Tesina - Nuove parole per nuove cose - Studentville

Tesina - Nuove parole per nuove cose

tesina sulla rottura dei codici espressivi nell'arte a cavallo tra ottocento e novecento in europa

Tesina: Umanistica[br] Di: andrea D. [br] Tipo Scuola: Liceo Scientifico [br][br] [b]Abstract:[/b] [br] Il linguaggio è sempre stato soggetto, come ogni altro strumento d’uso comune, a sollecitazioni, mobilità, incrementi e consumi. Ludwig Wittgenstein si domandava se il linguaggio fosse completo prima che in esso venissero incorporati il simbolismo della chimica e la notazione del calcolo infinitesimale: “questi infatti – diceva – sono i sobborghi del nostro linguaggio (quante case o strade ci vogliono perché una città cominci ad essere una città?)”. A cavallo tra Ottocento e Novecento, però, si assiste ad una notevole accelerazione di questo processo evolutivo del linguaggio che, ad un’analisi più profonda, si rivela essere una vera e propria rivoluzione. Ma cosa scatenò questo repentino processo evolutivo dei linguaggi? In Italia, il primo artista a motivare la necessità di un rinnovamento nell’ambito comunicativo è il poeta Giovanni Pascoli. La poesia italiana, a suo giudizio, era eccessivamente legata ad un linguaggio che si basava “convenzionalmente su un tipo fatto”, aggiungendo che per “troppo tempo gli uccelli sono stati sempre rondini e usignoli, e per troppo tempo i fiori dei mazzolini sono stati rose e viole” e che “un po’ di botanica e di zoologia non farebbero male” al nostro lessico. È evidente che la lingua convenzionale non descrive più in modo soddisfacente la realtà circostante, che nel frattempo è mutata. Le cose hanno la necessità d’esser chiamate con il loro nome esatto. E quando nemmeno la precisione nomenclatoria non è più sufficiente ad identificare gli oggetti, l’artista deve ricorrere ad un linguaggio che superi e allo stesso tempo retroceda l’attuale codice espressivo. Si arriva allora a toccare quelle dimensioni che il filologo Gianfranco Contini ha definito linguaggio pregrammaticale e postgrammaticale. Ecco che non importa quanto una parola abbia efficacia semantica ma piuttosto quanto il linguaggio, apparentemente privo di contenuto nozionale (è il caso del «videvitt» delle rondini), sia portatore di un esatto messaggio referenziale, ossia si riferisca in maniera inequivocabile all’oggetto. Pascoli spiana la strada al nuovo linguaggio della poesia italiana, anticipando il lavoro di destrutturazione tipico della poesia futurista ed ermetica. Su posizioni simili si schiera, nella letteratura inglese, lo scrittore dublinese James Joyce. Egli è ben consapevole che il linguaggio codificatosi nell’età vittoriana non è più applicabile alla nuova realtà frammentata, in cui ogni certezza è venuta meno. È pertanto chiaro come il linguaggio della poesia, della prosa e dell’arte in genere sia strettamente legato alla realtà in cui la letteratura e l’arte vivono.

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