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Studio di una Funzione

I passaggi e le regole generali per lo studio di una funzione.

A cura di Bruno Tomaino del sito PaginediMatematica

Premessa: regole generali per lo studio di una funzione:

1) studio il c.d.e.:

Ovvero applico le regole per le varie tipologie di funzioni:

1) f(x) = log x: allora x>0;

2) f(x) = srqx: allora x>=0;

3) f(x) = x: allora tutto R;

4) f(x) = (x+2)^un numero irrazionale: allora (x+2)> = 0;

5) f(x) = 1/x: allora x diverso da 0.

Osservando funzioni particolari che potrebbero già a priori essere definite su tutto R oppure no.

2) Studio le simmetrie eventuali:

Ciò è da fare sempre: scrivere sempre se la funzione è simmetrica (ovvero pari con la prova f(x)=f(-x)) o se è asimmetrica (ovvero dispari, con la prova -f(x)=f(-x)) e se la funzione non presenta simmetrie allora scrivere che la stessa funzione non presenta simmetrie;

3) Studio del segno:

Da fare sempre; bisogna sempre osservare prima se ho, ad esempio, una funzione esponenziale questa è positiva per ogni x  e dunque posso o studiare il segno ugualmente e arrivare a dire che e^x è positiva per ogni x oppure scrivere che una funzione esponenziale,  indistintamente dall'esponente positivo o negativo che sia, è sempre positiva; quindi se ho una funzione esponenziale e una irrazionale essendo un prodotto tra funzioni positive al più uguali a zero scriverlo direttamente oppure arrivarci studiando il segno ovvero ponendo la funzione solo maggiore di zero.

4) Studiare l'intersezione con gli assi:

Se voglio velocizzare i calcoli posso, nello studio del segno, porre la funzione non solo maggiore ma anche uguale a zero, e in tale modo trovo sia il segno della funzione sia l'intersezione con l'asse delle ascisse ovvero x; se così non faccio per trovare l'intersezione con l'asse delle ascisse ovvero x pongo f(x) ovvero y =0 e risolvo l'equazione; per trovare l'intersezione con l'asse delle ordinate, ovvero f(x) o y che si voglia  pongo x=0 e risolvo l'equazione; nota bene se ad esempio l'asse delle ordinate è escluso già dallo studio del c.d.e. o dominio indicare che la funzione non potrà intersecare tale asse a nessuna quota e dunque è inutile cercare l'intersezione con l'asse delle ordinate ponendo x=0 in quanto tale studio ci darà come risultato 0;

5) Studio locale dei limiti:

Questo è il punto in cui si passa dall'analisi globale della funzione all'analisi locale della stessa; per quanto riguarda lo studio dei limiti bisogna sempre riferirci al dominio e dunque studiare gli estremi del c.d.e. ; nello studio dei limiti può accadere che il limite esiste e sia finito, o che il limite esista ma sia infinito o che il limite non esista; bisogna sempre osservare la funzione con cui abbiamo a che fare: se sono di fronte a una funzione elementare o al prodotto, quoziente, somma o differenza di funzioni elementari, allora so già che esse saranno iniettive, e so dunque che l'iniettività implica la continuità di una funzione; inoltre, in generale, le funzioni elementari sono continue, ma se sono continue allora saranno necessariamente derivabili; dunque la derivabilità è una condizione più restrittiva della continuità (anche se non è sempre vero che se una funzione è derivabile allora è continua; il viceversa invece è sempre vero); dalla definizione di continuità so che il limite per x che tende al punto di accumulazione della funzione è uguale al valore che assume la funzione nel punto di accumulazione stesso e dunque se mi trovo di fronte a una funzione continua rischio meno se calcolo il valore nel punto della funzione rispetto al calcolo dei limiti; ancora, studiando i limiti possiamo usare vari strumenti tra i quali la regola dei coefficienti (la quale vale sia per funzioni infinitesime, sia per funzioni infinite) a condizione che abbia una forma di indecisione del tipo infinito / infinito (se la funzione è infinita allora vincerà chi ha l'esponente maggiore in quanto tende a +/- infinito più velocemente di tutto il resto: a seconda che vinca il numeratore o il denominatore allora avrò come limite + infinito se vince il numeratore e 0 se vince il denominatore); analogamente se la funzione è infinitesima ovvero tende a zero(allora considererò i termini con i coefficienti minori, i quali tendono a zero più velocemente di tutto il resto e dunque se vince il numeratore il limite sarà uguale a + infinito mentre se vince il denominatore il limite sarà uguale a 0); oltre la regola dei coefficienti potrò trovarmi davanti, sempre nello studio dei limiti, a dei limiti notevoli o a dei limiti riconducibili attraverso delle manipolazioni a limiti notevoli e dunque risolvibili immediatamente; ancora, nello studio dei limiti potrò utilizzare il metodo dell'asisntotico per funzioni che localmente sono simili (metodo comunque sconsigliato se nella funzione vi sono troppi +/-) e in ogni caso è da tenere ben presente che se voglio utilizzare il metodo dell'asintotico devo dire a che cos'è asintotico tutto quanto sto studiando e non solo una parte; un altro metodo è riconoscere che siamo di fronte ad una funzione oscillante e quindi applicare il teorema dei due carabinieri o dell'intrappolamento per studiare funzioni più facili a partire da funzioni più difficili (cosa che tra le altre cose è anche lo scopo dell'uso dell'asintotico); infine nello studio dei limiti possiamo usare il metodo della scrittura fuori dal segno di limite detta della trascurabilità e dunque trovare qualcosa di trascurabile rispetto a qualcos'altro per x che tende a +/- infinito o a 0: infine troveremo da studiare un limite molto più semplice e risolveremo così la forma di indecisione (utilizzando la scrittura fuori dal segno di limite infondo troveremo la parte principale e l'ordine di infinitesimo: infatti il metodo della trascurabilità si utilizza prevalentemente per funzioni infinitesime cioè che tendono a zero); altro metodo per risolvere i limiti o meglio le forme di indecisione che genera lo studio locale dei limiti è quella di utilizzare gli sviluppi di MC Laurin che altro non sono che la scrittura fuori dal segno di limite. Se nello studiare un limite per x che tende a +/- infinito trovo che il limite vale +/- infinito vi sono le condizioni sufficienti per la ricerca dell'asintoto obliquo che è una retta di equazione y=mx+q.

6) Asintoti:

Se una funzione con x che tende a 0  ha limite = a +/- infinito, bisogna dire che f(x) è asintoto verticale di equazione x=f(x); se una funzione con x che tende a +/- infinito , ha limite = a 0 scrivere che la funzione presenta asintoto orizzontale di equazione f(x)=x; se una funzione con x che tende a +/- infinito ha limite 0 a +/- infinito scrivere che essendoci i presupposti per la ricerca dell'asintoto obliquo ci si appresta a calcolarlo: l'asintoto obliquo non è altro che una retta del tipo y=mx+q dove mx rappresenta la pendenza della retta stessa e q è il termine noto che ci dice in che punto, se esiste, l'asintoto obliquo della nostra funzione interseca l'asse delle ordinate; si ricerca m con la formula seguente: lim. X→+inf. F(x)/x=m dove m deve essere un numero reale finito e non nullo: se così è allora ricerco q, ovvero il termine noto con la formula: lim.x→+inf. (f(x)-mx); se dopo la ricerca dell'asintoto obliquo, anche essendoci le premesse per la sua esistenza esso non c'è, scrivere ugualmente che la funzione non presenta asintoti obliqui. Inoltre se vi è il presupposto per la ricerca dell'asintoto obliquo tendendo a + infinito e questo si ricerca non dimenticarsi, se vi è il presupposto tendendo a – infinito, di ricercarlo anche per – infinito, con le medesime formule applicate sopra.

7) Studio locale della derivata prima:

Questo studio ci dà informazioni sulla pendenza della funzione in uno o più intervalli del dominio essendo la derivata prima non altro che la retta tangente al grafico della funzione. Prima di passare allo studio della derivata prima accertarsi che la funzione sia derivabile su tutto il dominio: se così non è bisogna specificare che in un punto la funzione non è derivabile e dunque bisogna dire se in quel punto presenta un flesso a tangenza verticale o un punto angoloso (generalmente le funzioni in modulo presentano un punto angoloso) o un punto di cuspide; ancora prima di passare allo studio della derivata prima osservare la funzione: se sono di fronte ad una funzione definita su un intervallo chiuso e limitato(osservo il dominio della funzione per stabilirlo) e se la funzione è una funzione elementare dunque è una funzione continua (da non confondersi: se una funzione è derivabile allora sicuramente o meglio quasi sicuramente è continua, ma se una funzione è continua non necessariamente è derivabile su tutto l'insieme di definizione o dominio o c.d.e.); quindi se so che la funzione è definita su un intervallo chiuso e limitato e che la funzione è continua sicuramente , grazie al teorema di weielstrass so anche che la funzione avrà un massimo e un minimo assoluto ovvero globale(non un punto di minimo e di massimo, bensì un massimo e un minimo); osservando ancora la funzione se essa è in qualche modo (dal teorema sull'algebra delle funzioni elementari) elementare allora posso apprestarmi a studiare la derivata prima della funzione elementare normalmente utilizzando le derivate prime delle funzioni elementari; spessissimo non è così in quanto mi trovo di fronte ad un prodotto o ad un quoziente tra funzioni elementari: in questi casi studio la derivata prima privilegiando il metodo del prodotto rispetto a quello del quoziente in quanto mi comporta meno tempo e minori possibi errori(per privilegiare il metodo del prodotto avendo un quoziente bisogna stare attenti e vedere se vi sono le possibilità di portare al numeratore tutto quanto è al denominatore): una volta calcolata la derivata prima si pone tutto maggiore o uguale a zero e si risolve la disequazione che abbiamo di fronte; si mettono i risultati sul grafico, si applica la regola dei segni e dove ho dei + allora la funzione è crescente, dove trovo dei – la funzione è decrescente e dove o un cambio di pendenza mi è evidenziato dal pallino sul grafico della disequazione che come detto sopra mi indica , sempre che vi siano i presupposti del teorema di weielstrass che ho un minimo o un massimo globale. Tornando indietro, se la funzione è continua su tutto il proprio insieme di definizione ovvero su tutto il proprio dominio si dice che la funzione è di classe c zero e si scrive f§C°(X): se una funzione è continua su tutto l'insieme di definizione allora sicuramente la funzione è anche derivabile su tutto il dominio. Quindi fino ad ora abbia informazioni inerenti il dominio, l'intersezione con gli assi,  il segno della funzione, i limiti della funzione, gli asintoti eventuali della funzione e la pendenza della funzione: ancora non possiamo disegnare la funzione in quanto non abbiamo informazioni sulla convessità e sulla concavità della stessa funzione. Da notare che ogni informazione successiva che otteniamo è immediatamente verificabile dall'informazione precedente, dunque in uno studio di funzione se sbaglio la disequazione, ad esempio, che mi da informazioni sul segno della funzione mi accorgo subito dell'errore in quanto il segno sarà ad esempio negativo, mentre l'informazione precedente ovvero il dominio ci dirà che nel quadrante negativo la funzione non esiste.

8) studio locale della derivata seconda:

Lo studio della derivata seconda è l'ultimo passo in uno studio di funzione e ci dà informazioni sulla concavità e sulla convessità di una funzione in un determinato intervallo. Prima di studiare la derivata seconda bisogna accertarsi che la funzione sia derivabile due volte (ad esempio la derivata del sen x è -cos x e la derivata di – cos x è -sin x): accertato che la funzione è derivabile due volte lo studio della derivata seconda è praticamente derivare la derivata prima che abbiamo calcolato in precedenza; quindi preferiamo sempre un prodotto rispetto al quoziente e applichiamo le regole di derivazione del prodotto o se abbiamo un quoziente del quoziente (difficilmente potremo calcolare la derivata seconda come semplice derivata di una funzione elementare). Si prende come riferimento la derivata prima, che avevamo ottenuto immediatamente prima di porla maggiore o uguale a zero e si deriva la stessa: la derivata seconda si pone anch'essa maggiore o uguale a zero e si risolve ancora una disequazione, si applica la regoladei segni e dove la derivata seconda è positiva allora sarà convessa dov'è negativa sarà concava e dove vi sarà un pallino piene, generalmente , vi sarà un flesso generico ovvero un cambiamento , una variazione e cioè si passera da convessa a concava o da concava a convessa; si possono anche trovare con lo studio della derivata secondo dei flessi a tangenza orizzontale, ma questi sono rari.

9) disegno del grafico della funzione:

Giunti a questo punto abbiamo tutte le informazioni per disegnare il grafica della funzione che si indica con G(f) stando però ancora attenti a combinare tra di loro in modo corretto tutte le informazioni per non rischiare di avere svolto tutti i punti precedenti in maniera corretta e giungere a disegnare il grafico in modo errato!!!

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