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Liceo Scientifico "G.Battaglini" |
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L'Infinito - Leopardi; il sentimento del Sublime |
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Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
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Tratto dai Piccoli Idilli,
L'Infinito è la poesia della grandezza e insieme della miseria
dell'uomo:
della grandezza, perché l'uomo, unico tra tutti gli esseri, ha la capacità di intuire una realtà più vasta, l'infinito spaziale e temporale; della miseria, perché, limitato com'è, l'uomo partecipa soltanto con l'immaginazione, e non concretamente ed eternamente, come pure vorrebbe, alla più ampia vita di quell'infinito. Sprofondando negli abissi dell'interiorità, concepita come unica realtà esistente, tende senza posa all'infinito, nell'insofferenza per ogni limite e costrizione, nell'ansia mistica di superare le barriere del reale per attingere ad una realtà più vera che è al di là di esse, in cui l'io si identifica con la totalità e in questa voglia di "altrove" si nasconde il bisogno di fuggire dalla grigia piattezza del mondo che si lascia vivere dalla quotidianità, complici particolari sensazioni vaghe e indefinite che inducono l'uomo a crearsi con l'immaginazione quell'infinito, in realtà irraggiungibile, cui aspira. |
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Il Leopardi lo paragona ad un'ansia,
una tensione, lo slancio vitale dell'individuo, lo identifica col principio
del piacere e la brama assoluta di felicità che nell'uomo è
fondamentale, illimitata e che urta contro ogni insormontabile ostacolo
della vita e che spinge l'immaginazione a concepire un'idea di piacere
infinito.
Il limite-siepe, qui, è il trampolino per il tuffo dello spirito nel mare dell'immaginazione, che così diventa la vera protagonista della poesia, come si capisce dal verso "io nel pensier mi fingo": tutto il percorso è immaginato all'interno della fantasia dell'autore che lascia fluire liberi i propri pensieri nell' infinito.Tale è la grandezza degli spazi e l'immensità del tempo che il cuore sobbalza: "per poco il cor non si spaura". Mente e cuore, abituati a vivere nel finito, quasi si smarriscono nell'infinito, come il jolly si spaura nell'incontro con se stesso... Caratteristica principale dell'indefinito è il "perdersi", l'"estasi", alludendo così ad una dimensione diversa dal reale; di conseguenza l'infinito è immagine del "diverso", del "vago", dell'"incompleto" ed è lo spazio assoluto della poesia. Il senso di sgomento che l'uomo prova di fronte alla grandezza della Natura, sia nel suo aspetto pacifico, sia, ancora di più, nel momento della sua impetuosità, quando ognuno di noi sente la sua piccolezza, la sua estrema fragilità, la sua finitezza; ma al tempo stesso, proprio perchè cosciente di questo, intuisce l'infinito e si rende conto che l'anima possiede una facoltà superiore alla misura dei sensi: ecco spiegato il sentimento del sublime. Scrive Kant: "Noi diciamo sublime ciò che è assolutamente grande, ciò che è grande al di là di ogni comparazione noi non possiamo avere per esso alcuna misura adatta fuori di lui, né altro criterio v'è in esso stesso. È infatti una grandezza che è uguale a se stessa al cui paragone tutto il rimanente è piccolo [..] Le rocce che s'elevano ardite e quasi minacciose, le nuvole temporalesche che s'ammassano nel cielo tra lampi e tuoni, i vulcani nella loro potenza devastatrice, gli uragani che lasciano dietro di sé la devastazione, l'oceano senza limite sollevatesi la tempesta, l'alta cascata di un grande fiume, tutte queste cose riducono a un insignificante piccolezza il nostro potere di resistere a tanta forza. Ma la loro vista ci esalta tanto più quanto più è spaventevole, a condizione che ci troviamo al sicuro. Ma l'animo si sente elevato quando contemplando queste cose, senza riguardo alla loro forma, si abbandona all'immaginazione e alla ragione, la quale pur unendosi all'immaginazione senza alcun fine determinato, la estende e insieme trova che tutta la potenza dell'immaginazione stessa è inadeguata alla sue idee." Il sublime, quindi, è generato dall'animo umano davanti all'irrompere della Natura infinita |