Vita e filosofia di Al-Kindi - Studentville

Vita e filosofia di Al-Kindi

Vita e pensiero del filosofo Al-Kindi.

Al-Kindi (nato a Bassora nell’801 e morto a Baghdad verso l’873) ò considerato il primo filosofo musulmano, operò all’interno della cerchia dei traduttori operanti a Baghdad; spirito assai poliedrico, egli si interessò di matematica, di medicina e di astronomia, oltrechò di filosofia. A lui si deve il primo grande tentativo di costruire una terminologia filosofica in arabo: a ciò ò dedicato il suo scritto Le definizioni e le descrizioni delle cose. Uno dei suoi scritti più noti verrà  in Occidente tradotto col titolo Sull’intelletto: in esso, Al-Kindi affronta una questione che farà  storia e che sarà  ripresa puntualmente – prospettando soluzioni spesso diversissime – da tutti i filosofi arabi successivi; si tratta della questione dell’intelletto, proposta (e lasciata in sospeso) da Aristotele nel III libro del De anima, in cui si accenna espressamente ad un intelletto attivo proveniente dall’esterno. Al-Kindi riprende da Aristotele la tesi secondo cui vi sarebbe nell’anima umana un intelletto potenziale che, per passare all’atto (ossia per conoscere di fatto gli oggetti intelligibili), richiede l’intervento di qualcosa che sia già  in atto. Questo qualcosa già  in atto ò l’intelletto agente (o attivo), il quale conosce sempre in atto gli oggetti intelligibili, ò distinto dall’anima ed ò ad essa superiore. Tale intelletto ò connesso alle sfere celesti incorruttibili e deriva direttamente da Dio, come i raggi che emanano dal sole. Vita, opere e pensiero Al-Kindi nacque e crebbe a Kufah, che nel IX secolo fu un centro arabo di cultura e sapere. Questo fu certamente il miglior posto per Al-Kindi per ottenere la migliore preparazione possibile al tempo. Sebbene ci siano pochi dettagli (e leggende) sulla vita di Al-Kindi in varie fonti, queste non sono tutte consistenti e attendibili. Il padre di al-Kindi era il governatore di Kufah, come suo nonno lo era stato prima di lui. Certamente tutti concordano nell’affermare che al-Kindi discendesse dalla tribù Royal Kindah originaria dell’Arabia meridionale. Tale tribù aveva riunito un certo numero di clan e raggiunto una posizione di preminenza nel V e VI secolo, ma dalla metà  del VI secolo perse rapidamente potere e prestigio. Nonostante ciò, i discendenti della tribù Royal Kindah continuarono ad avere ruoli preminenti a corte anche nell’era musulmana. Dopo avere iniziato la sua formazione a Kufah, Al-Kindi si trasferì a Baghdad per completare i suoi studi e in seguito acquistò fama per la sua formazione scolastica. Venne all’attenzione del Califfo al-Ma’mun, il quale stava costruendo la “Casa della Saggezza” a Baghdad. Al- Ma’mun era uscito vincitore dalla lotta armata contro suo fratello nel 813 e divenne Califfo nello stesso anno. Governò il suo impero, prima da Merv poi, dopo l’818, governò da Baghdad dove dovette recarsi per metter fine ad un tentato colpo di stato. Al-Ma’mun era il patrone di un’accademia del sapere da lui fondata e chiamata “Casa della Saggezza” dove venivano tradotte le opere filosofiche e scientifiche greche. Al-Kindi venne assunto da al-Ma’mun nella “Casa della Saggezza” insieme a al- Khwarizmi e i fratelli Banu Musa: il compito principale in cui Al-Kindi e i suoi colleghi erano impegnati nella Casa della Saggezza consisteva nella traduzione di manoscritti scientifici greci. Al-Ma’mun aveva costruito una biblioteca di manoscritti, la più grande biblioteca costruita dai tempi di quella di Alessandria, che raccoglieva opere importanti da Bisanzio. Oltre alla Casa della Saggezza, al-Ma’mun aveva costruito anche osservatori in cui gli astronomi musulmani potevano lavorare sulle conoscenze acquisite dai popoli antichi. Nel 833 al-Ma’mun morì e gli successe il fratello al-Mu’tasim. Al- Kindi continuò a godere di favori e al-Mu’tasim lo assunse come tutore di suo figlio Ahmad. Al-Mu’tasim morì nel 842 e gli successe al-Wathiq al quale, a sua volta, gli successe come Califfo al-Mutawakkil nel 847. Sotto entrambi questi Califfi, Al- Kindi si trovò decisamente meno bene. Non ò del tutto chiaro se ciò fu dovuto alle sue vedute religiose o a causa di litigi e rivalità  con altri studiosi all’interno della Casa della Saggezza. Certamente al-Mutawakkil perseguitò tutti i gruppi non- ortodossi e non-musulmani, allo stesso tempo distrusse tutte le sinagoghe e le chiese di Baghdad. Certo ò che molti degli scritti filosofici di Al-Kindi sembrano destinati a mostrare che egli credeva che la ricerca filosofica sia compatibile con l’Islam ortodosso. Questo sembra dimostrare che molto probabilmente al-Kindi sia divenuto la vittima di rivali come i matematici Banu Musa e l’astronomo Abu Ma’shar. E’ provato che i fratelli Banu Musa provocarono la perdita di favore di Al- Kindi presso al-Mutawakkil fino al punto che lo cacciò e diede la sua biblioteca ai fratelli Banu Musa. Al-Kindi fu più famoso come filosofo ma fu anche un matematico e uno scienziato importante. Presso il suo popolo fu conosciuto come il filosofo degli Arabi. E’ piuttosto sorprendente che un uomo di tale cultura venne impiegato per tradurre testi greci: Al-Kindi non sembra abbastanza fluente in greco da fare egli stesso le traduzioni. Piuttosto egli rifiniva le traduzioni fatte da altri e scriveva commenti su molte opere greche, rivelando grande padronanza del bagaglio concettuale greco (soprattutto aristotelico). Proprio dagli scritti di Aristotele egli fu fortemente influenzato, ma anche l’influenza di Platone, Porfirio e Proclo non manca. Non dobbiamo avere l’impressione che Al-Kindi prese in prestito le idee di questi filosofi antichi, perchò egli inserì le loro idee in uno schema generale che fu certamente di sua invenzione. Al-Kindi scrisse molte opere di aritmetica che includevano manoscritti di numeri indiani, l’armonia dei numeri, linee e moltiplicazioni con numeri, quantità  relative, misuranti proporzioni e tempo, e procedure neumeriche e cancellazioni. Egli scrisse anche sullo spazio e sul tempo, entrambi dei quali egli credeva finiti, ‘dimostrando’ la sua tesi con il paradosso dell’infinito. In geometria al-Kindi scrisse, tra le altre opere, sulla teoria delle parallele. Egli ricercò la possibilità  di esibire un paio di linee nel piano che non fossero parallele e che non si intersechino. Collegate con la geometria furono anche le due opere che egli scrisse sull’ottica, pur confondendo (secondo la prassi dell’epoca) la teoria della luce con la teoria della vista. Forse le parole di al-Kindi danno la migliore indicazione di ciò che egli cercò di fare nelle sue opere. Nell’introduzione ad uno dei suoi libri egli scrisse: “ò bene… che noi tentiamo in questo libro, come ò nostro costume in tutte le materie, di richiamare ciò che concerne gli Antichi che hanno detto tutto nel passato, che ò la via più facile e la più breve da adottare per coloro che li seguono, e progredire in quelle zone dove loro non hanno detto nulla”. Certamente al-Kindi cercò con tenacia di seguire questo percorso. Per esempio, nella sua opera sull’ottica egli ò critico riguardo una descrizione greca di Anthemius di come uno specchio venne usato per incendiare una nave durante una battaglia. Al-Kindi adotta un approccio più scientifico: “Anthemius non avrebbe dovuto accettare informazioni senza prove… Ci dice come costruire uno specchio dal quale 24 raggi sono riflessi in un singolo punto, senza mostrare come stabilire il punto in cui i raggi si uniscono ad una data distanza dal centro della superficie dello specchio. Noi, d’altro canto, abbiamo descritto ciò con tanta prova quanto la nostra abilità  ce lo consente, fornendo ciò che mancava, poichò egli non ha menzionato una distanza definita”.

  • Araba ed Ebraica

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