Vita e filosofia di Rousseau - Studentville

Vita e filosofia di Rousseau

Pensiero e vita del filosofo Rousseau.

La vita, le opere e la formazione culturale All’ interno dell’ illuminismo francese Rousseau occupa una posizione peculiare, avendo egli assunto atteggiamenti teorici che lo portano a prendere le distanze, anche sul piano personale, dai philosophes. Jean-Jacques ( Gian Giacomo ) Rousseau nacque a Ginevra nel 1712 ed ebbe un’ infanzia difficile: la madre morì di parto e il padre dovette ben presto abbandonare la città . Più tardi egli ricevette l’ appoggio di madame de Warens, una dama svizzera al servizio del re di Sardegna, che prima gli fece da madre, poi ne divenne l’ amante. Durante questo periodo, in cui soggiornò ad Annecy ( Savoia ), Torino, varie località  della Svizzera e Chambèry, esercitò diversi mestieri e completò la sua fotmazione filosofica con diverse letture. Separatosi da madame de Warens, Rousseau compì alcuni viaggi, che lo portarono anche a Venezia, per poi ritornare a Parigi, dove entrò in contatto con gli Enciclopedisti. Per l’ Enciclopedia scrisse alcuni articoli di carattere musicale: egli era infatti compositore e un suo melodramma fu anche rappresentato a Versailles alla presenza del re. Nel 1750 egli partecipò a un concorso indetto dall’ Accademia di Digione sul tema “Se il ristabilimento delle scienze e delle arti abbia contribuito a migliorare i costumi” e lo vinse con il Discorso sulle scienze e sulle arti: con quest’ opera conseguì una grande notorietà  sul piano filosofico, anche perchò la tesi da lui sostenuta, la negatività  del processo di incivilimento ( prerogativa che accompagnerà  l’ intera sua filosofia ), andava fortemente controcorrente. Nel 1755 pubblicò il Discorso sull’ origine e i fondamenti dell’ ineguaglianza tra gli uomini, scritto in occasione di un nuovo concorso. Nel 1757 Rousseau interruppe i suoi rapporti con gli Enciclopedisti. Si ritirò dunque prima all’ Ermitage, poi a Montmorency, dove scrisse la sua opera più importante, il Contratto sociale (1762), nonchò La nuova Eloisa (1761) ( riprendendo le tragiche vicende medioevali del filosofo razionalista Abelardo e della sua donna amata, Eloisa appunto ) e l’ Emilio (1762). Poichò il Contratto sociale e l’ Emilio furono condannati dalle autorità  sia parigine sia ginevrine, Rousseau dovette riparare a Neuchatel, nel territorio svizzero soggetto al re di Prussia imbevuto di razionalismo, dove redasse le Lettere scritte dalla montagna contro Ginevra e un Progetto di costituzione per la Corsica. La sua condizione di esule lo costrinse ancora ad alcuni spostamenti, tra cui anche un trasferimento a Londra su invito di Hume: ma l’ instabilità  nervosa, di cui Rousseau soffriva e che andava velocemente peggiorando, provocò ben presto una rottura tra i due filosofi. Tornato in Francia, riprese a peregrinare tra varie località , tra cui anche Parigi, per ritirarsi infine, a causa delle sue condizioni di salute, nella tenuta di Ermenonville, dove morì nel 1778. A Parigi egli scrisse le Considerazioni sul governo di Polonia e concluse un’ autobiografia cui diede il titolo di Confessioni. La svalutazione del progresso Nel discorso sulle scienze e sulle arti Rousseau sostiene una tesi che lo contrappone a una tendenza generalmente diffusa nell’ illuminismo: la valutazione positiva del processo di incivilimento. Per Rousseau il progresso nelle scienze e nelle arti ha corrotto gli uomini: le nostre anime si sono corrotte nella misura in cui le nostre scienze, le nostre arti hanno progredito verso la perfezione. Arti e scienze sono infatti la conseguenza di un’ inutile curiosità  e di uno stolto orgoglio, facendo uscire gli uomini dal felice stato di natura in cui si trovano. Il tema dei rapporti tra condizione civile e e stato di natura viene ripreso e ampliato nel Discorso sull’ origine e i fondamenti dell’ ineguaglianza tra gli uomini. Qui Rousseau delinea le tappe che hanno segnato il passaggio dello stato di natura alla società  civile e la conseguente nascita della diseguaglianza tra gli uomini. Allo stato di natura Rousseau conferisce un carattere meramente ipotetico, ammettendo esplicitamente che esso ò uno stato che non esiste più, che forse non ò mai esistito, che probabilmente non esisterà  mai. Ma questa ipotesi di lavoro si rende necessaria per opporre alla condizione dell’ uomo civilizzato, e pertanto corrotto dall’ educazione e dalle istituzioni, lo stato in cui l’ uomo si troverebbe se su di Lui avesse operato soltanto la natura. In questa condizione naturale l’ uomo sentirebbe soltanto pochi bisogni, altrettanto naturali, come quello della nutrizione e dell’ unione sessuale, i quali sarebbero prontamente soddisfatti dalla natura stessa mediante la raccolta spontanea dei frutti e l’ incontro fortuito e temporaneo tra persone di sesso diverso. In tale condizione immaginaria l’ uomo ò, dunque, perfettamente autosufficiente, non dipendendo da alcun altro uomo per la soddisfazione dei propri bisogni: su questa autosufficienza e indipendenza Rousseau fonda la eguaglianza naturale degli uomini. Rousseau, per dimostrare la sua totale avversione al progresso introduce il mito del buon selvaggio: il progresso è qualcosa di fortemente negativo, destinato ad aumentare sempre più la dusuguaglianza tra gli uomini; ecco allora che egli sintetizza questo concetto nell’ idea del buon selvaggio, non corrotto dalle tradizioni e che con la sua ragione può arrivare ad una concezione di Dio più pura e veritiera di quella di un teologo cattolico. Rousseau riscopre quindi una nozione moderna di primitivo, capace di illuminare il passato e la storia della civilizzazione umana. Ma, per cause fortuite, si avvia un processo, favorito anche dalla naturale perfettibilità  dell’ uomo, per cui da un lato i bisogni naturali diventano sempre piu complessi, portando a forme di attività  economiche nelle quali la spontaneità  ò sostituita dal lavoro, come l’agricoltura e la metallurgia, dall’ altro aumentano le forme di interdipendenza tra gli uomini connesse alla soddisfazione dei nuovi bisogni. L’ uomo passa così da una condizione di iniziale isolamento a una vita di società , anche se ancora naturale. Ma la società  e la dipendenza degli uomini dagli altri uomini comportano necessariamente la perdita della naturale eguaglianza iniziale e la nascita di una artificiale diseguaglianza sociale tra gli individui. Le fasi che sanciscono l’ affermarsi di tale diseguaglianza sociale sono tre. In primo luogo, il sorgere dell’ agricoltura e della metallurgia provoca la nascita della proprietà , e in conseguenza di essa la costituzione, a sua tutela, della società  civile: la proprietà  ò pertanto alla base della diseguaglianza tra ricchi e poveri. Successivamente le istituzioni politiche sanciscono e accelerano i progressi dell’ ineguaglianza; infatti, l’ istituzione della magistrartura sancisce la diseguaglianza tra potente e debole, mentre la trasformazione del potere legittimo in potere arbitrario introduce l’ ultima e più radicale forma di diseguaglianza, quella tra padroni e schiavi. Il contratto sociale La critica di Rousseau al processo di incivilimento non comportava tuttavia la necessità  di un ritorno al retrogrado stato di natura, di un impossibile regresso alle condizioni iniziali del corso storico o, come Rousseau stesso ebbe a dire, un invito a tornare “nelle foreste con gli orsi”. Del resto, come ha mostrato la critica più recente, la condizione di stato di natura non ò esente da svantaggi anche per Rousseau stesso, che pure esalta la primitività  del ” buon selvaggio ” che con la sua semplicità  può avere una concezione più pura di Dio. In essa, infatti, la nascita inevitabile della diseguaglianza tra gli uomini, conseguenza della complicazione dei bisogni ( la quale avviene già  in gran parte nello stato di natura ), causa il sorgere di conflitti e di violenze che, analogamente a quanto aveva insegnato Hobbes, possono essere risolte solo in base al “diritto del più forte” ( homo homini lupus ). L’ uomo è nato libero e ovunque è in catene: con questa amara considerazione inizia il Contratto Sociale, l’ opera più celebre di Rousseau. Il problema era piuttosto quello di trovare una forma di contratto sociale, mediante la quale gli uomini, pur entrando necessariamente e giustamente nella società  civile e godendo della sicurezza che essa offre, conservassero l’ eguaglianza che caratterizza lo stato naturale e non entrassero in uno stato caratterizzato dalla disuguaglianza e dai soprusi. La questione era, nella formulazione datane da Rousseau, quella di trovare una forma di associazione che con tutta la forza comune difenda e protegga le persone e i beni di ogni associato, e mediante la quale ciascuno, unendosi a tutti, obbedisca tuttavia soltanto a se stesso, e resti non meno libero di prima. Tutto dipende quindi dalla formula del contratto sociale, che Rousseau definisce nei seguenti termini. Nel patto sociale ciascun individuo deve ceder tutto se stesso e tutti i suoi diritti ( come in Hobbes ), ma il destinatario di questa alienazione ( a differenza di Hobbes ) non ò un singolo individuo ( un ” terzo ” ), bensì il corpo politico nella sua interezza: ciascuno cede tutti i suoi diritti individuali per poi riprenderli come collettività . Ora, per Rousseau ciascun individuo non solo fa parte del corpo politico, ma si identifica con l’ intero corpo politico: ciò significa che, alienando totalmente se stesso con tutti i suoi diritti alla comunità , egli non fa che cedere se stesso a se atesso. Egli ritrova così tutta intera la sua volontà  nel corpo politico, con in più il vantaggio che essa viene potenziata dalla volontà  di tutti gli altri, i quali hanno compiuto la stessa alienazione totale. Il contratto sociale rousseauiano non prevede quindi nessun “patto di soggezione”, ma si risolve esclusivamente nel “patto di unione” tra i contraenti. Nasce così una volontà  generale, che esprime sempre la volontà  dell’ intero corpo politico, ossia è allo stesso tempo la volontà  del singolo e la volontà  della totalità . Obbedendo alla volontà  generale, l’ individuo non fa che obbedire a se stesso. Per questo motivo la volontà  generale non deve essere confusa con la ” volontà  di tutti ” che è la semplice somma aritmetica delle volontà  singole. Infatti, la volontà  generale, dal momento che è la volontà  del corpo politico, vuole necessariamente il bene generale, mentre la volontà  di tutti potrebbe anche indirizzarsi verso un obiettivo che incontra il favore di ciascun singolo, ma che non risponde al bene comune. Nell’ esercizio della volontà  generale consiste la sovranità , che appartiene esclusivamente al popolo. In essa risiede il potere legislativo, ossia la facoltà  di varare leggi che abbiano carattere generale e investano obiettivi concernenti l’ intero corpo sociale. La volontà  generale, però, e con essa la sovranità  del popolo, si può esprimere solo quando si ha veramente un corpo politico, cioò quando il popolo è fisicamente riunito in assemblea solennemente convocato. Per applicare la legge, invece, così come per emettere i decreti particolari che consentono tale applicazione, occorre un organo amministrativo distinto dal potere legislativo e costantemente attivo. IL potere esecutivo è infatti in mano al governo, il quale non è altro che un’ emanazione del potere legislativo, essendo tenuto alla semplice applicazione delle leggi varate da esso. Rousseau, pur prevedendo una distinzione tra legislativo ed esecutivo ( tipica dei regimi liberali quali quello di Locke ) è dunque contrario ad una loro separazione. Questa separazione del resto è resa impossibile dal fatto che, per Rousseau, la volontà  generale è indivisibile e inalienabile: di conseguenza anche la sovranità  non può essere spartita tra diversi poteri nò può essere rappresentata. Al concetto di rappresentanza della sovranità  popolare tramite delegati ( tipica dei regimi parlamentari quali l’ Inghilterra ) egli contrappone dunque una forma di democrazia diretta, in cui i membri del corpo politico assumono le delibere di persona riunendosi in assemblea. Conseguentemente, la proposta politica di Rousseau, pur essendo indirizzata a qualsiasi forma di organizzazione politica, comporta una netta preferenza per gli Stati di piccole dimensioni ( dottrina del piccolo Stato ), prendendo a modello le poleis o i cantoni svizzeri. Il regime di Rousseau è democratico ( è infatti il popolo che decide ), ma non liberale: io che la penso diversamente, nel momento in cui vince la maggioranza, devo, paradossalmente, riconoscere che le idee che hanno vinto sono anche mie ! Le considerazioni politiche di Rousseau, non a caso, avranno grandissima influenza negli anni della Rivoluzione Francese e saranno prese a modello dagli estremisti giacobini. L’Emilio e il sentimento Se il Contratto sociale vuol essere una proposta di rigenerazione dell’ uomo sul piano della collettività  statale, l’ Emilio o dell’ educazione si pone lo stesso intento sul piano individuale. E ancora una volta la natura ò il modello a cui fare riferimento. L’ opera tratta dell’ educazione progressiva che si deve impartire a un fanciullo, dallo scadere del primo anno di età  fino al momento in cui il ragazzo, ormai adulto, ò pronto per il matrimonio. Il principio generale ò quello dell’ educazione negativa: occorre lasciare che la natura, che di per sè ò buona, compia la sua opera pedagogica, senza interferire con precetti o insegnamenti che non rispondono al grado di sviluppo e alle esigenze del ragazzo. Non bisogna quindi mai pretendere di vedere nel fanciullo l’ uomo, bensì limitarsi ad assecondare e a favorire la maturazione di quelle facoltà  conoscitive e pratiche cui la natura stessa ha predisposto l’ essere umano secondo un certo ordine e una certa gradualità . Rousseau condivide con Condillac la tesi dell’ origine sensibile delle conoscenze. Fino a dodici anni, l’ educazione del bambino sarà  quindi incentrata sull’ affinamento della sua sensibilità , realizzato in forma assolutamente spontanea attraverso il gioco, il disegno, il canto, la musica. In questa fase non si deve ricorrere a nessun racconto, storico o favoloso, nè a insegnamenti dottrinali, nè tanto meno, si deve indurre il bambino all’ uso della ragione. Dai dodici ai quindici anni si inizierà  ad educare lo spirito, che solo allora si aggiunge autonomamente alla sensibilità  ( in ciò Rousseau dissente da Condillac ). Quando ne sentirà  il bisogno, il ragazzo imparerà  a leggere (primo libro consigliato: Robinson Crusoe) e a disciplinare la propria attività  manuale in un mestiere artigianale, come la falegnameria. Nell’ ultimo periodo, dai quindici ai vent’ anni, lo spirito sarà  spontaneamente indotto a conseguire le sue più alte conquiste. Dapprima maturerà  il sentimento morale e sociale, risvegliato non dalle prediche astratte ma dall’ esempio concreto del precettore; poi l’ attenzione alle condizioni della vita sociale susciterà  l’ interesse per la storia; infine, coronamento dell’ intera educazione, sboccerà  spontaneamente il sentimento religioso, la cui educazione deve quindi essere l’ ultima opera del pedagogo. Quindi con Rousseau il bambino diventa un valore in sò e non più, come era per Aristotele, un valore come uomo in potenza: il bambino va amato e ha suoi diritti e non lo si deve vedere, come aveva fatto Aristotele appunto, un uomo in potenza, un essere che non ha valore alcuno se non come ente in divenire. Se l’ Emilio è dedicato al sentimento per il bambino, la Nuova Eloisa è invece dedicata al sentimento per la donna: Rousseau non accetta l’ idea secondo la quale ci si deve sposare per interessi materiali, per unire i patrimoni delle due famiglie: il matrimonio deve avvenire per amore vero tra i due individui. Già  si può intuire come Rousseau sia proiettato verso il Romanticismo e la sua esaltazione dell’ amore. La donna per Rousseau non è un essere inferiore all’ uomo, come aveva detto il solito Aristotele. Alla religione Rousseau dedica La professione di fede del vicario savoiardo, contenuta nella quarta parte dell’ Emilio sotto la finzione letteraria di uno scritto di un parroco della Savoia. Così come l’ intera educazione del fanciullo è lasciata all’ istinto e alle componenti sentimentali, il sentimento è per Rousseau anche alla base delle convinzioni religiose dell’ uomo. La fede che spontaneamente nasce dall’ uomo correttamente educato è quindi una religione naturale, che ha come capisaldi l’ esistenza di Dio, la sua causalità  e provvidenza nei confronti del mondo, l’ esistenza, l’ immaterialità  e l’ immortalità  dell’ anima. La religione di Rousseau riprende quindi le tesi classiche del deismo illuministico: ogni verità  rivelata dogmaticamente è esclusa, compreso il dogma del peccato originale e della redenzione, resi inutili da una natura umana che, per Rousseau, è essenzialmente buona e non ha bisogno di essere redenta, ma soltanto di essere restituita alla sua purezza naturale.

  • Illuminismo

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti