Liceo Scientifico "G.Battaglini"
Taranto

 

Introduzione

Non sono una giocatrice d'azzardo, né una chiromante.
Sono solo una che camminando per vie più o meno affollate spesso si chiede:

"Quell'uomo laggiù... che carta sarebbe in un mazzo?"

Sarà paradossale, ma provate a pensarla così: siamo stati gettati sul tavolo dell'universo, tutto sommato, senza volerlo, direbbe Heidegger… la prima scelta (la scelta di vivere) non è la nostra! Noi non siamo fondamento del nostro fondamento! ma ormai è qui che dobbiamo giocare la nostra partita, comporre il nostro solitario! Ogni uomo ha la sua missione, ognuno il suo colore, il suo seme, il suo numero…AssoDiCuori, FanteDiPicche, 9diFiori... e ognuno recita ruoli iper-improvvisati nel magico teatro della civiltà; e ognuno è talmente immerso nel proprio ruolo che la rappresentazione non ha mai pubblico: non c'è nessun estraneo, nessuno sguardo obiettivo!
Eppure ad un tratto qualcuno risponde alla fatidica domanda pseudo-folle con un semplicissimo:
"E me lo chiedi?...sarei sicuramente un jolly!"
e allora l'intero solitario sembra essere sul punto di autodistruggersi... perché il jolly non ha un seme e non ha un valore, non ha la forza dei re, nè la grazia delle donne o la presenza del fante; non ha un posto definito nel solitario della vita come i Due, i Tre, i Nove, fa parte del mazzo ma ne è estraneo, tanto da poterlo togliere senza che nessuno sembri sentirne la mancanza. E proprio per questo non subisce il gioco del mazziere, perché il jolly riesce a costruire la sua rappresentazione e contemporaneamente ad esserne suo spettatore... è l'unico che fa un passo indietro, e dallo schermo riesce a saltare in sala (a dispetto del regista!), trovando la strada per i posti a sedere… il jolly si aggira senza pace tra gli "elfi", come una spia nella fiaba. Arriva a certe conclusioni, ma non ha nessuno a cui riferirle... ogni istante si guarda allo specchio e stenta a riconoscersi: ha una sfumatura diversa il suo sguardo oggi... e in ogni istante gli sembra cosi inverosimile il fatto di poter esistere davvero, che non riesce ad abituarsi all'idea!
E nell'inautentica esistenza degli altri, sempre più sbiaditi e meno presenti a se stessi, lui è l'unico a notare il generale vuoto di coscienza di sé. Lui sa di appartenere ad un enigma che non si riesce a decifrare... e proprio per le sue strane certezze e per la sua ferma instabilità si sente considerato Matto dagli "elfi"... sono pochi quelli come lui, con il suo stesso tintinnante cappello colorato... ma poco importa! Lui continuerà a cercare risposte alle spiazzanti domande che pone a se stesso, pronto a fermarsi guardandosi indietro, mostrando orgoglioso i suoi pensieri e sperando che, come i suoi campanelli tintinnanti, essi sveglino tutti dal torpore del solitario, rendendoli parte attiva del tutto... nella voglia di non rimanere "esseri gettati per caso su un'isola", ma di diventare piuttosto "esserci", con piena consapevolezza di sé, per avere cura degli altri e prendersi cura del mondo!