Tema storico: Il primo dopoguerra, democrazie e totalitarismi - Studentville

Tema storico: Il primo dopoguerra, democrazie e totalitarismi

Tema storico sulla situazione creatasi nel Primo Dopoguerra.

Il Primo Dopoguerra è un periodo di crisi economica e politica, con risultati differenti nei diversi Paesi colpiti. Nella crisi italiana, il movimento fascista di Benito Mussolini concesse uno sbocco politico ai timori e alle delusioni delle forze conservatrici e nazionaliste. Mussolini giunse al governo nel 1922, ottenne la maggioranza parlamentare nel 1924 e, grazie al suo attivismo antisocialista violento e intimidatorio, sciolse i partiti e nel 1926 instaurò la dittatura. Nel campo economico adottò una politica dirigistica, in modo da stabilizzare la moneta e recuperare prestigio internazionale; inoltre avviò grandi opere pubbliche e costituì l’Iri (Istituto per la Ricostruzione Industriale). Per quanto riguarda la politica estera, collaborò con le potenze vincitrici, ma con l’attacco all’Etiopia nel 1935 fu isolato politicamente e si alleò con la Germania, alleanza ufficializzata dall’Asse Roma-Berlino del 1936 e dal Patto d’acciaio del 1939.
La Germania, colpita dall’enormità delle riparazioni di guerra, dalla divisione dei partiti, dai conflitti sociali e dall’inflazione, si salvò dalla rovina con la costituzione di un governo di grande coalizione e dall’avvento di capitali statunitensi. Ma verso la fine degli anni Venti questi si ritirarono e subentrò una crisi politica, economica e sociale, sfruttata da Adolf Hitler, il quale si presentò come restauratore e vendicatore dell’orgoglio nazionale umiliato. Nel 1932 fu nominato cancelliere e in pochi mesi, dopo aver sciolto i partiti, impose la dittatura. Con una grande propaganda guadagnò consensi e aizzò l’odio contro gli ebrei; avviò un programma di opere pubbliche e proclamò il diritto di espansione della Germania.
Anche dove i governi democratici si dimostravano forti, le difficoltà economiche e politiche tuttavia non mancarono, determinando momenti di profonda crisi.
All’inizio degli anni Venti la Gran Bretagna era la nazione europea più stabile, grazie al minimo coinvolgimento nel conflitto, combattuto all’esterno del Paese, la salda istituzione politica, l’esteso dominio coloniale, e l’annientamento della potenza tedesca. Tuttavia la situazione non era delle migliori: l’emergere di altre potenze industriali, con impianti e tecnologie più avanzate, aveva intaccato la sua egemonia economica. E anche l’impero coloniale presentava vari problemi e non garantiva un mercato che riuscisse ad assimilare la grande produzione industriale. Il difficile mantenimento di un proporzionato livello di esportazione creò vari squilibri nel sistema produttivo inglese, che provocarono una diffusa disoccupazione, smorzata in parte dai sussidi elargiti dallo stato. Ne conseguì un alto grado di conflittualità tra i sindacati, che volevano mantenere il livello del salario ottenuto durante la guerra, e gli industriali, che invece volevano abbassare il costo del lavoro per recuperare la competitività a livelli internazionale. Lo scontro sfociò nel 1926 in un lungo sciopero generale indetto dai sindacati per appoggiare i lavoratori delle miniere, che paralizzò il Paese, ma non piegò né il governo né gli imprenditori.
Neanche questa fase così critica mise in crisi le istituzioni politiche inglesi, che avevano conosciuto due considerevoli novità: il suffragio femminile, limitato nel 1918 e universale dal 1928, e lo sviluppo del partito laburista, fondato nel 1906 dai sindacati e ispirato a un socialismo non marxista. Questo partito fu prima il principale partito di opposizione, poi nel 1929 fu forza di
governo. Quando anche la Gran Bretagna dovette affrontare le conseguenze della crisi del 1929, era sotto la guida del laburista MacDonald, che prese dei provvedimenti: limitò i sussidi di disoccupazione, accertandosi con controlli rigorosi delle condizioni economiche dei beneficiari; svalutò la sterlina che restituire impulso alle esportazioni; introdusse i dazi doganali per difendere il mercato inglese. A causa del periodo difficile e delle scelte economiche ci furono scontri e ripartizioni all’interno del Partito laburista. MacDonald rimase solo al potere perché ricorse a una grande coalizione di governo inserendo liberali e conservatori. Ma ciò non convinse neanche i componenti del suo partito, e nel 1935 i conservatori ripresero il potere con Baldwin e Chamberlain, i quali ampliarono le funzioni dello stato in senso assistenziale. Inoltre ci fu la riorganizzazione dei domini, nonostante i mutamenti politici. Nel 1922 l’Irlanda ottenne l’indipendenza, riconosciuta come stato libero. Nel 1931 fu creato il Commonwealth, che poneva su un piano di assoluta parità la Gran Bretagna e i suoi ex dominion, l’Australia, il Canada, la Nuova Zelanda, il Sudafrica, i quali erano politicamente indipendenti, ma restavano formalmente sudditi della corona.
La Francia invece dovette risolvere le devastazioni dovute al conflitto e ricostruire l’apparato riproduttivo. Il governo conservatore, per risolvere il problema dell’occupazione e della produzione, ricorse alle indennità di guerra che la Germania doveva corrisponderle. Inoltre si diminuì la retribuzione degli operai, in modo da permettere alle imprese l’accumulo degli utili essenziali a ripristinare gli investimenti. Verso la fine degli anni Venti gli obiettivi potevano dirsi ormai raggiunti, ma anche la Francia fu colpita dalla crisi del 1929, con le solite conseguenze: calo di produzione, disoccupazione, conflitti sociali e instabilità politica, e tra la popolazione si diffuse la sfiducia verso le forze politiche tradizionali. Allora emerse il Partito comunista, ma ci furono anche organizzazioni di estrema destra che miravano a un governo di tipo fascista e si opponevano alla repubblica parlamentare. Molta influenza ebbe l’Action Francaise, un movimento tradizionalista che mirava alla ricostituzione della monarchia e al ritorno ai valori dell’ordine e gerarchia.
Con l’avvento del nazismo in Germania, negli anni Trenta, il clima politico in Francia si fece più teso: alcuni vedevano il nazismo come una pericolosa minaccia, altri invece un modello di governo per far uscire il paese dalla crisi. Ci fu come conseguenza la netta divisione dei due schieramenti di destra e sinistra. Nel 1936 una coalizione di sinistra, il “Fronte popolare”, vinse le elezioni politiche e costituì un nuovo governo con Léon Blum. Nonostante le riforme, il governo non riuscì a calmare il proletariato, che chiedeva la settimana lavorativa di quaranta ore, due settimane all’anno di ferie retribuite, aumento dello stipendio, e gli imprenditori dovettero accettare tali richieste (Accordi di Palazzo Matignon). Ma questi nutrivano forti ostilità nei confronti del governo e la produzione industriale non riuscì a risollevarsi. Dunque il governo delle sinistre cadde nel 1937, e la Francia riprese ad essere governata da deboli forze di coalizione, in preda a profonde divisioni e conflitti.
Proprio la scarsa stabilità politica delle due nazioni, l’alternarsi tra governi socialisti e conservatori, impedì il nascere di forze di tipo nazista e fascista. Dunque è un fatto positivo per la democrazia, perché il partito che si trova al governo sa che se non amministrerà bene, gli elettori alle prossime elezioni voteranno il partito di opposizione. Ciò è anche uno stimolo a governare bene.

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