TIPOLOGIA D - TEMA DI ORDINE GENERALE. L'emancipazione femminile - Studentville

TIPOLOGIA D - TEMA DI ORDINE GENERALE. L'emancipazione femminile

Tema di attualità svolto sull'emancipazione femminile.

TEMA DI ATTUALITA' SVOLTO SULL'EMANCIPAZIONE FEMMINILE: TRACCIA. Nel secolo XX le lotte per l’emancipazione femminile hanno portato alla crisi del vecchio modello “casalinga in coppia con figli” ed hanno aperto la strada al pieno inserimento della donna nella vita economica, sociale e politica. Il nuovo modello femminile stenta tuttavia a decollare per certe resistenze, sedimentate nell’attuale società, a riconoscere alla donna la effettiva capacità di assumere compiti nuovi. Illustra il fenomeno con personali riflessioni e proposte.

Risorse utili per il tema storico della Maturità 2016:

TEMA DI ATTUALITA' SVOLTO SULL'EMANCIPAZIONE FEMMINILE: SVOLGIMENTO. Il ventesimo secolo, oltre ad essere stato il secolo delle grandi guerre, è stato (principalmente nella sua seconda metà), il secolo della conquista, e del consolidamento, dei grandi diritti civili per una importante parte di popolazione mondiale. Nonostante le difficoltà e le arretratezze innegabili su temi come il rispetto per le minoranze religiose, quello nei confronti degli omosessuali, le discriminazioni razziali così come quelle sessuali, tanti passi in avanti sono stati fatti soprattutto nel corso degli ultimi cinquanta-sessanta anni. Come non rivolgere il pensiero alle lotte in favore della popolazione afro-americana, simboleggiate da figure come Martin Luther King e da immagini come il pugno chiuso di T. Smith e John Carlos alle Olimpiadi del 1968? O ancora, non pensare a quelle delle “suffraggette”, che videro soddisfazione alle loro battaglie, in paesi come l’Inghilterra e gli Stati Uniti, solo tra il 1920 e il 1930, grazie all’estensione del diritto al voto alle donne?
Proprio per quanto riguarda la condizione femminile, però, come in realtà per molti degli ambiti sopracitati, la conquista materiale di determinati diritti troppo spesso non coincide con la reale possibilità data alle donne di esercitare e di usufruire degli stessi all’interno della società. La questione che è, probabilmente, da prendere in analisi quando si parla del ruolo della donna nella società del ventesimo secolo, è il distacco tra quelle che sono le tutele che le istituzioni e le costituzioni danno alle donne, e le reali e concrete possibilità che queste hanno di realizzare i propri obiettivi, i propri sogni, le proprie ambizioni.  Pur circoscrivendo anche solo per una questione di praticità, il nostro discorso alle società occidentali (dove le donne hanno raggiunto, almeno dal punto di vista teorico, un riconoscimento notevole nella maggior parte degli ambiti che regolano la vita di una comunità) ci si accorgerà infatti che la strada necessaria ad una donna per portare a compimento il proprio desiderato percorso di vita, è molto più ricca di ostacoli, rispetto a quella percorribile dagli uomini. Innanzitutto, nonostante la società contemporanea abbia allo stato attuale superato il paradigma che vede l’uomo come soggetto privilegiato dell’attività lavorativa, intesa come sostentamento della famiglia, e assegni (almeno sulla carta) anche alla donna le possibilità di potersi realizzare in un percorso professionale che costituisca non un semplice “contributo” al bilancio familiare, è evidente che il modo stesso in cui è strutturata la società, impedisca la realizzazione di questa idea nel concreto. È innegabile, ad esempio, che la donna debba fare i conti con un ruolo preminente nell’ambito familiare, almeno per quanto riguarda la necessità di presenza al fianco del figlio, soprattutto nei primi mesi di vita. È anche vero, tuttavia, che oggi, momento in cui anche gli uomini possono svolgere senza problemi – e senza che questo costituisca un tabù – gli indispensabili adempimenti necessari al positivo andamento della vita familiare (lavori in casa, educazione dei figli, ecc.), il modello di famiglia tradizionale andrebbe probabilmente ripensato, attraverso il superamento di una concezione che assegna alla donna le responsabilità “domestiche”  e all’uomo quelle del sostentamento economico della famiglia.
Niente di più sbagliato, tanto più che da ormai molti anni il livello occupazionale per le donne è in costante ascesa, e molte tra loro, oltre a svolgere i compiti all’interno della casa, svolgono attività lavorative che le impegnano per molte ore al giorno, e in posti in alcuni casi di grande responsabilità.  Attenzione, però, anche da questo punto di vista, a non farsi coinvolgere da errati ragionamenti ottimistici. Se è vero, per esempio, che negli ultimi trenta-quarant’anni, molte sono state le donne che hanno rivestito cariche importanti a livello politico (l’attuale cancelliere tedesco Angela Merkerl, il primo ministro inglese Margaret Tatcher, in carica per ben undici anni a cavallo degli’80, il segretario di stato americano Hillary Clinton) è anche vero che è tuttora piuttosto raro vedere donne ai posti di comando in settori come la grande industria, dove necessario è considerato il possesso di un forte senso leaderistico, di una personalità non condizionabile, di una freddezza e una capacità di calcolo capace di fronteggiare qualsiasi situazione. È culturalmente, purtroppo, opinione ancora troppo comune per essere superata, che le donne possano difettare da questo punto di vista, tanto che se è vero che il mondo politico abbia conosciuto una certa apertura negli ultimi anni, è anche vero che nella maggior parte dei posti di comando (e in particolare quelli dove potere economico e politico hanno una forte relazione) ancora poche sono le donne ad aver guadagnato una posizione preminente.
Se la causa di questo pregiudizio sia una resistenza da parte del mondo maschile intesa come desiderio di conservazione del potere, o piuttosto una reale convinzione dell’incapacità, o meglio dell’ inadeguatezza delle donne a ricoprire determinati ruoli, è un’analisi di difficile soluzione. Quello che è certo, è che per superare tutto ciò sarebbe necessario un doppio salto. Il primo, sociale, che possa assicurare alla donna ulteriori tutele, per esempio in ambito lavorativo: con la diffusione del lavoro flessibile, per esempio, le donne negli ultimi anni  hanno pagato più degli uomini i cambiamenti che hanno rivoluzionato il mercato del lavoro. Secondo molti studi, per dirne una, pratica ormai diffusa nel nostro paese, sarebbe quella di far firmare ad impiegate donne delle “dimissioni in bianco” anticipate, che l’azienda sfrutterebbe in caso di maternità, per poter agevolmente sostituire il lavoratore. Il secondo salto, ancor più importante, sarebbe di tipo culturale: una nuova concezione che riesca a ripensare il ruolo della donna all’interno della famiglia, della società, delle istituzioni, che parta dal presupposto di una effettiva diversità rispetto agli uomini in alcune caratteristiche (si pensi a un certo tipo di lavoro manuale), ma che si sforzi di rendere questa diversità non un ostacolo, ma un punto di partenza per la ricerca di un nuovo equilibrio. Un equilibrio tale da poter finalmente realizzare l’agognata parità non solo di diritti (probabilmente, almeno nel mondo occidentale, ormai acquisita) ma ancora di più di opportunità.

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