Ulisse e i personaggi femminili dell'Odissea: Penelope, Calipso, Nausicaa e Circe - Studentville

Ulisse e i personaggi femminili dell'Odissea: Penelope, Calipso, Nausicaa e Circe

Ulisse e le donne: le figure femminili nell?Odissea, analisi dei personaggi di Penelope, Calipso, Nausicaa e Circe con descrizione e differenze.

ULISSE E I PERSONAGGI FEMMINILI DELL’ODISSEA: PENELOPE, CALIPSO, NAUSICAA E CIRCE

Ulisse è uno dei personaggi più astuti e saggi che la letteratura mondiale ricordi e nei suoi viaggi ha incontrato molte donne che lo hanno reso ancora più interessante. I personaggi femminili dell’Odissea sono figure necessarie per il racconto di Omero, seppur con le dovute differenze, soprattutto in relazione ad Ulisse: l’eroe greco incontra donne e Dee con cui instaura rapporti diversi e che ne condizionano il viaggio, nel bene e nel male, finendo nella maggior parte dei casi con il garantirne la sopravvivenza.
Vediamo insieme allora le figure femminili più importanti dell’Odissea e conosciamo Penelope, Calipso, Nausicaa e Circe.

Cerchi un quadro più completo? Leggi: I personaggi dell'Odissea: descrizione e analisi

Ulisse e i personaggi femminili dell'Odissea: Penelope, Calipso, Nausicaa e Circe

ULISSE E LE DONNE DELL’ODISSEA

Nel racconto dell’Odissea alcuni episodi sono legati a figure femminili molto importanti, che entrano in relazione con Ulisse, svelandone aspetti particolari e condizionanone temporaneamente azioni e decisioni, ma non riescono mai a distoglierlo del tutto dal desiderio di tornare da Penelope, dalla sua famiglia e ad Itaca. Partiamo quindi proprio da lei.

Penelope, la moglie fedele

La figura di Penelope, donna paziente e devota è molto importante per capire quella di Ulisse. È una donna che attende il ritorno del marito, in viaggio per moltissimi anni se consideriamo la guerra di Troia e le peregrinazioni nel Mediterraneo, ma che non perde la speranza di rivederlo.
La stessa speranza di poter riabbracciare il proprio amore alberga in Ulisse, come possiamo notare leggendo questo passo dell’Odissea, Libro V, vv. 214-224:

E rispondendole disse l’accorto Odisseo
“O dea sovrana, non adirarti con me per questo:
so anch’io, e molto bene, che a tuo confronto
la saggia Penelope per aspetto e grandezza non val niente a vederla:
è mortale, e tu sei immortale e non ti tocca vecchiezza.
Ma anche così desidero e invoco ogni giorno
Di tornarmene a casa, vedere il ritorno.
Se ancora qualcuno dei numi vorrà tormentarmi sul livido mare
sopporterò, perché in petto ho un cuore avvezzo alle pene.
Molto ho sofferto, ho corso molti pericoli fra l’onde e in guerra:
e dopo quelli venga anche questo!”

Penelope, dunque, è la meta, il premio, la mortale che viene preferita a molte dee.  Non a caso, quindi, Omero la descrive come la donna piena di virtù per eccellenza che resiste ai Proci con l’inganno della tela che fila di giorno e disfa ogni notte per respingeri. L'intelligenza di questo stratagemma, con cui riese a rimandare per anni il giorno in cui la tela sarà completa e quindi lei dovrà scegliere un nuovo marito, non è un caso isolato: Penelope è colei che mette alla prova il marito con lo stratagemma del talamo nuziale, luogo di amore legittimo per gli antichi, che le permette infine di riconoscere Ulisse.
Il letto è un simbolo: è fatto con l’ulivo che cresce ad Itaca, ed è il legame che unisce marito e moglie. La regina finge di averlo spostato solo per capire se l'uomo che ha di fronte è davvero il suo sposo, l'unico a condividere con lei questo segreto.

Dal bagno uscì simile agli immortali d’aspetto;
e di nuovo sedeva sul seggio da cui s’era alzato,
in faccia alla sua donna, e le disse parola:
“Misera, fra le donne a te in grado sommo
Fecero duro il cuore gli dèi che han le case d’Olimpo;
nessuna donna con cuore tanto ostinato
se ne starebbe lontana dall’uomo, che dopo tanto soffrire,
tornasse al ventesimo anno nella terra dei padri.
Ma via, nutrice, stendimi il letto: anche solo
potrò dormire: costei ha un cuore di ferro nel petto”.
E a lui parlò la prudente Penelope:
“Misero, no, non son superba, non ti disprezzo,
non stupisco neppure: so assai bene com’eri
partendo da Itaca sulla nave lunghi remi.
Sì, il suo morbido letto stendigli, Euriclea,
fuori dalla solida stanza, quello che fabbricò di sua mano;
qui stendetegli il morbido letto, e sopra gettate il trapunto,
e pelli di pecora e manti e drappi splendenti”.
Così parlava, provando lo sposo: ed ecco Odisseo
Sdegnato si volse alla sua donna fedele:
“O donna, davvero è penosa questa parola che hai detto!
Chi l’ha spostato il mio letto? Sarebbe stato difficile
Anche a un esperto, a meno che un dio venisse in persona,
e, facilmente, volendo, lo cambiasse di luogo.
Tra gli uomini, no, nessun vivente, neanche in pieno vigore,
senza fatica lo sposterebbe, perché c’è un gran segreto
nel letto ben fatto, che io fabbricai, e nessun altro.
(…)
Ecco, questo segreto ti ho detto: e non so,
donna, se è ancora intatto il mio letto, o se ormai
qualcuno l’ha mosso, tagliando di sotto il piede d’olivo”.
Così parlò, e a lei di colpo si sciolsero le ginocchia ed il cuore,
perché conobbe il segno sicuro che Odisseo le diceva;
e piangendo corse a lui, dritta, le braccia
gettò intorno al collo a Odisseo, gli baciò il capo…

Infine, per meglio capire il rapporto tra Ulisse e Penelope, ecco un passo dell’Odissea che ci racconta l’incontro tra i due, dopo vent’anni di guerre e peripezie.
Gli sposi faticano a riconoscersi, soprattutto perché sono invecchiati. Omero descrive con attenzione il momento di tensione che poi avrà il suo scioglimento nei versi che vi abbiamo appena citato.

"Quando giunse e varcò la soglia di pietra,
sedette di fronte ad Odisseo, nella luce del focolare,
vicino alla parete opposta: egli, appoggiato ad una grande colonna,
stava seduto, lo sguardo a terra, aspettando se gli parlasse
la sposa illustre, dopo averlo visto con i suoi occhi.
Ma lei sedeva silenziosa, da molto, era sorpreso il suo cuore:
ora le sembrava di riconoscerlo guardandolo in viso,
ora invece le appariva sconosciuto con quelle vesti lacere.

(Libro XXIV, vv. 88-95)
Penelope è dunque saggia e forte, degna consorte dell'eroe che più di tutti incarna la conoscenza e la sete di sapere.

CONFRONTO TRA LE FIGURE FEMMINILI NELL'ODISSEA

Le altre donne di Ulisse:

  • Calipso, la ninfa innamorata

    Insieme ad altre ninfe, Calipso vive sull’isola di Ogigia in una grotta dove accoglie Ulisse quando approda solo sull’isola, dopo essere scampato alle tempeste di Scilla e Cariddi. I due diventeranno amanti ma Ulisse sa che deve fare di tutto per tornare ad Itaca, perché la sua casa e las ua sposa sono sempre nella sua mente.
    In realtà però l'eroe non sembra avere tutta questa fretta: trascorre insieme a Calipso ben 7 anni e saranno solo gli dei a convincere la ninfa, che addirittura era intenzionata a concedergli il dono dell’immortalità, a lasciarlo partire inviandole Mercurio come messaggero. Calipso deve obbedire ma è distrutta: la perdita dell’amato la rende furiosa e piena di dolore. Il suo amore è sincero ma la sua rabbia lo è ancora di più.
    Famoso è il passo dell’Odissea dove esplode il suo dolore per questa rinuncia:

    Così disse, rabbrividì Calipso, luminosa fra le dee,
    e rispondendogli disse parole suadenti:
    «Impietosi siete, o dèi, e invidiosi più di tutti,
    voi che vi sdegnate con le dee quando giacciono con gli uomini
    palesemente, se una di loro trova un amato marito…»
    (libro V, vv. 116-120)

  • Nausicaa, l'ancora di salvezza di Ulisse

    Nausicaa è la giovane figlia del re dei Feaci che, spinta dal consiglio della dea Atena, accoglie il naufrago Ulisse che le si presenta di fronte nudo mentre lei è intena a giocare con le sue ancelle sulla spiaggia. La ragazza gli procura delle vesti, e lo conduce nel palazzo del padre affinché racconti la sua storia. Nel libro  VI, ai vv. 145-159 è raccontato l'incontro:

    Così, pensando, gli parve cosa migliore,
    pregar di lontano, con parole di miele,
    ché a toccarle i ginocchi non si sdegnasse in cuore la vergine.
    Subito dolce e accorta parola parlò:
    “Io mi t’inchino, signora: sei dea o sei mortale?
    Se dea tu sei, di quelli che il cielo vasto possiedono,
    Artemide, certo, la figlia del massimo Zeus,
    per bellezza e grandezza e figura mi sembri.
    Ma se tu sei mortale, di quelli che vivono in terra,
    tre volte beati il padre e la madre sovrana,
    tre volte beati i fratelli: perché sempre il cuore
    s’intenerisce loro di gioia, in grazia di te,
    quando contemplano un tal boccio muovere a danza.
    Ma soprattutto beatissimo in cuore, senza confronto,
    chi soverchiando coi doni, ti porterà a casa sua.
    Mai cosa simile ho veduto con gli occhi,
    né uomo, né donna: e riverenza a guardarti mi vince.

    Nel poema Nausicaa rappresenta la salvezza, perché partirà proprio da qui il viaggio di ritorno verso casa con una nave nuova.
    Nausica viene descritta con una giovane donna in età da marito che vede in Ulisse l’uomo che vorrebbe al suo fianco. In realtà, nonostante la sua età, è anche molto saggia, tanto che consiglia all’eroe di prendere una strada diversa per arrivare al palazzo del padre e per evitare i possibili pettegolezzi dei Feaci:

    Voglio però sfuggire alle loro chiacchiere maligne, poiché temo
    Che qualcuno mi mormori alle spalle: ci sono dei prepotenti fra il popolo:
    e uno più maligno, incontrandoci, potrebbe dire:
    «Chi è mai questo straniero, bello e forte, che segue Nausicaa?
    Dove mai lo ha trovato? Certo sarà suo sposo.
    Oppure ha soccorso un naufrago prima della sua nave,
    uno straniero, che proviene da genti lontane, poiché non abbiamo vicini;
    oppure è un dio, che le giunse dopo tante preghiere
    scendendo dal cielo, e la avrà per sempre?
    Meglio, se da sé si è trovata marito,
    che viene da fuori: infatti disprezza quelli della sua terra,
    i Feaci, che, numerosi e pur nobili, la desiderano in moglie.»
    Così diranno, ed io proverei vergogna.
    E anch’io biasimerei un’altra, che si comportasse così,
    che contro il volere del padre e della madre
    andasse in giro con uomini, prima delle pubbliche nozze.
    (Libro VI, vv. 273-288)

  • Circe, la maga ammaliatrice

    Circe è il personaggio femminile più misterioso dell’Odissea. Figlia degli dei e abitante solitaria dell’isola di Eea, vive in uno palazzo difeso da belve feroci e, dopo avere ammaliato i compagni di Ulisse con il suo canto e con bevande velenose, non esita a trasformarli in maiali.
    Anche l'eroe è una sua preda ma fortunatamente rifiuta le sue offerte, essendo stato tempestivamente avvertito da Hermes. L'incontro tra Circe e Ulisse pone in risalto un'importante dote dell'eroe: il suo essere un vero capo, con un grande senso di responsabilità nei confronti dei suoi compagni.
    Ecco come reagisce al corteggiamento della maga nel libro X, vv. 335-347:

    Così parlava, ma io ricambiandola dissi:
    "O Circe, come m'inviti a esserti amico,
    tu che porci m'hai fatto nel tuo palazzo i compagni,
    e me ora qui avendo, con inganno m'adeschi
    a entrare nel talamo, a salire sul tuo letto,
    per frmi poi, così nudo, vile e impotente?
    Non vorrò certo salire il tuo letto,
    se non hai cuore, o dea, di giurarmi il gran giuramento
    che nessun sortilegio trami ancora a mio danno".
    Così dicevo, e lei subito giurò come volli,
    e quando ebbe giurato, compiuta la formula,
    allora solo di Circe salii il letto bellissimo.

    Alla fine, però, Ulisse diventa l’amante di Circe, ottenendo così la liberazione dei suoi compagni di viaggio dall’incantesimo. Per un anno lui e i suoi compagni vivono nel palazzo di Circe ma vogliono tutti ardentemente fare ritorno a casa e sollecitano Ulisse che, da quello che leggiamo nel racconto, sembra aver rimosso dal suo cuore questo desiderio (come sappiamo, poi, gli accadrà nuovamente con Calipso).
    La maga acconsente e ciò che stupisce è che, al contrario di Calipso, Circe lo lascia andare senza tante remore o sofferenze, anzi gli fornisce anche dei consigli preziosi per le nuove sfide, una tra tutte il viaggio nell’oltretomba. Circe però non è innamorata di Ulisse, è solo un personaggio pervaso dalla solitudine che preferirebbe non rinunciare alla compagnia maschile che con tanta grazia ha convinto a restare con lei.
    Infatti leggiamo nell’Odissea, nel libro X, vv. 347-350:

    "Suvvia, la tua spada riponi nel fodero;
    saliamo noi due sul mio letto, così che sul letto
    insieme congiunti in amore, possiamo
    scambiare fra noi la fiducia dell’animo"
     

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