irlanda come Repubblica. Creò istituzioni autonome incluso un governo centrale, dipartimenti ministeriali e tribunali repubblicani. Gli Irish Volunteers divennero l’Esercito della Repubblica, sotto il comando del ministero della difesa e giurarono fedeltà al Dáil Eireann.
La risposta inglese fu di proibire tutte queste nuove istituzioni e di dichiarare guerra alla nuova democrazia irlandese.

Questo periodo vide molte reazioni nei confronti della campagna intrapresa dalla Corona inglese contro l’Irlanda. Tre sindaci di città irlandesi, tutti membri dell’IRA, vennero assassinati dagli Inglesi. La legge marziale fu dichiarata quasi dappertutto nel paese; strade, negozi, fabbriche di molte città furono rase al suolo o bruciate; ci furono esecuzioni tra i carcerati e torture all’interno dei campi d’internamento. Di risposta l’IRA intraprese una campagna di guerriglia contro le truppe scelte inglesi, gli Auxiliares e i Black and Tans.
La tattica usata in questo periodo è diventata poi un modello esemplare di questo genere di guerre. La lotta popolare irlandese, sia dal punto di vista civile che militare, ha ispirato le lotte anti-colonialiste in tutto il mondo.
Sulle basi dell’accordo del governo inglese a trattare con i leaders irlandesi, l’IRA chiamò una tregua nel luglio del 1921.

L’IRA si divise nel 1922, come fece il Dáil Eireann. Nella guerra civile che seguì l’Esercito  Repubblicano Irlandese resistette per la completa indipendenza dell’Irlanda dal Regno Unito e per un Irlanda Unita.
I loro compagni che avevano formato l’esercito del Libero Stato (26 Contee) si opposero a loro in un’aspra campagna che testimoniò la tragedia comune a tutte le guerre civili.
Nel maggio del 1923 la guerra civile terminò con l’ordine dell’IRA di deporre le armi. Durante gli anni ’20 l’IRA si riorganizzò e ancora una volta raccolse un largo seguito. L’organizzazione ebbe un ruolo chiave nell’elezione del primo governo del Fianna Fáil, vicino all’IRA, con Eamon de Valera nel 1932.

Il breve Congresso Repubblicano del 1934 cercò di dare un’espressione politica di sinistra agli ideali repubblicani. Tra i capi dell’IRA vi era, negli anni ’30, Sean MacBride, più tardi un illustre difensore dei diritti umani, premio Nobel per la pace.
Nel 1939 l’IRA iniziò una campagna mettendo bombe in diverse città inglesi.
Questa terminò effettivamente nel 1941 con relativamente pochi attacchi realmente portati a termine.

Con l’introduzione della carcerazione preventiva senza processo, in entrambi gli stati, l’IRA ebbe un forte declino in questo periodo.Nel 1949 in risposta all’Ireland Act del governo inglese che rinforzava la partizione, tutti i partiti irlandesi dichiararono il proprio disaccordo sulla ripartizione. Lo stesso anno l’IRA emise un ordine che proibiva azioni militari contro le forze delle 26 contee. I primi anni 50 videro una campagna contro la partizione condotta dai governi irlandesi e supportata da tutti i partiti in parlamento. La sua inefficacia di fronte all’indifferenza inglese contribuì al rinnovamento dell’IRA.

Verso la metà degli anni ’50 irruzione dell’ IRA nelle basi inglesi per procurarsi armi. Ciò fu in preparazione ad una campagna armata che fu condotta tra il 1956 ed il 1962. Maggiormente relegata nelle zone di confine, l’operazione vide attacchi alle postazioni e alle installazioni militari inglesi. Quando la campagna terminò, l’IRA decise di dare appoggio ad una campagna che mettesse in luce lo stato dei cittadini nazionalisti, considerati di seconda classe, nelle 6 Contee. L’emergenza del movimento dei diritti civili nella metà degli anni ’60 trasformò la situazione politica. La richiesta dei diritti di base, diritto al lavoro, ad avere una casa, ed a votare, gettò l’Ulster in una profonda crisi. La pacifica richiesta di diritti civili si scontrò con la violenza delle forze dello stato settario.

A Belfast e a Derry nel 1969 i distretti nazionalisti furono attaccati dalla polizia di stato, la RUC e da una folla di unionisti. La richiesta di aiuto all’ IRA da parte delle comunità nazionaliste non poté essere inizialmente accolta perché gli alti comandi non avevano in preparazione una nuova campagna e non erano quindi in grado di difendere i civili. Come organizzazione militare l’IRA si  era fortemente indebolita.
Ancora una volta l’impegno pacifico di cambiare la situazione incontrò la reazione violenta del governo inglese e fu così che la lotta armata tornò ad essere la strategia predominante dei repubblicani.
Tra il 1970 ed il 1971 l’IRA ottenne un grande supporto nelle Sei Contee e tra i nazionalisti di tutta l’Irlanda.
Ciò accelerò l’introduzione della carcerazione preventiva senza processo nel 1971.
L’IRA intraprese un’azione di guerriglia urbana contro l’esercito britannico.
Nel luglio del 1972 i leaders repubblicani volarono a Londra per parlare con i ministri del governo inglese durante una tregua tra l’IRA e l’esercito inglese.
Risultò subito chiaro che il governo inglese stava semplicemente usando la tregua come stratagemma di tattica nella sua campagna militare e la tregua fu interrotta.
Il conflitto nelle Sei Contee si intensificò e l’IRA mise una nuova serie di bombe in Inghilterra. Un’altra tregua fu stabilita tra il ’74 ed il ’75 ma, ancora una volta non ci fu la volontà degli inglesi di raggiungere un giusto assetto politico.
Infatti la politica adottata dal governo inglese fu quella della contro-insurrezione. Tecniche perfezionate nelle altre guerre coloniali furono adottate in Irlanda compreso lo spiegamento di “controbande”, squadroni della morte sostenute dallo stato. L’intero apparato statale del Nord Irlanda, l’esercito inglese, la RUC, il sistema legale, le prigioni, divennero “armi nell’arsenale del governo”.

Nonostante la costante presenza delle truppe inglesi nelle aree urbane e la diffusa presenza nelle campagne, l’IRA, con un largo supporto tra le comunità nazionaliste, continuò a intraprendere un’efficace campagna, rendendo alcune parti del paese inaccessibili alle truppe inglesi. Nell’agosto del 1979 l’IRA inflisse il maggior numero di vittime nell’esercito inglese in un solo episodio dal periodo che va dal 1912 al 1921 quando tese un’imboscata e uccise 18 soldati inglesi.
Negli anni ’80 la contro-insurrezione inglese si manifestò nel tentativo di distruggere l’IRA attraverso i prigionieri politici. Avendo effettivamente riconosciuto i membri dell’IRA come prigionieri di guerra a partire dal 1976, gli Inglesi introdussero da quell’anno una politica di criminalizzazione. Torture durante gli interrogatori furono il primo passo di un processo che passò attraverso processi senza giuria o con un solo giudice, sentenze che tardavano ad essere emesse e brutalità all’interno delle prigioni.
Ma il rifiuto dei volontari dell’IRA di soccombere a questa strategia, culminante con la morte di dieci detenuti repubblicani durante lo sciopero della fame (Hunger-Strike) del 1981, condusse al suo fallimento ed alla rinascita del sostegno al repubblicanesimo.
Nel corso degli anni ’70 e ’80 furono mantenuti contatti confidenziali tra le rappre-sentanze del governo inglese e l’IRA. Questi canali risultarono improduttivi per la parte inglese al fine di risolvere il conflitto. 
Sia l’IRA che l’esercito inglese ammisero pubblicamente che era impossibile una vittoria militare da ambo le parti.

La fine delle operazioni militari annunciata nell’agosto del 1994 era il risultato non di un accordo con il nemico, ma dell’ ‘Irish Peace Initiative’ che fu intrapresa dal leader dello Sinn Féin, Gerry Adams e da quello del SDLP John Hume e appoggiato dal governo irlandese.
Ancora una volta si creò un’opportunità per il governo inglese di riconoscere le aspirazioni democratiche del popolo irlandese.

LE RECENTI DICHIARAZIONI DELL’IRA

31 agosto 1994: Storica dichiarazione dell’esercito repubblicano della interruzione delle operazioni militari.  

29 settembre 1995: l’ IRA dichiara di non essere disposta ad accettare una resa unilaterale delle armi.

9 febbraio 1996: Questa dichiarazione annuncia la ripresa delle operazioni militari da parte dell’IRA e accusa il governo inglese di sprecare un’opportunità di pace.

29 febbraio 1996: L’IRA accusa la mancanza di un effettivo approccio democratico e l’abuso da parte degli inglesi del processo di pace  come motivo del suo fallimento.

4 aprile 1996: Nel suo discorso di Pasqua annuncia che non ci sarebbe stato un ritorno ad un’assemblea di Stormont ma afferma che rimane pronta a sostenere lo sviluppo di un valido processo di pace.

SDLP

Nel 1970 fu fondato un nuovo partito politico nell’Irlanda del Nord. Il partito Laburista e il partito Socialdemocratico scelsero come leader Gerry Fitt e come leader dei deputati John Hume. Lo scopo dell’SDLP era di contribuire alla costruzione di una nuova Irlanda basata sul consenso generale. L’SDLP è ora il più grande partito nazionalista in Nord Irlanda e rappresenta oltre il 60% della comunità nazionalista.

Il partito rappresenta i diritti di tutti, nel Nord Irlanda, all’identità e un libero modo di vivere e persegue i suoi obiettivi politici e costituzionali esclusivamente con mezzi pacifici.
Nel maggio del 1973 il partito ottenne 83 seggi nelle elezioni per il governo locale. Nel corso dello stesso anno una delegazione dell’SDLP partecipò ai negoziati di Sunningdale per creare una nuova Assemblea del Nord Irlanda e un Esecutivo power-sharing. Il nuovo Esecutivo fu formato nel gennaio 1974 e aveva al suo interno sei ministri dell’SDLP, fra cui Gerry Fitt e John Hume. L’ esecutivo fu alla fine stroncato dallo sciopero dei lavoratori a maggio. Gerry Fitt fu rieletto a Westminster e nelle elezioni di giugno il partito ottenne 19 seggi. Dopo l’incontro dell’esecutivo dell’SDLP a Dugannon il partito si rifiutò di partecipare a una conferenza proposta dal segretario britannico di Stato per il Nord Irlanda, Humphrey Atkins, nel 1979, e due giorni dopo Gerry Fitt si licenziò come leader del partito. Fu eletto allora come leader John Hume con Seamus Mallon come leader dei deputati.

Negli anni ’80 l’SDLP, in mezzo al caos degli scioperi della fame e delle ripetute violenze dell’IRA, incrementò ulteriormente il proprio consenso nell’elettorato del Nord Irlanda. Nel 1986 Seamus Mallon fu eletto come MP per Newry e Armagh, dopo che gli Unionisti dell’Ulster avevano rifiutato l’Accordo Anglo-Irlandese. Le elezioni generali britanniche del 1987 portarono il partito al 21% dei voti con John Hume e Seamus Mallon rieletti a Westminster.

Gli anni ’90 videro l’SDLP impegnato nella iniziativa di Brooke in cui si svolsero delle discussioni tra il segretario di Stato per il Nord Irlanda e i partiti del Nord e i governi britannico e irlandese, per scoprire se c’era una base per un Accordo riguardo al problema del Nord. Nel 1992 Joe Hendron fu eletto MP per West Belfast, sconfiggendo Gerry Adams del Sinn Féin. Dopo la vittoria del partito laburista nelle elezioni generali britanniche del 1997, il leader laburista Tony Blair, insieme con il nuovo responsabile segretario di Stato per il Nord Irlanda, Dr. Marjorie Mowlem, ricercò attivamente una risoluzione della questione nordirlandese. Dopo un cessate il fuoco dell’IRA si svolsero in Nord Irlanda delle discussioni, condotte dal senatore degli Stati Uniti George Mitchell, tra tutti i partiti, incluso il Sinn Féin. Finalmente, nel 1998, un accordo risolutivo fu raggiunto tra tutti i partiti. Nel maggio del 1998 la popolazione irlandese votò in modo schiacciante per accettare queste nuove proposte.

L’SDLP fu fondato nel 1970 al posto del vecchio Partito Nazionalista. Partecipò all’Esecutivo power-sharing del 1974, credo nello scopo a lungo termine di un’Irlanda unita, e trovandosi incapace di offrire un appoggio incondizionato alle forze di sicurezza. Dopo l’insuccesso della Convenzione del 1976 e il perdurante rifiuto lealista al power-sharing, l’SDLP enfatizzò sempre più la dimensione irlandese e sollecitò il governo inglese a rimuovere le garanzie per il Nord Irlanda e a dichiarare le sue intenzioni a lungo termine, dal momento che credeva che ogni soluzione doveva essere affrontata nel contesto di un’Irlanda unita. L’obiettivo a lungo termine del partito era un’unità irlandese nei termini di un’Irlanda che avesse il consenso e  che avrebbe tenuto conto anche dell’aspirazione pro-britannica della popolazione unionista. L’SDLP ha intrapreso una seria disputa con i Provisionals, perseguendo una politica alternativa alla violenza.

Il partito contestò le elezioni dell’Assemblea del 1982, ma rifiutò di occupare i propri seggi, per la mancanza di un power-sharing istituzionalizzato e di un’adeguata dimensione irlandese. Richiese un Consiglio per una Nuova Irlanda che rappresentasse i partiti politici nel Dail nella Repubblica, con rappresentative elette in Nord Irlanda che avrebbero dovuto produrre un dettagliato blue-print per la ‘Nuova Irlanda’. Queste proposte furono sostenute dai maggiori partiti della Repubblica e un Incontro sulla Nuova Irlanda, boicottato dai Partiti Unionisti e dal Partito dell’Alleanza, si svolse nel maggio del 1983, con lo scopo di vedere come pace e stabilità potevano essere raggiunte in una Nuova Irlanda attraverso un processo democratico.

L’SDLP sostenne con entusiasmo l’Accordo Anglo-Irlandese del 1985 e il suo appoggio aumentò dopo la firma dell’Accordo. Oggi ha quattro MP nel Parlamento di Westminster; ha ottenuto il 23.5% dei voti nelle Elezioni Generali del 1992 e il 21.9% nelle Elezioni per il Governo Locale nel 1993.
Nelle trattative politiche del 1992 l’SDLP propose la creazione di una potente commissione esecutiva per l’Irlanda del Nord, con tre membri eletti dalla popolazione nordirlandese e uno ciascuno dal governo irlandese, britannico e della Comunità Europea.
Nel 1988 si tennero delle discussioni tra l’SDLP e il Sinn Féin, che terminarono in settembre, e senza degli accordi sostanziali. Il dialogo riprese nell’aprile del 1993 tra John Hume, leader dell’SDLP, e Gerry Adams, Presidente del Sinn Féin. Un comunicato sanciva un accordo, secondo il quale tutto il popolo irlandese aveva il diritto all’autodeterminazione. Alla fine di settembre Hume e Adams sospesero il loro dialogo per permettere al governo irlandese e a quello inglese di considerare un resoconto da inviare al governo irlandese. I contenuti di questo resoconto non sono stati  resi pubblici. All’inizio di ottobre ci fu una risposta positiva del governo irlandese alle proposte di Hume e Adams; Major invece non sostenne l’iniziativa. Comunque, all’inizio di novembre i due governi cominciarono a preparare una dichiarazione formale di principi sul Nord che terminò con la Dichiarazione di Downing Street nel dicembre del 1993. L’SDLP accolse positivamente la Dichiarazione, così come il Framework Document.
Il partito si oppose al corpo elettorale del Nord Irlanda, ma decise di contestare eventualmente le elezioni e di prendere parte all’incontro.

I termini del conflitto dai Troubles al 1996

I Troubles fanno parte della vita di ogni irlandese del Nord come facessero parte della normalità. Sono decine di migliaia di attacchi violenti contro persone che avevano qualsiasi relazione con il governo britannico o con il partito unionista. Piccole e grandi violenze che si consumano nelle strade dell’Ulster e formano una serie di orrori che direttamente, ma anche indirettamente, hanno risparmiato ben pochi.

All’inizio degli anni ’60 gli indici di benessere sociale mettevano in mostra la distanza tra la comunità cattolica e quella protestante. Oltre a questo vi era anche un forte divario economico ed una questione di meccanismi elettorali connessa con la capacità di rappresentanza delle istituzioni.
Con la partizione del 1921 era stato istituito il Parlamento di Stormont costituito da Senato e Camera dei Comuni che comprendeva 52 seggi. Avendo diritto al voto oltre ai singoli elettori anche le società che raggiungevano un minimo imponibile, questa forma d’elettorato, che riguardava circa 13.000 voti, penalizzava fortemente l’elettorato cattolico e nazionalista; infatti la maggior parte delle industrie del nord erano in mano agli unionisti. Le prime elezioni per Stormont si svolsero con il sistema proporzionale e furono assegnati 40 seggi agli unionisti, 6 ai nazionalisti “moderati” e 6 allo Sinn Féin, ma nessuno di questi 12 deputati occupò i seggi come forma di protesta contro le disparità istituzionali attuate nei confronti della minoranza cattolica.

Nel 1929 il Parlamento modificò la legge elettorale adeguandola al sistema uninomi-nale inglese, e la comunità cattolica fu ulteriormente discriminata in quanto gli elettori erano concentrati in alcuni, limitati collegi. Inoltre il Parlamento aveva il potere di modificare i confini dei collegi sulla base delle convenienze elettorali. Ad esempio nel 1968 a Derry i cattolici che costituivano il 69% della popolazione, espressero solo 8 consiglieri, mentre la minoranza protestante riuscì ad eleggerne 12.

LE PRIME MEDIAZIONI, I PRIMI FALLIMENTI

Nel 1963 Terence O’Neil fu nominato Primo Ministro del governo nordirlandese: i suoi primi discorsi e alcuni suoi provvedimenti fecero pensare all’avvio di un programma di riforme tese a ridurre il divario economico e politico tra nazionalisti e unionisti. In particolare fondamentale fu l’invito fatto al Primo Ministro della Repubblica d’Irlanda a visitare Belfast. Ma la visita provocò una forte protesta da parte degli ambienti unionisti, in particolare da parte del reverendo Ian Paisley capo della Chiesa presbiteriana libera. Nel 1966 Paisley giunse a picchettare l’Assemblea generale della chiesa presbiteriana irlandese, che si accingeva a ricevere il capo del governo. Seguirono scontri molto violenti ed il governò, per evitarli, vietò manifestazioni pubbliche per i successivi tre mesi. Nello stesso periodo fece la sua comparsa la prima formazione paramilitare lealista, l’Ulster Volunteer Force che nel 1966 fu responsabile dell’omicidio di tre cattolici. Le istituzioni reagirono metten-dola al bando in base allo Special Powers Act, una legge di polizia che poi sarebbe stata ripetutamente utilizzata contro le formazioni repubblicane.

FREE DERRY

Nell’estate del 1969 gli Apprentice Boys lealisti si preparavano a celebrare la resistenza all’assedio di Derry compiuto da Giacomo II Stuart, e come ogni anno i cattolici del quartiere di Bogside si preparavano a rispondere alle consuete provocazioni degli Apprentice. Ma quell’anno il rituale delle provocazioni andò ben oltre le misure abituali.
In poco tempo la situazione precipitò e la polizia reagì caricando violentemente contro i dimostranti cattolici. I repubblicani riuscirono a respingere i membri della Royal Ulster Constabulary (RUC), la polizia nordirlandese e per qualche ora Derry fu nominata “Città Libera”. Ma in breve la situazione si capovolse e le fazioni più estreme degli Apprentice e dei vari gruppi orangisti entrarono nel quartiere di Bogside e diedero fuoco a 400 abitazioni di cattolici. Questo avvenimento segna l’inizio dei Troubles, un po’ meno di una guerra civile e più di un semplice scontro fra fazioni politico religiose.

Dopo la battaglia di Bogside il governo inglese mandò reparti del proprio esercito nelle Sei Contee. Nel tentativo di riprendere l’iniziativa politica, fece sciogliere alcuni corpi speciali di polizia, disarmò parzialmente la RUC e soprattutto cambiò il sistema della definizione elettorale dei collegi.
Nell’agosto del 1971 le forze di sicurezza si avvalsero dello Special Powers Acts per arrestare “preventivamente” 324 persone di orientamento repubblicano in vista delle marce orangiste. Era l’internment, un provvedimento che immediatamente sollevò interrogativi di ordine costituzionale e dubbi di natura morale. Nell’arco di sei mesi le forze di sicurezza ricorsero all’internment in oltre 2000 casi.

A Belfast e Derry, i nazionalisti reagirono dando fuoco a centinaia di abitazioni; la peace line non riusciva più a contenere la violenza delle due fazioni e soprattutto metteva in pericolo le famiglie che per necessità o scelta vivevano dalla parte sbagliata della linea.

REPRESSIONE

Il ricorso sempre più frequente al provvedimento dell’internment innescò una nuova serie di manifestazioni promosse da associazioni per i diritti umani. Tra queste la Northern Ireland Civil Rights Association che il 30 maggio del 1972 promosse una grande manifestazione Belfast durante la quale scoppiarono dei disordini ed alla fine si contarono 13 morti e dieci ferite che costituirono il tragico bilancio del Bloody Sunday, la domenica di sangue, che avrebbe dato una svolta radicale al movimento nazionalista e repubblicano nordirlandese.

L’IRA subì una forte lacerazione interna, alla fine della quale prevalse la fazione radicale e militarizzata dei Provisionals Ira ed una simile scissione la compì lo Sinn Féin.
Le componenti moderate del movimento nazionalista si ritrovarono allora nel Social Democratic and Labour Party (SDLP) e nell’Alliance Party, costituito su una base biconfessionale.
La conseguenza più grave del Bloody Sunday fu la fine del Parlamento di Stormont e di conseguenza dell’unico tentativo di dare espressione istituzionale alla comunità dell’Ulster.
Due mesi dopo il Bloody Sunday l’IRA rispose con un attentato a Belfast che uccise 11 persone. Era il Bloody Friday, il venerdì di sangue ed era la prova dell’ingresso in campo di un’organizzazione rinnovata negli scopi e nei metodi.

IL DIALOGO FRA LONDRA E DUBLINO: L’ACCORDO DI SUNNINGDALE

Il conflitto aveva assunto i caratteri dello scontro militare: i gruppi nazionalisti, quelli lealisti e i reparti speciali delle forze di sicurezza furono protagonisti di un intensificazione del terrore che nel 1972 vide 468 vittime, la più alta cifra nella storia del conflitto.
Nel 1973 il Primo Ministro inglese Heath fece il tentativo di avviare un incontro con il governo della Repubblica d’Irlanda il quale mirava alla realizzazione di un organismo che favorisse il dialogo e il confronto tra le parti.

Nello stesso anno fu elaborato l’accordo di Sunningdale, un documento che istituiva il Consiglio d’Irlanda. Si trattava di un’assemblea elettiva governata da sette rappresentanti della repubblica e sette dell’Ulster. Avrebbe avuto il compito di deliberare sulle politiche europee ed i rapporti con la CEE, su questioni agricole, industriali, sulle infrastrutture di comune interesse, il commercio, lo sport, il turismo e la cultura.

L’aspetto più interessante di questo accordo è la prospettiva della soluzione politica del conflitto: per la prima volta, infatti, il governo inglese accettava una formulazione che riconosceva l’aspirazione del governo irlandese ad un’Irlanda libera.
L’accordo fu immediatamente criticato dagli unionisti, dell’IRA stessa che proseguì nella sua campagna militare e dell’Ulster Worker’s Council i quali attuarono un lungo sciopero che paralizzò le attività economiche e produttive delle sei contee.Sul piano generale , lo sciopero mostrava il volto settario ed estremista di ampi settori della classe operaia lealista, sempre più influenzati  dai gruppi paramilitari  e sempre più critici e sempre più distanti dai partiti unionisti.
Nel momento più alto dello scontro politico, i gruppi moderati non garantivano il necessario consenso popolare e nel maggio del 1974 il documento siglato a Sunning-dale non aveva già più valore. Così era fallito un altro tentativo di definire una strategia di risoluzione del conflitto, anche se parziale.

NELLE STRADE E NELLE CARCERI

Mentre nel 1968 la media dei reclusi nelle carceri britanniche in Ulster non superava le cento unità, nel 1974 arrivava a 2650. Questo incremento delle detenzio-ni era dovuto ai Troubles e coinvolgeva persone accusate di reati di natura politica.
I repubblicani e alcuni associazioni per i diritti umani reclamarono per questi detenuti lo status di prigionieri politici, ma il governo inglese non accolse la richiesta e stabilì che alle persone condannate dopo il 1° marzo del 1976 per attività terroristi-che non potesse in ogni caso essere riconosciuto un particolare status. Intanto varie organizzazioni umanitarie denunciavano alla Corte Europea per i diritti umani le procedure repressive attuate nei confronti dei detenuti. In diverse occasioni la Corte ha riconosciuto la fondatezza delle denunce e nel 1978 negò il ricorso all’uso della tortura durante gli interrogatori, ma affermò che le pratiche adottate erano comunque “inumane e degradanti”.

Nel settembre del 1976 alcuni detenuti attuarono la Blanket protest, rifiutando l’uniforme carceraria e due anni dopo fu la volta della “protesta sporca”, cioè il rifiuto di pulire le celle; a queste proteste si aggiunse una campagna terroristica nei confronti delle guardie carcerarie. Intanto erano state definite le richieste del movimento all’interno delle carceri: oltre alla libertà di indossare i propri vestiti, il diritto a essere esonerati dai lavori, quello di libera associazione, il diritto a ricevere visite e lettere e alla diminuzione di pena per i detenuti comuni. Nell’ottobre del 1980 alcuni prigionieri iniziarono uno sciopero della fame (Hunger-strike) che terminò il 18 dicembre. Le autorità carcerarie garantirono che le richieste sarebbero state accolte, ma in realtà nulla cambiò e il 1° marzo del 1981 iniziò un nuovo sciopero della fame che durò fino al 3 ottobre. Dopo otto mesi di sciopero morirono 10 detenuti tra i quali Bobby Sands, un giovane militante dell’IRA che nell’aprile era stato anche eletto al Parlamento di Westminster.
In seguito a queste proteste solo pochi obiettivi furono raggiunti e neanche dei più rilevanti. Le condizioni di detenzione sono ancora oggi messe sotto accusa da vari organismi umanitari.

UN ALTRO TENTATIVO: GLI ACCORDI ANGLOIRLANDESI DEL 1985

Sul piano politico la prima metà degli anni ’80 fu caratterizzata dalla prevalenza delle ali politiche estreme dello shieramento dei partiti delle sei Contee, visibile nel progresso elettorale dello Sinn Féin da una parte e del Democratic Unonist Party del reverendo Paisley. Nel novembre del 1985 avvenne un incontro tra il premier inglese M. Thatcher e il presidente della Repubblica d’Irlanda Garrett FitzGerald. L’accordo riprendeva lo schema di quello di Sunningdale: in sostanza prevedeva che “ogni cambiamento nello status dell’Ulster sarebbe avvenuto solo con il consenso della maggioranza delle sei Contee, ma che per il momento la maggioranza non vuole tale cambiamento.” L’accordo prevedeva anche una maggior cooperazione nella lotta al terrorismo, nelle questioni economiche, sociali e culturali. Sul piano istituzionale prevedeva l’istituzione di una Conferenza composta da ministri inglesi e irlandesi in grado di intervenire su materie di ordine pubblico, diritti umani, interventi contro la discriminazione e l’estradizione dei prigionieri. La Conferenza avrebbe avuto solo un potere di orientamento politico, tuttavia si sarebbe dotata di un esecutivo composto da funzionari inglesi e irlandesi.

L’opposizione unionista e alcune tensioni interne al governo della Repubblica minarono l’accordo fin dall’inizio. Il passaggio da principio a progetto politico avrebbe richiesto impegno che mancò sia a Londra che a Dublino: in questa situazione di incertezza avevano la meglio ancora le forze radicali. Nelle elezioni europee del 1986 il reverendo Paisley raccolse un clamoroso successo personale, evidenziando la radicalizzazione dell’elettorato unionista.

IL TERZO TENTATIVO: LA DICHIARAZIONE DI DOWNING STREET

Vari fattori contribuirono al terzo tentativo di avviare una soluzione politica del conflitto nordirlandese: la crisi delle strategie dei gruppi paramilitari, la cui iniziativa non aveva più una consistenza politica, la presa di coscienza da parte della gente dell’inutilità di tali strategie del terrore e anche la salita al potere nella Repubblica d’Irlanda di una nuova classe dirigente, più pragmatica che ideologica. A partire dagli anni ’90 la Repubblica si è avviata nella direzione di “un modello di democrazia sociale più giovane e più europeo”, grazie all’avvento di una nuova classe politica. Alcuni evidenti segnali di questo cambiamento generazionale e culturale sono stati, nel 1990,  l’elezione a presidente della Repubblica di Mary Robinson, sposata con un protestante e sostenitrice di una linea di dialogo con Londra e più recentemente, nel 1995,  il referendum a favore dell’istituzione di una legge sul divorzio.

Alla ripresa dell’iniziativa politica per la risoluzione del conflitto contribuì anche il dinamismo del Sinn Féin, che avviò una serie di contatti per sbloccare la situazione. In particolare, il documento “Verso una pace durevole in Irlanda” favorì il dialogo fra Gerry Adams e John Hume, leader dell’SDLP, contrario alle campagne violente dell’Ira: l’incontro ebbe luogo dell’aprile del 1993, e entrambi i leaders sottoscrissero il documento. Il giorno prima che il documento fosse reso noto, il 24 aprile, l’Ira fece esplodere una bomba nel centro di Londra, come messaggio dei paramilitari repubblicani a Gerry Adams, che iniziava a muoversi con eccessiva autonomia. Ma nei mesi successivi l’Ira si mostrò disponibile “a un negoziato che coinvolga tutte le parti e che porti a una conclusione democratica che riconosca il diritto fondamentale ed immutabile del popolo irlandese all’autodeterminazione nazionale.” Così, con il riconoscimento di questo diritto da parte inglese, si poteva finalmente aprire un processo di pace.

La Dichiarazione di Downing Street, sottoscritta dal Primo Ministro John Major e da Albert Reynolds per la Repubblica d’Irlanda, il 15 dicembre 1993, presenta evidenti analogie con l’accordo di  Sunningdale del 1973 e gli accordi angloirlandesi del 1985.

Secondo quanto era stabilito in questo documento:

•         i due governi si impegnano a tenere in conto il desiderio democratico della maggioranza della popolazione nordirlandese;

•         l’Inghilterra non ha interessi strategici o economici in Irlanda del Nord e avrà il ruolo di incoraggiare il raggiungimento dell’accordo, che può assumere la forma di strutture concordate per l’isola come unica entità;

•         spetta solo al popolo irlandese esercitare il diritto all’autodeterminazione, sulla base di un consenso espresso liberamente, nel Nord come nel Sud, purché ottenuto e ed esercitato con il consenso della maggioranza della popolazione.

Il documento di Downing Street non presentava novità clamorose, ma, con i suoi insistenti richiami ai meccanismi democratici, rivolgeva una sfida ai gruppi paramilitari: l’obiettivo implicito dell’accordo era quindi ‘democratizzare’ la strategia delle formazioni paramilitari, cercando di riconvertirle in un processo politico nonviolento. Quest’impostazione si mostrò subito efficace: l’Ira e i gruppi paramilitari lealisti sospesero la loro campagna militare e affidarono la loro iniziativa politica a due nuovi partiti: il Progressive Unionist Party (PUP) e l’Ulster Democratic Party (UDP).

L’Ira il 31 agosto 1994 rilasciò un comunicato in cui si riconosceva “che stiamo entrando in una nuova situazione, una nuova opportunità”, anche se ancora la Dichiarazione di Downing Street non è una soluzione efficace, che sarà da ricercarsi attraverso “negoziati che coinvolgano tutte le parti”. Poche settimane dopo anche i paramilitari lealisti sottolineavano la presenza di questa nuova situazione, di democrazia e cooperazione. In questo contesto assumeva ancora una maggiore importanza il ruolo dello Sinn Féin , che costituiva la forza politica meritevole di maggiore sostegno sia interno che internazionale. Non ci sono due culture in Irlanda – dichiarò Gerry Adams dopo il cessate il fuoco dell’Ira – ma “tutte queste culture sono valide. Sono tutte parte di ciò che siamo: donne e uomini, mondo urbano e rurale, piccole città e villaggi, porti di pescatori e grandi isole… arancio e verde paganesimo e cristianesimo, protestantesimo e cattolicesimo, Nord e Sud. Est e Ovest. La sommatoria di tutto questo e di tutto quello che rappresenta è parte della diversità dell’irlandesità”. Così Adams apriva al processo di pace.
Positiva, benché misurata la valutazione degli unionisti sulla fase che si apriva dopo la Dichiarazione di Downing Street ed il cessate il fuoco.
Fino all’autunno del 1994 mai, nella storia del conflitto, si erano viste dare tante condizioni politiche e culturali favorevoli ad avviare un processo di pace. Per la prima volta in trent’ anni di conflitto gli abitanti delle sei contee sperimentavano modi e tempi di vita normali, liberi dai controlli e dalle piccole e grandi violenze.
Occorreva, in questo periodo di tranquillità, dare immediato corso agli impegni della  Dichiarazione e, primo fra tutti, l’avvio di un negoziato di tutte le parti, comprese le formazioni paramilitari lealiste e repubblicane.

A questo punto, benché la tregua reggesse da alcuni mesi, il Primo Ministro inglese Major, avendo bisogno del sostegno degli unionisti presso la Camera dei Comuni, impose con rigidità alcune questioni come il disarmo dell’IRA.
Le stesse precondizioni non furono imposte ai gruppi paramilitari unionisti e l’IRA nel febbraio rompeva unilateralmente il cessate al fuoco con un attentato a Londra.

IL PESSIMO ESORDIO DEL FORUM PER LA PACE

Nel clima venutosi a creare, Major propose l’istituzione di un Forum negoziale composto dai rappresentanti di tutti i partiti delle sei contee eletti con sistema proporzionale.
La proposta fu respinta sia dallo Sinn Féin che dai partiti unionisti; ciò nonostante, appoggiato anche dall’amministrazione Clinton, Major riuscì a imporre il suo progetto ed il Forum per la pace si aprì il 10 giugno del’96 che avrebbe dovuto garantire un confronto diretto tra le diverse parti. L’assemblea avrebbe dovuto stabilire le tappe e i contenuti di un accordo di pace,
A gettare ombra sul Forum, la ferma intenzione degli unionisti di tenere fuori dai negoziati i rappresentanti dello Sinn Féin finché l’IRA non avesse dichiarato un nuovo cessate il fuoco.

Questa richiesta, immediatamente rifiutata, posta dopo le elezioni che avevano visto un’affermazione del partito di Adams,  vide lo Sinn Féin rivendicare l’autonomia dell’IRA sottolineando la legittimazione ricevuta dagli elettori e respingendo ogni precondizione al negoziato. I membri dei partiti unionisti minacciarono di ritirarsi dal negoziato se il partito di Gerry Adams non fosse stato escluso dalle trattative.
Il Forum per la pace non poteva avviarsi sotto peggiori auspici: una delle parti esclusa dal confronto, la prevalenza di forze radicali indisponibili ad un compromesso, la rottura della tregua e la ripresa della violenza e degli scontri di piazza tra le diverse fazioni.

I protagonisti

MICHAEL COLLINS

Michael Collins nacque il 16 ottobre del 1890 a West Cork. Alla scuola nazionale di Lisavaird, dove studiava, ebbe come insegnante Denis Lyons, una persona che era destinata ad avere una grande influenza nella vita di Michael. Lyons era un membro della Fratellanza Repubblicana Irlandese, un’organizzazione segreta che mirava a cacciare gli inglesi dall’Irlanda, se necessario con l’uso della forza. Lyons e il fabbro del luogo, James Santry, un altro feniano, furono i primi tutori di Michael a trasmettergli un senso di orgoglio dell’Irlanda come razza. Per tutta la breve vita di Michael Collins, l’‘irlandesità’ fu la cosa che possedeva per lui il significato più grande.
Grazie alla sorella Mary Ann, che ravvivò il suo interesse nella lotta per il nazionalismo, lesse opere di autori come il poeta nazionalista Thomas Davis. La madre, preoccupata per la sua sorte, lo mandò a studiare a Clonakilty, ma all’età di quindici anni Michael andò a Londra, dove restò per i successivi nove anni e fu attivo nella Lega Atletica Gaelica e nell’IRB, la Fratellanza Repubblicana Irlandese. In seguito diventò prima il segretario e poi il presidente dell’IRB.
Nel 1916 Michael ritornò a Dublino, prendendo parte alle insurrezioni pianificate. Ricevette l’uniforme di Volunteer e, come Capitano Michael Collins, fu il secondo nel comando della Joseph Mary Plunkett nel General Post Office, durante la Settimana di Pasqua.
Dopo l’insurrezione, Michael, come prigioniero di guerra, fu inviato alle Caserme di  Richmond  e in seguito al campo di internamento di Frongoch in Galles. Ritornò in Irlanda nel dicembre del 1916. Ma fu a Frongoch che l’abilità di Michael Collins come organizzatore divennero riconosciute. E immediatamente dopo il suo rilascio, ricostruì l’IRB.
Nel 1917 fu eletto nell’esecutivo del Sinn Féin. Nel corso del 1917 e del 1918 creò una rete di spionaggio, organizzò prestiti nazionali per sostenere la ribellione, creò uno squadrone della morte (“I dodici apostoli”), e un’operazione di armi da contrabbando. Dal 1920, Michael Collins fu ricercato dagli inglesi e ebbe una taglia di diecimila sterline sulla sua testa.
Nel 1919 Michael Collins personalmente, con l’aiuto del suo amici Harry Boland, un altro uomo dell’IRB, si recò nella prigione di Lincoln in Inghilterra per favorire la fuga di Eamon de Valera. E nel periodo in cui de Valera era in America a cercare di ottenere dei fondi per il Sinn Féin, Michael rischiò la propria vita facendo regolarmente visita alla moglie e ai figli di de Valera.
Nel gennaio del 1919 la guerra Anglo-Irlandese cominciò a Soloheadbeg. Per tutto l’anno il corpo di polizia reale irlandese divenne il bersaglio di una strategia del terrore del Sinn Féin, guidata da Michael Collins, che intuiva che ci sarebbe stato molto da guadagnare a indurre gli inglesi alla guerra.
Dalla metà del 1919 l’IRB si era infiltrata nella leadership dei Volontari e stava dettando il suo passo sulla violenza. Michael Collins fu eletto Presidente del Consiglio Supremo dell’IRB. Nello stesso tempo, fu Ministro per la Finanza nel governo Dail e capo dell’IRA. Nel giugno di quell’anno de Valera partì per l’America e Michael Collins diventò Presidente dopo l’arresto di Arthur Griffith nel dicembre 1920.
Anche se Collins e de Valera cooperarono, c’erano differenze fra di loro. Dopo l’insurrezione di Pasqua, de Valera non era ritornato nell’IRB. Cathal Brugha, il Ministro della Difesa di de Valera nel Dail, si offese per la popolarità di Collins e la sua influenza sui Volontari.
Gli inglesi risposero con la violenza. Forze speciali furono inviate a imporre il coprifuoco e la legge marziale sugli irlandesi. Queste forze diventarono conosciute con il nome di ‘Black and Tans’, in virtù delle loro uniformi verde scuro e kaki. Un’altra forza di veterani della Grande Guerra, gli Ausiliari, li raggiunse. L’IRA applicò una strategia di guerriglia, utilizzando ‘colonne volanti’ per attaccare le truppe inglesi. La loro conoscenza del territorio supplì alla mancanza di armi. Le rappresaglie ebbero l’effetto di identificare gli inglesi come gli oppressori del popolo irlandese.
Il 21 novembre 1920 il gruppo di assassini di Michael Collins assassinò quattordici ufficiali britannici distruggendo completamente il Servizio Segreto Britannico in Irlanda. Come reazione, i ‘Black and Tans’ fecero fuoco sulla folla che stava assistendo a una partita di calcio a Croke Park. Furono uccise dodici persone, fra cui uno dei giocatori. Il giorno divenne conosciuto come ‘Bloody Sunday’. Notizie di questo e altri orrori divennero conosciute in tutto il mondo.
Durante questo periodo Michael, che nelle elezioni generali del 1918 fu eletto in Parlamento in rappresentanza di South Cork, e Harry Boland, l’MP per Roscommon, furono rivali in amore per Kitty Kiernan, una ragazza di Longford. Michael e Kitty si scambiarono oltre trecento lettere.
Nel maggio del 1921 l’IRA mandò in fiamme la casa doganale di Dublino, ma le forze della Corona arrivarono in tempo per catturare quasi l’intero corpo dell’IRA di Dublino. Dopo quest’azione, l’IRA si trovava in una disperata situazione di scarsità di  uomini e armi, ma nello stesso tempo gli inglesi erano completamente demoralizzati perché l’opinione pubblica era sempre più contraria a queste continue repressioni e anche per questo iniziarono le trattative per un negoziato.
Il 12 luglio 1921, il giorno dopo che fu firmata una tregua, de Valera guidò una delegazione a Londra per iniziare delle trattative con il Primo Ministro inglese. Queste trattative si interruppero dopo che nacquero delle divergenze inconciliabili sulla questione della formazione di una Repubblica Irlandese, concessione che Lloyd George non era disposto a fare.
Nel settembre dello stesso anno, de Valera fu eletto Presidente della Repubblica Irlandese e si offrì di negoziare come rappresentante di uno stato sovrano. Ma Lloyd George rifiutò. Avrebbe permesso delle trattative di pace solo se l’Irlanda avesse saputo conciliare le proprie aspirazioni nazionali con un ordinamento di una comunità di nazioni conosciuta come Impero Britannico.
Essendo consapevole del fatto che né una Repubblica né un’Irlanda unita avrebbero potuto vincere in una trattativa di questo tipo, de Valera si rifiutò di partecipare. Al suo posto decise di mandare Arthur Griffith e Michael Collins a capeggiare la delegazione irlandese. Né Griffith né Collins vollero andare. Michael Collins dichiarò di essere un soldato, non un politico, ma la questione andò al Gabinetto e fu decisa dal voto di de Valera.
De Valera era il negoziatore di maggiore esperienza, ma scelse di mandare altre persone a parlamentare con i più esperti inglesi. Uno storico definì questa la peggiore decisione della vita di de Valera, per la mancanza nella delegazione di una persona che potesse rivaleggiare con l’abilità politica di Lloyd George.
Pur sotto una tremenda pressione, la delegazione irlandese, con a capo Collins e Griffith, spinse ancora per un’Irlanda unita. Divergenze con la delegazione irlandese aggiunsero altre difficoltà, ma il rifiuto britannico di considerare qualcosa di meno di uno stato di dominio, escluso l’Ulster, crearono un ulteriore conflitto. Michael Collins sapeva che una Repubblica che comprendesse l’Ulster non era possibile in quel momento, ma sperava in una commissione che avrebbe ridisegnato il confine includendo molti dei cattolicidi  Fermanagh e Tyrone nel nuovo Libero Stato. Collins, nonostante l’opposizione di de Valera, credeva che con questo trattato si sarebbe aperta la via per concessioni future, una volta effettuata la ritirata delle truppe britanniche.
Pur riluttante, la delegazione firmò. Michael Collins sapeva che sarebbe stato ricevuto male a Dublino, ma concluse che questo era un passo verso l’indipendenza irlandese e era preferibile a una guerra che sarebbe stata sanguinaria. Michael Collins parlò profeticamente quando, dopo aver firmato il Trattato, disse, “ho firmato la garanzia della mia morte”.
I voti a favore dell’accettazione del Trattato erano 64 contro 57. Due giorni dopo, de Valera dette le sue dimissioni dalla presidenza e al suo posto fu eletto Arthur Griffith. Nel gennaio del 1922 fu formato un governo provvisorio. Michael Collins fu eletto Chairman.
Per tutto il  paese, l’IRA si spaccò in forze favorevoli e forze contrarie al Trattato. Molti seguirono Collins, concordando con il fatto che il Trattato dava al paese la possibilità di conquistare la libertà. Richard Mulcahy, il Ministro della Difesa, trasformò le truppe nel Libero Esercito dello Stato, mentre le forze contrarie al Trattato divennero conosciute come Irregulars.
Collins fece ogni sforzo per evitare una guerra civile. Formulò una nuova costituzione che sperava potesse essere accettata dai Repubblicani. I ribelli erano stati compagni d’armi di Collins ed egli voleva disperatamente evitare una tale tragedia, ma i suoi sforzi furono senza successo.
Con una mossa controversa, armò sia i membri dell’IRA nel Nord favorevoli al Trattato sia quelli contrari, per difendere la popolazione cattolica, ma ricorrendo alla violenza contro i termini del Trattato nel Nord, legittimò la resistenza armata nel Sud. Il 6 luglio 1922 il Governo Provvisorio stabilì un Consiglio di Guerra e Collins divenne comandante in capo dell’Esercito nazionale.
Oppositori del Trattato si unirono alla causa. Scoppiarono dei copmbattimenti a Dublino e Cathal Brugha fu ucciso. Era iniziata una guerra civile, che sarebbe durata dieci mesi. La prima fase fu breve e sanguinaria. Da agosto, le meglio equipaggiate forze del governo avevano spinto gli Irregulars fuori dalle principali città, ma i Repubblicani controllavano la maggior parte del sud e dell’ovest del paese.
Il 12 agosto 1922 Arthur Griffith morì in seguito a una massiccia emorragia. Non si era mai ripreso dallo sforzo delle negoziazioni del Trattato.
Otto giorni dopo, pur in condizioni fisiche precarie, Michael Collins andò a far visita alle truppe della sua contea di Cork. Essendo stato consigliato a non andare, Collins disse, “Non mi spareranno nella mia contea”. Come prima, le parole risultarono profetiche. Depresso e malato, provò a terminare il combattimento. Frequentò diversi uomini contrari al Trattato e ispezionò numerose caserme. L’ultimo giorno della sua vita, il 22 agosto 1922, uscì dal Cork in un convoglio che pasasva attraverso Bandon, Clonakilty e Rosscarbery nella via per Skibbereen. Si fermò a Woodfield e lì, nel Four Alls, il pub situato da una parte della strada da dove era nata sua madre.
Nel viaggio di ritorno passò nuovamente da Bandon. Michael Collins aveva solo venti minuti di vita Verso le otto, il suo convoglio fu vittima di un agguato in un posto noto come Beal na mBlath, la bocca dei fiori. Solo un uomo fu ucciso, Michael Collins. Si pensa che furono gli Irregulars a tendere l’imboscata, ma alcuni sostengono che potrebbe essere stato anche qualcuno dei suoi. Ci sono ancora delle controversie su quello che è realmente successo.
Sbalorditi che qualcosa potesse essere successo al ‘Big Fellow’, la cui fama era, al momento, leggendaria, gli uomini di Collins riportarono il so corpo a Cork, da dove fu trasportato a Dublino.
Ci sono stati molti famosi patrioti irlandesi prima di lui, e alcuni dopo, ma nessuno evoca tanta emozione e mistero come quest’uomo che, in appena sei anni, portò il paese dalla schiavitù ad una posizione in cui poteva conquistare la libertà.

EAMON DE VALERA

Nacque a New York nel 1882. Ancora giovane raggiunse il movimento che sosteneva l’utilizzo della forza per raggiungere l’indipendenza irlandese e partecipò alla Ribellione di Pasqua del 1916. Fu condannato al carcere a vita (scampò all’esecuzione in quanto cittadino statunitense) ma fu rilasciato per un’amnistia generale nel 1917. Eletto lo stesso anno membro del Parlamento e presidente del Sinn Féin, de Valera fu di nuovo arrestato nel maggio del 1918. Nel febbraio del 1919 evase dalla prigione e andò negli Stati Uniti, dove raccolse fondi per l’indipendenza irlandese. Nello stesso tempo fu eletto presidente di Irlanda dal Dáil Éireann, il Parlamento rivoluzionario che aveva dichiarato indipendente il paese. Nel 1920, quando ritornò in Irlanda, il paese  era in pratica in stato di guerra contro la legge britannica. Nel 1921 il governo inglese aprì i negoziati che portarono alla formazione di un Libero Stato Irlandese. De Valera,  ripudiò il trattato definitivo, perché escludeva l’Irlanda del Nord e richiedeva ai deputati irlandesi di giurare alleanza alla Corona inglese. Dette le dimissioni dal Dáil  nel gennaio del 1922. Leader simbolico degli intransigenti repubblicani, De Valera deplorò il periodo di guerra civile che seguì. Mantenne la sua opposizione al governo,  e non entrò nel Dáil con il suo partito, Fianna Fáil, fino al 1927. Nelle elezioni generali del 1932 il suo partito ottenne il controllo del Dáil e de Valera diventò il capo del governo. Abolì immediatamente il giuramento di alleanza e rifiutò di pagare all’Inghilterra i tributi terrieri annuali . Seguì una guerra sulle imposte che non terminò fino al 1938. Nel 1937 de Valera promulgò una nuova costituzione che dichiarava l’Irlanda uno stato completamente sovrano. Lasciò l’Irlanda neutrale nel corso della Seconda Guerra Mondiale, rifiutandosi di lasciare a disposizione degli Inglesi i porti dell’Irlanda del Sud e protestando vigorosamente contro le attività militari degli Alleati nell’Irlanda del Nord. Il Fianna Fáil fu sconfitto nelle elezioni del 1948, ma de Valera ritornò come primo ministro con il sostegno indipendente (1951-54) e nel 1959 raggiunse la poco richiesta carica di presidente della repubblica, rieletto anche nel 1966, fino al 1973.

GERRY ADAMS

Ultimo di dieci fratelli, Gerry Adams nacque il 6 ottobre 1948 nella West Belfast, dove continuò a risiedere  con la moglie e il figlio.
Dopo aver terminato gli studi negli anni ’60, Gerry diventò sempre più coinvolto nel movimento per i diritti civili, che, ispirato al movimento presente negli Stati Uniti, combatteva la discriminazione dei cattolici del Nord da parte del governo inglese sulle questioni riguardanti gli alloggi, la lingua, il lavoro e l’educazione.
In risposta al nascente movimento per i diritti civili iniziò una serie di arresti senza processo e in seguito al perpetrarsi degli abusi sui diritti umani furono organizzate resistenze popolari di strada e campagne di disobbedienza civile. La brutale reazione del governo Unionista nelle sei contee sfociò nell’assassinio da parte del governo di contestatori pacifici, noto col nome di Bloody Sunday.
Per il suo impegno nel tentativo di assicurare l’uguaglianza di trattamento per tutti gli uomini e le donne irlandesi, Gerry fu rinchiuso nel 1972 a Maidstone, una prigione inglese nota per le condizioni disumane in cui erano costretti i suoi detenuti. Dopo questo primo arresto Gerry partecipò alle trattative di pace con gli inglesi, che portarono a una tregua, peraltro infranta dopo poco tempo dai britannici.
Fu nuovamente arrestato e imprigionato senza processo dal 1973 al 1977.
In questi anni anche la famiglia di Gerry era stata un bersaglio delle forze unioniste. Il cognato ed il fratello  furono uccisi dall’esercito inglese, altri membri della famiglia furono imprigionati, e la moglie e il figlio scamparono a stento da una bomba lealista. La salute di Gerry continuava a essere cagionevole per il trattamento subito in anni di prigione  e rischiò anche la propria vita quando fu ferito in seguito a  un attacco lealista a Belfast.
Eletto Presidente del Sinn Féin nel 1983, Gerry fu eletto anche Ministro del Parlamento per West Belfast nel corso dello stesso anno. Rifiutò di occupare il seggio a Westminster per il giuramento obbligatorio dei fedeltà alla Regina, e continuò la campagna per i diritti dei nazionalisti irlandesi.
Nel settembre 1993 Gerry Adams, insieme con John  Hume, leader dell’SDLP, ebbe un ruolo fondamentale nel ravvivare l’Iniziativa di Pace Irlandese. Quest’opera di cooperazione condusse a grandi sviluppi politici nel processo di pace, tra cui la Dichiarazione di Downing Street e il Joint Framework Document.
La strategia adottata dalla leadership del Sinn Féin, capeggiata da Gerry Adams, ebbe una parte considerevole nel coraggioso annuncio dell’Esercito Repubblicano Irlandese, il 31 agosto 1994, di “una completa cessazione delle operazioni militari”. L’iniziativa dell’IRA portò avanti il processo di pace intrapreso da Adams e Hume e fu seguita sei settimane più tardi da una simile dichiarazione da parte delle organizzazioni paramilitari lealiste.
Coinvolto in prima persona nel dialogo intrapreso dal Sinn Féin col governo di Dublino e la maggior parte dei partiti politici irlandesi, Gerry fu membro della delegazione del Sinn Féin all’Incontro per la Pace e la Riconciliazione, voluto dal governo di Dublino come parte dell’Iniziativa di Pace Irlandese , con il sostegno di oltre l’80% dei rappresentanti eletti in Irlanda.
Il Sinn Féin è stato attivo su entrambe le coste dell’Atlantico per ottenere una pace definitiva in Irlanda. La decisione dell’Amministrazione Clinton di consentire a Gerry l’ingresso negli Stati Uniti tre volte nel 1994 e la collaborazione tra il Sinn Féin e il governo statunitense sono  stati altri fattori importanti per il raggiungimento della pace. Gerry ha parlato telefonicamente con il vicepresidente Al Gore, ha incontrato alcune delle più ragguardevoli figure politiche democratiche e repubblicane di Washington , i leaders dell’Irish American , delle comunità ispaniche e afroamericane ed è stato intervistato dai più influenti quotidiani statunitensi; è stato ricevuto alle università di Berkeley e Harvard e ha incontrato Mrs. Rosa Parks, da lui a lungo ammirata per la sua lotta nel movimento per i diritti civili negli anni ’60.
Membro del PEN, la corporazione internazionale degli scrittori, ha pubblicato diversi libri e ha collaborato per il giornale The Irish Voice.

JOHN HUME

John Hume iniziò la sua attività politica lavorando nel movimento per i diritti civili nei tardi anni ’60.  Fu eletto nel Parlamento Nordirlandese come indipendente nel 1969 e fondò l’SDLP nel 1970. Nel 1973 fu eletto nell’Assemblea del Nord Irlanda, dove fu Ministro del Commercio nell’esecutivo power-sharing del 1974. Diventò leader dell’SDLP nel 1979 e lo stesso anno fu eletto al Parlamento Europeo, seggio che ancora detiene. Nel 1983 divenne un membro del Parlamento Inglese per Foyle. Le sue trattative con Gerry Adams spianarono la strada al processo di pace. Dopo il cessate il fuoco dell’IRA del 1994 partecipò all’Incontro per la Pace e la Riconciliazione. Per il suo impegno in favore della pace in Irlanda, Hume ha ricevuto il premio Nobel per la pace nel 1994. Partecipò con successo ai negoziati che condussero al Good Friday Agreement. Nel 1998,  oberato da troppi impegni, ha abdicato dal posto di deputato della nuova assemblea in favore del suo secondo Seamus Mallon.
Nel corso di trenta traumatici anni, John Hume lavorò duramente per cercare di ottenere uguali diritti per i nazionalisti e riunire insieme le due comunità.

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