Strage di Via d'Amelio: riassunto per la scuola - Studentville

Strage di Via d'Amelio: riassunto per la scuola

Strage di Via d'Amelio: riassunto. Ecco cosa avvenne il 19 luglio 1992 a Palermo. La storia dell?attentato a Paolo Borsellino.

STRAGE DI VIA D’AMELIO: RIASSUNTO PER LA SCUOLA

Il 1992 è un anno che difficilmente può essere dimenticato, a causa delle stragi di mafia in cui hanno perso la vita i giudici Giovanni Falcone (Strage di Capaci) e Paolo Borsellino (Strage di Via d’Amelio). L’Italia si trovò disarmata davanti a questi efferati attentati che colpirono persone e istituzioni che si erano impegnate per decenni per scardinare il sistema siciliano mafioso di Cosa Nostra e ancora oggi vengono ricordate con cordoglio e vengono ricordati soprattutto coloro che pagarono a caro prezzo, e con la loro stessa vita, il coraggio di lottare per fare del nostro paese un posto migliore. Proprio perché queste stragi sono ancora vive, non possono non essere conosciute nel dettaglio. Per questo motivo oggi parleremo dell’attentato avvenuto a Palermo e che fece un’illustre vittima: Paolo Borsellino. Vediamo allora la dinamica della Strage di va d’Amelio e chi sono state le vittime.

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STRAGE DI VIA D’AMELIO: LE VITTIME

Il 19 Luglio 1992, a Palermo, in Via D’Amelio, un’autobomba uccide il magistrato Paolo Borsellino ed i suoi agenti di scorta,  Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Vogliamo iniziare il nostro riassunto proprio da coloro che persero la vita in quell’attentato, vittime di una furia cieca e incontrollabile. Non sono solo nomi, ma storie di lavoratori onesti che sono stati colpiti mentre si occupavano di proteggere Borsellino, consapevole di essere nel mirino di Cosa Nostra già dopo l’avvenuta strage di Capaci, o anche da prima. Ma chi era Paolo Borsellino?

RIASSUNTO STRAGE DI VIA D’AMELIO: PAOLO BORSELLINO

Non si può parlare dell’attentato senza capire chi fosse il giudice Borsellino. Attraverso la sua biografia e ciò che fece per il nostro paese sarà più facile capire i motivi della strage, almeno per quel che riguarda il perché si trovo nel mirino delle operazioni terroristiche e mafiose di cui fu vittima. Paolo Borsellino era nato a Palermo nel 1940 e divenne magistrato a soli 23 anni, occupandosi all’inizio solo di cause civili prima e poi penali. Ben presto il suo nome si fece strada quando avviò un’inchiesta sui rapporti tra mafia e politica  nella gestione degli appalti pubblici. Gli anni ’80 furono molto importanti per la carriera di Borsellino: entrò a far parte insieme al collega e amico Falcone ed altri del pool antimafia che aveva lo scopo di indagare sulle operazioni mafiose di Cosa Nostra, che intanto avevano subito cambiamenti, cambiando volto e divenendo una delle più sanguinarie organizzazioni mafiose. Nonostante la scia di sangue ad opera della mafia, il lavoro di equipe dei giudici ottenne un successo inaspettato: il 10 febbraio del 1986 l’attenzione del Paese si concentrò sull’aula bunker del carcere di Palermo: le rivelazioni del pentito Buscetta permisero di scoperchiare “la cupola”, il vertice di Cosa nostra. Il maxi processo si concluse il 16 dicembre del 1987 con numerosi ergastoli a tutti i componenti dell’organizzazione mafiosa. Ma il pool antimafia che aveva raggiunto risultati incredibili si sciolse per motivi interni e lo stesso Borsellino attaccò molto il processo che portò allo smantellamento del pool. In alcune interviste dichiarò quanto segue: “Ci sono tentativi seri per smantellare definitivamente il pool antimafia dell’ufficio istruzione e della procura di Palermo. Stiamo tornando indietro come dieci o venti anni fa”.

STRAGE DI VIA D’AMELIO, L’ANTECEDENTE: LA STRAGE DI CAPACI E GIOVANNI FALCONE

Per comprendere l’efferatezza della scia di sangue ad opera di Cosa Nostra il primo tassello da conoscere è quello dell’attentato di Falcone e della sua scorta: sono circa le 18 del 23 maggio 1992 quando il giudice, sua moglie e la scorta sono in viaggio verso Palermo: all’altezza di Capaci una tremenda esplosione di 5 quintali di tritolo uccide il magistrato simbolo della lotta alla mafia. Per capire alcuni aspetti delle vicende degli ultimi decenni è importante conoscere bene la ricostruzione un evento terribile che ha condizionato gli equilibri sociali e politici del nostro Paese: ecco il Riassunto della Strage di Capaci

STRAGE DI VIA D’AMELIO: LA DINAMICA

Dopo Falcone, nel mirino c’è proprio Paolo Borsellino. Il giudice, che ha ereditato le indagini su Cosa Nostra, viene ucciso. È consapevole di essere una probabile vittima, in bilico precario tra il suo dovere e l’aspettativa concreta di una morte violenta e ingiusta. Non per questo si ritira, anzi con maggiore convinzione, soprattutto dopo la morte dell’amico Falcone, si butta a capofitto nelle indagini. È un uomo protetto, sono state prese tutte le precauzioni del caso, almeno sulla carta, ma non basteranno ad evitare questa ennesima strage di mafia. In quei giorni caldi di luglio, Borsellino è in Puglia per una conferenza dove viene a sapere, da un’informativa del Ros, che a Palermo è arrivato il tritolo per ucciderlo. Dove e come, è impossibile saperlo. La via in cui avverrà l’attentato è via D’Amelio dove abita la madre del giudice, una strada stretta e senza uscita, un posto perfetto per far saltare una bomba. Le richieste fatte precedentemente sia dalle autorità  che dai residenti per vietare il parcheggio delle auto rimasero inascoltate. Fu lì che avvenne l’attentato. Ricostruiamo ciò che successe: la mattina del 19 luglio del 1992 Paolo Borsellino è a Villagrazia di Carini,la famiglia ha una casa al mare. Sono lì per pranzare insieme. Il giudice però decide di ritornare a  Palermo per fare visita alla madre. Nella casa al mare, un uomo fa da palo: è Biondino che controlla i suoi spostamenti e avverte gli altri, già in via D’Amelio, di tenersi pronti perché il loro obbiettivo sta per arrivare. Nei pressi della casa materna del giudice c’era una Fiat 126 rubata parcheggiata, dentro la quale erano stati messi circa 90 kg. di esplosivo, azionati a distanza alle ore 16.58, al passaggio del magistrato. Risuonano ancora nella mente le parole dell’agente sopravvissuto Antonino Vullo che descrisse così l’esplosione: «Il giudice e i miei colleghi erano già scesi dalle auto, io ero rimasto alla guida, stavo facendo manovra, stavo parcheggiando l’auto che era alla testa del corteo. Non ho sentito alcun rumore, niente di sospetto, assolutamente nulla. Improvvisamente è stato l’inferno. Ho visto una grossa fiammata, ho sentito sobbalzare la blindata. L’onda d’urto mi ha sbalzato dal sedile. Non so come ho fatto a scendere dalla macchina. Attorno a me c’erano brandelli di carne umana sparsi dappertutto».

STRAGE VIA D’AMELIO: I COLPEVOLI

Questi i fatti, ricostruiti attraverso molti processi che hanno portato alla condanna in via definitiva 47 persone, 25 delle quali all’ergastolo. Tra queste: Salvatore Riina, Pietro Aglieri, Salvatore Biondino, Giuseppe Graviano, Carlo Greco e Salvatore Profeta. Non vogliamo però terminare il nostro riassunto con questi nomi, macchiati di sangue, ma con le parole dello stesso Paolo Borsellino, ancora oggi, insieme a Falcone, emblema di coraggio e dovere civico:
Sono diventato giudice perchè nutrivo grandissima passione per il diritto civile ed entrai in magistratura con l’idea di diventare un civilista, dedito alle ricerche giuridiche e sollevato dalle necessità di inseguire i compensi dei clienti. La magistratura mi appariva la carriera per me più percorribile per dar sfogo al mio desiderio di ricerca giuridica, non appagabile con la carriera universitaria per la quale occorrevano tempo e santi in paradiso.
Fui fortunato e divenni magistrato nove mesi dopo la laurea (1964) e fino al 1980 mi occupai soprattutto di cause civili, cui dedicavo il meglio di me stesso. E’ vero che nel 1975 per rientrare a Palermo, ove ha sempre vissuto la mia famiglia, ero approdato all’Ufficio Istruzione Processi Penali, ma ottenni l’applicazione, anche se saltuaria, ad una sezione civile e continuai a dedicarmi soprattutto alle problematiche dei diritti reali, delle dispute legali, delle divisioni ereditarie etc.
Il 4 maggio 1980 uccisero il Capitano Emanuele Basile ed il Comm. Chinnici volle che mi occupassi io dell’istruzione del relativo procedimento. Nel mio stesso ufficio frattanto era approdato, provenendo anche egli dal civile, il mio amico di infanzia Giovani Falcone e sin dall’ora capii che il mio lavoro doveva essere un altro.
Avevo scelto di rimanere in Sicilia ed a questa scelta dovevo dare un senso. I nostri problemi erano quelli dei quali avevo preso ad occuparmi quasi casualmente, ma se amavo questa terra di essi dovevo esclusivamente occuparmi.
Non ho più lasciato questo lavoro e da quel giorno mi occupo pressocchè esclusivamente di criminalità mafiosa. E sono ottimista perchè vedo che verso di essa i giovani, siciliani e no, hanno oggi una attenzione ben diversa da quella colpevole indifferenza che io mantenni sino ai quarant’anni. Quando questi giovani saranno adulti avranno più forza di reagire di quanto io e la mia generazione ne abbiamo avuta
”.

RIASSUNTI E TEMI SULLA MAFIA: LE NOSTRE RISORSE

Per avere un quadro completo delle vicende di quegli anni ti proponiamo anche i nostri approfondimenti:

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