Liceo Scientifico "G.Battaglini"
Taranto

 

Essere e Tempo - Heidegger

In Essere e Tempo, l'intento di Heidegger è quello di costruire un'ontologia (studio dell'essere in quanto tale) che partendo da una vaghissima comprensione dell'essere giunga a una determinazione piena e completa del suo senso.
Basata sulla domanda "Che cosa è l'essere?", l'ontologia prevede un ente da interrogare alla ricerca di risposte.
Ed è sull'uomo, col suo primato ontologico sugli altri enti, che deve cadere la scelta dell'interrogato. Colui che è in grado di porsi questo interrogativo, Heidegger lo chiama Esserci, prima l'ho chiamato jolly. L'Esserci, non solo può comprendere l'essere (poiché in grado di "rapportarsi" sia al proprio essere, che all'essere in generale),


Todtnauberg, nella Foresta Nera, il luogo dove
fu scritto Essere e tempo

ma può anche essere (poiché è ciò che lui stesso progetta di essere); può "scegliersi", conquistarsi, oppure perdersi e non conquistarsi affatto o conquistarsi solo "apparentemente" (scelta ontica).
Può scegliere se essere il jolly, l'inaspettato, oppure una carta qualunque, con un ruolo e una maschera dei quali è completamente inconsapevole o, peggio ancora, che ha dimenticato dopo essersi perso nel gioco e nelle abitudini, non esistendo più (ex-sistere: stare al di fuori, al di là) ma lasciandosi vivere.
Questa scelta, tuttavia, appare fortemente influenzata dalla condizione ontologica dell'uomo in genere, poiché l'uomo, studiato nella sua quotidianità, non è mai completamente isolato: è sempre un essere-nel-mondo e un essere fra gli altri.
L'uomo è nel mondo in modo tale da progettare il mondo stesso secondo un piano globale di utilizzabilità, volto a subordinare le cose ai suoi bisogni e ai suoi scopi (prendersi cura delle cose) e contemporaneamente deve aver cura degli altri uomini, atteggiamento che può significare sottrarre agli altri le loro cure (esistenza inautentica), oppure aiutarli ad essere liberi di assumersi le loro cure (esistenza autentica), magari facendoli risvegliare dal torpore che li avvolge.
L'esistenza anonima, basata sul "si dice", sulla chiacchiera, sulla curiosità e sull'equivoco, non è sottoposta a condanna, e alla base della sua scelta c'è la deiezione, cioè la caduta dell'essere dell'uomo al livello delle cose del mondo, l'uomo diventa fatto, si sente abbandonato ad essere ciò che è. E chi rimane disperso nel mondo, nello stato dell'essere gettato, cioè in balia della sorte, dei desideri e dei pregiudizi, non si appartiene!
Ciò che richiama l'uomo alla sua esistenza autentica (il tintinnio dei sonagli) è la voce della coscienza, il richiamo dell'esistenza a se stessa. Così l'uomo si rende conto che il suo essere è temporalità, perchè nel tentativo di trascendere, di progettarsi in avanti, viene gettato all'indietro a causa del suo essere di fatto che lo inchioda al passato, mentre, nell'esistenza inautentica, è soggetto alla deiezione che non gli permettere di vivere autenticamente il presente.
Il tempo, in questa visione, è, quindi, una realtà utilizzabile e da utilizzare: il buon uso delle cose è ciò che fa di un uomo un saggio, dotato di virtù, che si possiede pienamente.