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Chi sono:

Fabio Giuliani
Nato il 30 marzo 1988 a Senigallia (AN) risiedo a Castel di Lama (AP).

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MARINETTI - FONDAZIONE E MANIFESTO DEL FUTURISMO Pubblicato da "Le Figaro" di Parigi il 20 febbraio 1909

 

Avevamo vegliato tutta la notte - i miei amici ed io - sotto lampade di moschea dalle cupole di ottone traforato, stellate come le nostre anime, perché come queste irradiate dal chiuso fulgòre di un cuore elettrico. Avevamo lungamente calpestata su opulenti tappeti orientali la nostra atavica accidia, discutendo davanti ai confini estremi della logica ed annerendo molta carta di frenetiche scritture. Un immenso orgoglio gonfiava i nostri petti, poiché ci sentivamo soli, in quell'ora, ad esser desti e ritti, come fari superbi o come sentinelle avanzate, di fronte all'esercito delle stelle nemiche, occhieggianti dai loro celesti accampamenti. Soli coi fuochisti che s'agitano davanti ai forni infernali delle grandi navi, soli coi neri fantasmi che frugano nelle pance arroventate delle locomotive lanciate a pazza corsa, soli cogli ubriachi annaspanti, con un incerto batter d'ali, lungo i muri della città. Sussultammo ad un tratto, all'udire il rumore formidabile degli enormi tramvai a due piani, che passano sobbalzando, risplendenti di luci multicolori, come i villaggi in festa che il Po straripato squassa e sràdica d'improvviso, per trascinarli fino al mare, sulle cascate e attraverso i gorghi di un diluvio. Poi il silenzio divenne più cupo. Ma mentre ascoltavamo l'estenuato borbottìo, di preghiere del vecchio canale e lo scricchiolar dell'ossa dei palazzi moribondi sulle loro barbe di umida verdura, noi udimmo subitamente ruggire sotto le finestre gli automobili famelici. - Andiamo, diss'io; andiamo, amici! Partiamo! Finalmente, la mitologia e l'ideale mistico sono superati. Noi stiamo per assistere alla nascita del Centauro e presto vedremo volare i primi Angeli!...Bisognerà scuotere le porte della vita per provarne i cardini e i chiavistelli!  Partiamo! Ecco, sulla terra, la primissima aurora! Non v'è cosa che agguagli lo splendore della rossa spada del sole che schermeggia per la prima volta nelle nostre tenebre millenarie!... Ci avvicinammo alle tre belve sbuffanti, per palparne amorosamente i torridi petti. Io mi stesi sulla mia macchina come un cadavere nella bara, ma subito risuscitai sotto il volante, lama di ghigliottina che minacciava il mio stomaco. La furente scopa della pazzia ci strappò a noi stessi e ci cacciò attraverso le vie, scoscese e profonde come letti di torrenti. Qua e là una lampada malata, dietro i vetri d'una finestra, c'insegnava a disprezzare la fallace matematica dei nostri occhi perituri. Io gridai: - Il fiuto, il fiuto solo, basta alle belve! E noi, come giovani leoni, inseguivamo la Morte, dal pelame nero maculato di pallide croci, che correva via pel vasto cielo violaceo, vivo e palpitante. Eppure non avevamo un'Amante ideale che ergesse fino alle nuvole la sua sublime figura, né una Regina crudele a cui offrire le nostre salme, contorte a guisa di anelli bizantini! Nulla, per voler morire, se non il desiderio di liberarci finalmente dal nostro coraggio troppo pesante! E noi correvamo schiacciando su le soglie delle case i cani da guardia che si arrotondavano, sotto i nostri pneumatici scottanti, come solini sotto il ferro da stirare. La Morte, addomesticata, mi sorpassava ad ogni svolto, per porgermi la zampa con grazia, e a quando a quando si stendeva a terra con un rumore di mascelle stridenti, mandandomi, da ogni pozzanghera, sguardi vellutati e carezzevoli. - Usciamo dalla saggezza come da un orribile guscio, e gettiamoci, come frutti pimentati d'orgoglio, entro la bocca immensa e tôrta del vento!...Diamoci in pasto all'Ignoto, non già per disperazione, ma soltanto per colmare i profondi pozzi dell'Assurdo! Avevo appena pronunziate queste parole, quando girai bruscamente su me stesso, con la stessa ebrietà folle dei cani che voglion mordersi la coda, ed ecco ad un tratto venirmi incontro due ciclisti, che mi diedero torto, titubando davanti a me come due ragionamenti, entrambi persuasivi e nondimeno contradittorii. Il loro stupido dilemma discuteva sul mio terreno...Che noia! Auff!...Tagliai corto, e, pel disgusto, mi scaraventai colle ruote all'aria in un fossato... Oh! materno fossato, quasi pieno di un'acqua fangosa! Bel fossato d'officina! Io gustai avidamente la tua melma fortificante, che mi ricordò la santa mammella nera della mia nutrice sudanese...Quando mi sollevai - cencio sozzo e puzzolente - di sotto la macchina capovolta, io mi sentii attraversare il cuore, deliziosamente, dal ferro arroventato della gioia! Una folla di pescatori armati di lenza e di naturalisti podagrosi tumultuava già intorno al prodigio. Con cura paziente e meticolosa, quella gente dispose alte armature ed enormi reti di ferro per pescare il mio automobile, simile ad un gran pescecane arenato. La macchina emerse lentamente dal fosso, abbandonando nel fondo, come squame, la sua pesante carrozzeria di buon senso e le sue morbide imbottiture di comodità. Credevano che fosse morto, il mio bel pescecane, ma una mia carezza bastò a rianimarlo, ed eccolo risuscitato, eccolo in corsa, di nuovo, sulle sue pinne possenti! Allora, col volto coperto della buona melma delle officine - impasto di scorie metalliche, di sudori inutili, di fuliggini celesti - noi, contusi e fasciate le braccia ma impavidi, dettammo le nostre prime volontà a tutti gli uomini vivi della terra:
 
Manifesto del Futurismo
 1. Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.

2. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.

3. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.

4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo...un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.

5. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.

6. Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.

7. Non v'è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo.

8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!...Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente.

9. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertarî, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.

10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria.

11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori o polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l'orizzonte, le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.


E' dall'Italia, che noi lanciamo pel mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria, col quale fondiamo oggi il "Futurismo", perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologhi, di ciceroni e d'antiquarii. Già per troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagl'innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri innumerevoli. Musei: cimiteri!...Identici, veramente, per la sinistra promiscuità di tanti corpi che non si conoscono. Musei: dormitorî pubblici in cui si riposa per sempre accanto ad esseri odiati o ignoti! Musei: assurdi macelli di pittori e scultori che vanno trucidandosi ferocemente a colpi di colori e di linee, lungo le pareti contese! Che ci si vada in pellegrinaggio, una volta all'anno, come si va al Camposanto nel giorno dei morti...ve lo concedo. Che una volta all'anno sia deposto un omaggio di fiori davanti alla Gioconda, ve lo concedo...Ma non ammetto che si conducano quotidianamente a passeggio per i musei le nostre tristezze, il nostro fragile coraggio, la nostra morbosa inquietudine. Perché volersi avvelenare? Perché volere imputridire? E che mai si può vedere, in un vecchio quadro, se non la faticosa contorsione dell'artista, che si sforzò di infrangere le insuperabili barriere opposte al desiderio di esprimere interamente il suo sogno?...Ammirare un quadro antico equivale a versare la nostra sensibilità in un'urna funeraria, invece di proiettarla lontano, in violenti getti di creazione e di azione. Volete dunque sprecare tutte le forze migliori, in questa eterna ed inutile ammirazione del passato, da cui uscite fatalmente esausti, diminuiti e calpesti? In verità io vi dichiaro che la frequentazione quotidiana dei musei, delle biblioteche e delle accademie (cimiteri di sforzi vani, calvarii di sogni crocifissi, registri di slanci troncati...) è per gli artisti, altrettanto dannosa che la tutela prolungata dei parenti per certi giovani ebbri del loro ingegno e della loro volontà ambiziosa. Per i moribondi, per gl'infermi, pei prigionieri, sia pure: - l'ammirabile passato è forse un balsamo ai loro mali, poiché per essi l'avvenire è sbarrato... Ma noi non vogliamo più saperne, del passato, noi, giovani e forti futuristi! E vengano dunque, gli allegri incendiarii dalle dita carbonizzate! Eccoli! Eccoli!...Suvvia! date fuoco agli scaffali delle biblioteche!...Sviate il corso dei canali, per inondare i musei!...Oh, la gioia di veder galleggiare alla deriva, lacere e stinte su quelle acque, le vecchie tele gloriose!... .Impugnate i picconi, le scuri, i martelli e demolite senza pietà le città venerate!
I più anziani fra noi, hanno trent'anni: ci rimane dunque almeno un decennio, per compier l'opera nostra. Quando avremo quarant'anni, altri uomini più giovani e più validi di noi, ci gettino pure nel cestino, come manoscritti inutili - Noi lo desideriamo! Verranno contro di noi, i nostri successori; verranno di lontano, da ogni parte, danzando su la cadenza alata dei loro primi canti, protendendo dita adunche di predatori, e fiutando caninamente, alle porte delle accademie, il buon odore delle nostre menti in putrefazione, già promesse alle catacombe delle biblioteche. Ma noi non saremo là...Essi ci troveranno alfine  - una notte d'inverno - in aperta campagna, sotto una triste tettoia tamburellata da una pioggia monotona, e ci vedranno accoccolati accanto ai nostri aeroplani trepidanti e nell'atto di scaldarci le mani al fuocherello meschino che daranno i nostri libri d'oggi fiammeggiando sotto il volo delle nostre immagini. Essi tumultueranno intorno a noi, ansando per angoscia e per dispetto, e tutti, esasperati dal nostro superbo, instancabile ardire, si avventeranno per ucciderci, spinti da un odio tanto più implacabile inquantoché i loro cuori saranno ebbri di amore e di ammirazione per noi. La forte e sana Ingiustizia scoppierà radiosa nei loro occhi. - L'arte, infatti, non può essere che violenza, crudeltà ed ingiustizia. I più anziani fra noi hanno trent'anni: eppure, noi abbiamo già sperperati tesori, mille tesori di forza, di amore, d'audacia, d'astuzia e di rude volontà; li abbiamo gettati via impazientemente, in furia, senza contare, senza mai esitare, senza riposarci mai, a perdifiato...Guardateci! Non siamo ancora spossati! I nostri cuori non sentono alcuna stanchezza, poiché sono nutriti di fuoco, di odio e di velocità!...Ve ne stupite?...E' logico, poiché voi non vi ricordate nemmeno di aver vissuto! Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo una volta ancora, la nostra sfida alle stelle! Ci opponete delle obiezioni?...Basta! Basta! Le conosciamo...Abbiamo capito!...La nostra bella e mendace intelligenza ci afferma che noi siamo il riassunto e il prolungamento degli avi nostri. - Forse!...Sia pure!...Ma che importa? Non vogliamo intendere!...Guai a chi ci ripeterà queste parole infami!... Alzare la testa!... Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo, una volta ancora, la nostra sfida alle stelle!...  
 
MARINETTI CONTRO I PROFESSORI  
Nella nostra lotta contro la passione professorale del passato, noi rinneghiamo violentemente l'ideale e la dottrina di Nietzsche. Mi preme dimostrare qui che la critica si è assolutamente ingannata, nel considerarci come dei nuovi nietzschiani. Vi basterà infatti considerare la parte costruttiva dell'opera del grande filosofo tedesco, per convincervi che il suo Superuomo, generato nel culto filosofico della tragedia greca, suppone in suo padre un ritorno appassionato verso il paganesimo e la mitologia. Nietzsche resterà, malgrado tutti i suoi slanci verso l'avvenire, uno dei più accaniti difensori della grandezza e della bellezza antiche. E' un passatista che cammina sulle cime dei monti tessalici, coi piedi disgraziatamente impacciati da lunghi testi greci. Il suo Superuomo è un prodotto dell'immaginazione ellenica, costruito coi tre grandi cadaveri putrefatti di Apollo, di Marte e di Bacco. E' un miscuglio della Bellezza elegante, della forza guerresca e dell'ebbrezza dionisiaca, quali ci sono rivelate dalla grande arte classica.Noi opponiamo a questo Superuomo greco, nato nella polvere delle biblioteche, l'Uomo moltiplicato per opera propria, nemico del libro, amico dell'esperienza personale, allievo della Macchina, coltivatore accanito della propria volontà, lucido nel lampo della sua ispirazione, munito di fiuto felino di fulminei calcoli, d'istinto selvaggio, d'intuizione, di astuzia e di temerità. I figli della generazione attuale, che vivono fra il cosmopolitismo, la marea sindacalista e il volo degli aviatori sono come abbozzi dell'uomo moltiplicato che noi prepariamo. Per occuparci di lui, noi abbandonammo Nietzsche, una sera di dicembre, sulla soglia di una biblioteca che inghiottì il filosofo fra i suoi battenti di calore dotto e comodo. Nietzsche non avrebbe certo vomitato come noi, di disgusto, leggendo sulle facciate dei Musei, delle Accademie, delle Biblioteche e delle Università questi principi infami, scritti col gesso dell'imbecillità:
VOI N0N PENSERETE PIÚ! VOI N0N DIPINGERETE PIÚ! VOI N0N COSTRUIRETE PIÚ! NESSUN0 P0TRÁ MAI SUPERARE I MAESTRI! QUALSIASI ORIGINALITÁ É VIETATA! BAND0 ALLE F0LLIE E ALLE STRAVAGANZE! BIS0GNA C0PIARE COPIARE C0PIARE! PER C0NQUISTARE IL PARADIS0 DELL'ARTE, BISOGNA IMITARE LA VITA DEI NOSTRI SANTI.
Ma noi non abbiamo ascoltato i consigli prudenti che Nietzsche ci avrebbe dati e abbiamo contemplato con orrore la gioventù italiana che colava, tristemente canalizzata, verso quelle grandi fogne dell'intellettualità. Non dormimmo, quella notte, e all'alba ci arrampicammo fin sopra alle porte delle Accademie, dei Musei, delle Biblioteche e delle Università, per scrivervi col carbone eroico delle officine questa dedica, che è anche una risposta al Superuomo classico di Nietzsche:
AL TERREMOTO, LORO UNICO ALLEATO I FUTURISTI DEDICANO QUESTE ROVINE DI ROMA E DI ATENE.
Quel giorno le vecchie muraglie dotte furono scosse dal nostro grido inaspettato:
Guai a chi si lascia afferrare dal dèmone dell'ammirazione! Guai a chi ammira ed imita il passato! Guai a chi vende il suo genio!
Voi dovete combattere con accanimento questi tre nemici irriducibili e corruttori dell'Arte: l'Imitazione, la Prudenza e il Denaro, che si riducono a uno solo: la Viltà. Viltà contro gli esempi ammirabili e contro le formole acquisite. Viltà contro il bisogno d'amore e contro la paura della miseria che minacciano la vita necessariamente eroica dell'artista!... Poeti, pittori, scultori, musicisti, dovete lottare, dovunque lottare dentro e fuori di voi, come avete lottato stamane, nel lasciare il vostro letto, contro un principio di inerzia e di sonno. Poiché il mondo ha bisogno soltanto di eroismo, scusate con noi il gesto d'indisciplina sanguinaria dello studente palermitano Lidonni, il quale si vendicò, a dispetto delle leggi, di un professore tirannico. I professori passatisti sono i soli responsabili di questo assassinio: i professori passatisti, che vogliono soffocare in fetidi canali sotterranei l'indomabile energia della gioventù italiana. Quando, quando si finirà di castrare gli spiriti che devono creare l'avvenire? Quando si finirà d'insegnare l'abbrutente adorazione di un passato insuperabile, ai ragazzi che si vogliono ridurre ad altrettanti piccoli cortigiani sgobboni? Affrettiamoci a rifare ogni cosa! - Bisogna andare controcorrente. Presto verrà il momento in cui noi non potremo più accontentarci di difendere le nostre idee con degli schiaffi e dei pugni, e dovremo allora inaugurare l'attentato in nome del pensiero, l'attentato artistico, l'attentato letterario, contro la crosta glorificata e contro il professore tirannico. Ma la viltà dei nostri nemici ci eviterà forse il lusso di ucciderli. Non sono paradossi, questi, credetemi! Bisogna ad ogni costo trar fuori l'Italia da questa crisi di vigliaccheria passatista. Che ne dite, per esempio, di quel progetto futurista che consiste nell'introdurre in tutte le scuole un corso regolare di rischi e di pericoli fisici? I ragazzi sarebbero sottoposti, indipendentemente dalla loro volontà, alla necessità di affrontare continuamente una serie di pericoli sempre imprevisti come: l'incendio, l'annegamento, il crollo d'un soffitto o altri simili disastri... Ora, il coraggio è precisamente la materia prima perché, secondo la grande speranza futurista, tutte le autorità, tutti i diritti e tutti i poteri siano brutalmente strappati ai morti e ai moribondi e dati ai giovani fra i venti e i quarant'anni. Mentre aspettiamo la guerra con l'Austria, che invochiamo, noi oggi non troviamo altro d'interessante, sulla terra, che le belle morti, continue e disinvolte, degli aviatori. Blériot ebbe ragione di gridare: "Occorrono ancora molti e molti cadaveri, al progresso!..."  Non amiamo il sangue se non quando sia sprizzato dalle arterie, e tutto il resto è vigliaccheria. Devo aggiungere che per tutte queste buone ragioni noi non siamo amati dai magistrati. I poliziotti ci sorvegliano, i preti si ritraggono al nostro passare, e i socialisti ci odiano cordialmente. Noi rendiamo a tutti costoro quest'odio e questo disprezzo, poiché in essi disprezziamo dei rappresentanti indegni di idee pure e non terrestri, quali la Giustizia, la Divinità, l'Uguaglianza e la Libertà. Siccome queste idee pure e assolute sono più d'ogni altra suscettibili d'insudiciarsi, esse non possono, assolutamente, essere maneggiate dai passatisti.