TIPOLOGIA C - TEMA DI ARGOMENTO STORICO. Il Novecento - Studentville

TIPOLOGIA C - TEMA DI ARGOMENTO STORICO. Il Novecento

Il Novecento non è solo un secolo di grandi e tragici eventi, ma anche della conquista di diritti fondamentali per la democrazia, primo fra tutti il diritto universale al voto. Ripercorri le tappe di questa conquista nel nostro paese.

La lotta per il diritto al voto è stata una delle battaglie che ha caratterizzato il Novecento, quello che Hobswam definisce “il secolo breve”. Il principio secondo il quale tutti i cittadini, senza distinzione di sesso e età, possano esercitare il diritto alla scelta dei propri governanti, infatti, è un principio impostosi in epoche tutt’altro che remote, anche in paesi che rappresentano (o si fregiano di rappresentare) nella loro stessa essenza, gli ideali della democrazia e dell’uguaglianza. Negli Stati Uniti, per esempio, il suffragio universale arriva solo nel 1918, al termine del primo conflitto mondiale, e stesso vale per l’Inghilterra (patria peraltro del movimento delle “suffragette”, il movimento di emancipazione femminile che lottava per il diritto al voto). In Francia, invece, dove per un breve periodo, al termine della rivoluzione giacobina (quindi intorno agli anni ’90 del 1700) a tutti era stato concesso il diritto di voto, la possibilità di partecipare alla vita democratica viene data, a tutti i cittadini, solo nel 1946. Anche in Italia, i cittadini maggiorenni (uomini e donne, che avessero quindi raggiunto prima il ventunesimo anno di età, successivamente i diciotto) possono esercitare il proprio diritto al voto  a partire dal 1946, nel momento stesso in cui il paese riacquista una serie di diritti che aveva perso nel corso del ventennio di dittatura fascista, o che non era mai riuscito a conquistare fino ad allora. Anche in questo caso, però, come in realtà per tutte le battaglie civili, si tratta di un percorso che arriva da lontano, ed è costituito da diverse tappe, con le sue piccole e grandi vittorie, sociali e politiche.
Nel 1861 l’Italia unita, riprendendo la legislazione piemontese, stabilisce la possibilità di esercitare il diritto di voto per i cittadini uomini, maggiorenni e alfabeti, considerando come soglia necessaria il pagamento di tasse a partire dalla cifra di quaranta lire. È questa la legislazione con la quale il paese arriva al voto nelle prime elezioni politiche della sua storia, dove il corpo elettorale non raggiunge, però, nemmeno la soglia del 2%. Nei primi anni del novecento, una svolta importante arriva nel corso di uno dei governi Giolitti, il quale già nel 1912 si fa portatore della necessità di estendere universalmente il diritto di voto. La battaglia non è facile, però, e al termine di lunghe discussioni in parlamento, il voto viene concesso a tutti i cittadini di sesso maschile: ventunenni, se alfabetizzati, trentenni, se analfabeti.
Sono gli anni, questi, in cui in Europa il movimento delle “suffragette” si fa sempre più forte, e acquista sempre maggiore consenso, in particolar modo in Inghilterra, dove si moltiplicano azioni dimostrative e di protesta. Celebri, rimarranno gli scioperi della fame al femminile, una modalità di lotta lanciata dall’attivista e politica scozzese Marion Dunlop, e diffusasi poi in tutto il paese, nell’arco di pochi, caldissimi mesi.
In Italia, invece, la strada che porterà le donne a poter esercitare il diritto al voto sarà ancora molto lunga. Se nel 1919, infatti, i cittadini di sesso femminile ottengono l’emancipazione giuridica, e persino il Papa Benedetto XV si pronuncia a favore dell’estensione del diritto al voto, questo non verrà concesso fino al 1946, con la fine della guerra e la proclamazione di una nuova legge elettorale. Il primo passo formale, in realtà, risale a qualche mese prima rispetto alle elezioni amministrative dell’aprile del ‘46, elezioni a cui parteciparono anche le donne, e a cui seguì a stretto giro il referendum indetto per dare a tutti gli italiani la possibilità di scegliere tra monarchia e repubblica. Già nel gennaio del ’45, infatti, con il paese ancora in guerra, un decreto firmato da due politici che saranno poi tra i padri della stessa costituzione repubblicana, Togliatti e De Gasperi, stabiliva che il diritto al voto sarebbe stato esteso nel corso della prime elezioni democratiche, a tutti gli italiani, senza distinzione di sesso e di censo, a partire da ventuno anni di età. Al termine di quella tornata elettorale, le donne che rappresentavano il paese in parlamento costituirono quasi l’8% degli eletti alla camera, e l’1,2% al senato. Un dato piuttosto amaro, in realtà, se si considera che a tutt’oggi, quasi settant’anni dopo, quando diciannove milioni di donne esercitano regolarmente il proprio diritto al voto, la percentuale è ferma al 17%, a fronte di una media europea del 23%, e del primo posto della Svezia, dove la percentuale si attesta quasi al 47%.

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