Esclusiva: intervista ai The Script - Studentville

Esclusiva: intervista ai The Script

La band irlandese si racconta a Studentville: Mark, Danny e Glen ci parlano della loro vita, della loro musica, delle tappe cruciali della loro carriera e del messaggio racchiuso in ?We Cry?, la hit che li ha lanciati nel panorama musicale

In Italia per promuovere la recente uscita del loro album di debutto, abbiamo incontrato negli uffici Sony a Milano i The Script, la band irlandese che con “We Cry” e “The Man Who Can’t Be Moved” ha conquistato in poco tempo il pubblico di tutt’Europa. Danny O’Donaghue (cantante), Mark Sheehan (chitarrista) e Glen Power (batterista) si raccontano attraversando le tappe cruciali della loro carriera.

A cosa si deve il vostro nome, The Script? E’ qualcosa riguardante la scrittura, una sceneggiatura?
(Glen) “Quando ci chiamiamo al telefono tra di noi, diciamo l’un l’altro “Qual è il copione oggi?” o “Qual è la storia?”. E’ una sorta di frase slang che abbiamo, che usiamo sempre, e che usavamo anche quando è nata la band a Los Angeles, dove siamo andati insieme per la prima volta nel gennaio del 2005. Perciò abbiamo sentito come se tutto stesse giocando in favore di quel nome”.
(Mark) Le nostre canzoni sono come piccole storie…hanno dei testi abbastanza importanti e, come sai, c’è un inizio, una parte centrale e una fine, come in ogni storia, perciò abbiamo pensato che tutto stesse puntando su quel nome”.
Vi siete incontrati tutti a Los Angeles, giusto?
(Danny) “Conosco Mark dai tempi di Dublino, anni fa, sin da quando eravamo piccoli e mi ha presentato a Glen. In realtà, Mark ha conosciuto Glen a Dublino, ma io non ho mai incontrato Glen. Era l’ultimo anno degli otto trascorsi negli Stati Uniti quando Mark ci ha unito tutti. Di tutti gli anni trascorsi lì, solo l’ultimo anno ho conosciuto Glen ed era tutto così strano perché siamo tutti di Dublino ma ci siamo incontrati a Los Angeles, e lì è dove abbiamo formato la band. E’ pazzesco, in realtà vivo a quindici minuti da Glen a Dublino ma non ci eravamo mai incontrati prima”.
(Mark) “E i nostri padri hanno suonato anche nella stessa band anni fa!”
Come definireste il vostro sound? E’ una combinazione tra rock e r’n’b?
(Mark) “Si, penso che è esattamente così. In tanti ci paragoneranno ad altre band, è una cosa che sentiamo già adesso spesso, ma nominano così tanti gruppi diversi che sembra quasi che la gente non riesca a decidere cosa siamo. Penso che racchiudiamo rock e r’n’b, e ci piacciono le canzoni che danno la sensazione di un’autentica canzone rock ma che hanno anche un approccio soul. Qualcosa come Stewie Wonder o i Jamiroquai
Pensate di essere stati etichettati ingiustamente?
(Mark) “Siamo come Kanye West che incontra una rock band, come Jason Mraz che fa una cover degli U2. E’ esattamente ciò a cui assomigliamo. Questo è ciò che facciamo stilisticamente, possiamo prendere piccoli pezzi di ciò che a noi tutti piace individualmente e, messo insieme, ecco che vien fuori the “Script”. C’è sempre qualcuno che vuole etichettarti, è così. E’ più facile darsi un’etichetta da soli così che la gente possa descrivere la tua musica agli altri”.
Nel vostro terzo singolo estratto dall’album, “Breakaven”, ci sono richiami agli U2. Direste che hanno avuto un’influenza su di voi o non volete essere associati a loro? 
(Mark) “Gli U2 sicuramente non hanno avuto un’influenza su di me e Danny, perciò ad essere onesti è più un’influenza su Glen che..”
(Glen) “Sì, io sono più vicino agli U2”.
(Danny) “In realtà io non ho mai nemmeno avuto un cd degli U2 o ascoltato loro in tutta la mia vita”.
E’ così strano visto che voi avete vissuto tutta la vita in’Irlanda e che loro sono così grandi lì.
(Danny) “Si, gli U2 sono una band che non mi ha mai entusiasmato"
E’ interessante che tu non senti che abbiano avuto una forte influenza sulla vostra musica.
(Danny) “Penso perché sono Irlandese. E’ l’unica cosa che ci lega davvero…forse si potrebbe vedere la dinamica tra noi tre, e potrebbe essere, in qualche modo, simile alla loro, ma non musicalmente, come band. L’idea di ciò che siamo, forse siamo più simili in quel senso. Forse la gente ci paragona per quello, non vedo altro”.
Quali generi musicali vi hanno influenzato?
(Danny) “Abbiamo ognuno gusti diversi dall’altro, Mark diverso da Glen, etc..”
(Mark) “Personalmente come produttore devi avere la mente molto aperta, perché un giorno potresti produrre una band raggae o una band punk. Perciò devi conoscere bene tutti i generi. Ma come gruppo, quando siamo andati a creare la nostra musica, siamo riusciti a fare così tante cose diverse. Penso che la parte più difficile per questa band è stata in realtà controllarci….dobbiamo trattenerci perché vogliamo fare veramente molto di più a volte. Ma penso che tutte le influenze siano provenienti da ognuno di noi, dai Police a Kanye West, da David Gray ai Coldplay o ai Keane. Ci sono così tanti gruppi a cui guardiamo e di cui apprezziamo la loro musica”.
Perciò direste che avete tratto ispirazione un po’ da tutto per raggiungere ogni genere di pubblico.
(Danny) “Si. Voglio dire, non è l’unica ragione, pensiamo solo che così è bello. Qualsiasi cosa produciamo è frutto di ciò che ascoltiamo. Ascolti cose da band diverse e poi aggiungi del tuo. Così salta fuori qualcosa di unico, qualcosa di creativo”.
Cosa c’è nel vostro iPod?
(Mark) “I nostri iPod sono come la band, molto versatili. Ho tutto, dal pop al rock al punk, davvero di tutto”.
(Danny) “Io non ce l’ ho nemmeno l’iPod”.
(Glen) “Di tutto. Tutto degli U2, voglio dire ho l’intera discografia sul mio iPod. Tutto, davvero, ho omaggiato l’intera collezione. Un po’ di tutto per il resto, un po’ di Leonard Cohen, dovreste ascoltarlo. Amo ascoltare compilation per rilassarmi”
(Mark) “Penso che quello che ho sul mio iPod sono più o meno le cose che mi hanno influenzato. Mi riferisco ai Police, li ascolto a ripetizione, a David Bowie, ai Jamiroquai, Stewie Wonder, Bob Marley, questi sono dei classici”.
Avete passato anche un momento molto difficile durante la vostra carriera tempo fa, Mark perse sua madre, Danny perse il padre. La musica ha avuto un significato diverso per voi a quel punto o è stato più difficile per voi scrivere perché stavate attraversando un blocco emotivo?
(Danny) “Personalmente è qualcosa che mi permette di esprimere ciò che provo. Sia che sia felice o triste, qualunque cosa stia succedendo nella mia vita, è lì dove andrò, nella musica. E’ questo quello che fa la musica, è lì che trovo conforto quando mi sento solo, ma anche quando qualcosa va bene, prendo sempre la chitarra, o mi siedo al pianoforte e vado a ruota libera. Ma per me il problema è sedermi e buttare giù tutto…Mio padre non c’è più e la musica è qualcosa che mi ha lasciato come se fosse la sua eredità. Perciò in qualsiasi momento mi siedo a scrivere, penso a che responsabilità sia per me adesso. Appartiene a me ora, non c’è buco generazionale. E’ come un diario, alcune persone scrivono diari, altre si confessano con gli amici, noi scriviamo canzoni su ciò che ci succede. E’ sempre stato così per me, un modo per andare avanti nei momenti difficili”.
(Mark) “Il significato della musica non è cambiato per me, ha solo rafforzato il perché faccio ciò che faccio. Penso che la cosa più bella sia che puoi esprimere te stesso e la cosa peggiore, credo, sia per chiunque perde una persona amata non avere qualcosa in cui trovare conforto. La musica è una fantastica espressione, e penso che ogni volta che suoni le tue canzoni per te è come rivivere quel momento. Credo sia importante per una persona ricordare, per questo motivo mi convinco sempre più del perché scrivo canzoni”.
(Danny) “Una delle tracce dell’album è dedicata ai nostri genitori, emozioni dure, vere, tutto nato dal fatto che entrambi abbiamo perso un genitore mentre stavamo registrando il disco. Perciò, anche quando ascoltiamo questa canzone, ci ritorna in mente. In più, facciamo interviste quasi ogni giorno. Capita di pensarci anche tre volte in una giornata ma non è una cosa brutta, perché puoi usarla come se fosse una terapia, quando le persone parlano di qualcosa che gli ha provocato dolore è meglio che se lo tengono per se stessi. Ascoltare una canzone è come sederti e parlare di un tuo ricordo”.
(Mark) “Ci sono persone che quando perdono una persona amata possono crollare e morire, persone che non vanno avanti. Io credo che non c’è ragione per questo, oltre al fatto che hanno il cuore spezzato. E’ bello invece essere uno di quelli che va avanti e spinge le persone a fare altrettanto, “Anch’io ho perso un genitore e decido di raccontarlo”. Penso sia bello, da alla gente qualcosa per guardare avanti”.
L’ultima domanda è su “We Cry”, la vostra canzone di maggior successo. Parla di disperazione, sogni infranti, di quanto la vita possa essere difficile. Concetti molto realistici con cui ogni fan può identificarsi. La canzone è stata ispirata dalle sofferenze passate?
(Mark) “Si, assolutamente. Voglio dire che quella canzone è diventata un racconto: un giorno stavo camminando per James Street, e stavo pensando, non che stavo guardando a qualcuno in particolare, ma più a come ognuno è vittima dell’ambiente in cui vive. Quella zona ha possibilità molto limitate. La gente sceglie di darsi al crimine o sceglie di sposarsi troppo giovane e di avere bambini troppo presto. Cose come queste accadono ogni giorno e  ciò di cui parliamo veramente è “capisco da dove provieni e un problema condiviso è un problema a metà”. Siamo come voi perché abbiamo le stesse barriere da superare”.
(Danny) “Ciò che alla gente piace della canzone è che non stiamo cercando di essere qualcosa che non siamo. Crediamo anche che in “We Cry” c’è qualcosa che risuona nelle persone. Non è tutto “Yeah, stiamo alla grande e siamo felici”. No, tutti noi abbiamo una ferita dentro, ma non c’è niente di sbagliato nell’ammetterlo. Sei più forte se sei una persona che riesce ad ammettere qualcosa del genere”.
Volete dire dunque che è un appello alle persone là fuori, che la canzone non ha un volto specifico, che non è diretta a nessuno in particolare?
(Mark) “Si, esattamente, è come Jennie nella canzone. Lei rappresenta le persone che hanno fatto ciò nella loro vita o che si sono sentite in quel modo, nel modo in cui ti senti quando hai una bambina troppo presto. E’ un qualcosa che dà speranza, che aiuta le persone ad affrontare i momenti difficili”.

 

 

 

Rachael S. – Simone Gambino

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