NAZISMO

Il nazionalsocialismo è un movimento politico nato in Germania intorno al 1919 in conformità ad un esasperato nazionalismo. Fu ribattezzato come partito nazionalsocialista dei lavoratori, comunemente chiamato partito nazista, e fu trasformato da Hitler in uno strumento per la conquista del potere, prese come simbolo la svastica formando un esercito privato, la SA, che serviva ad intimidire i suoi avversari politici. Con un’abile propaganda, Hitler riuscì ad assicurarsi un crescendo di favore popolare e seppe soprattutto essere per le masse esasperate da anni di governo debole, il simbolo dello stato d’ordine che nel giro di pochi anni gli diede la Germania nelle mani. I comunisti furono accusati di voler sovvertire l’ordine su cui si fondava lo stato e su cui era fondata la moderna Germania e quindi furono schiacciati con tutti i mezzi. Quando la propaganda non bastò più i nazisti ricorsero all’assassinio politico, ai ricatti, alla deportazione e alla tortura. Ai tedeschi Hitler prospettò la costruzione di un "ordine nuovo" che avrebbe dovuto durare mille anni in cui erano previste l’unificazione di tutti i tedeschi, la supremazia della Germania in Europa e l’acquisizione di "spazi vitali" ad est con l’eliminazione di masse di slavi. Al fine di far esaltare il mito del biondo tedesco, puro ariano nordico, occorreva porre la scelta di qualcosa che fosse il contrario. Si scatenò allora una furiosa ondata di persecuzioni contro gli ebrei, accusati di inquinare la razza tedesca, culminate poi nel massacro della "soluzione finale". Elementi centrali dell’ideologia nazista erano la dottrina razziale e la teoria dello "spazio vitale". Il nazismo predicava la superiorità della razza ariana, la razza padrona destinata a dominare il mondo e le altre razze, e un violento odio per gli ebrei, considerati colpevoli di tutti i problemi della Germania. La razza ebraica alla quale si deve la produzione di tutti i moderni veleni come il capitalismo, finanza, democrazia…Furono proibiti i matrimoni con persone che avessero sino ad una quarto di sangue ebraico. Gli ebrei furono esclusi dalle attività professionali e dagli affari, mentre i loro beni erano confiscati. Nel 1939 si passò ad una politica di totale sterminio; altri popoli furono coinvolti nella politica razziale nazista che presupponeva una scala discendente di diritti civili e politici in cui il gradino più alto era destinato alla razza tedesca. L’antisemitismo in ogni modo costituì un forte mezzo psicologico di coesione della società tedesca e di consolidamento del nazismo e di rafforzare l’idea di uno Stato tedesco nell’Europa centrale. In questo modo la dottrina razziale si saldò con l’idea della "spazio vitale". Si avvertiva anche il bisogno di espandere i propri territori in virtù del fatto che la razza superiore doveva avere spazi sufficienti per crescere e prosperare, relegando gli altri gruppi etnici ad una condizione subalterna. Il mondo sarebbe stato in poche grandi sfere d’influenze, dominata ciascuna da una potenza egemone che avrebbe assegnato ai gruppi subalterni la loro funzione economica e il loro status politico.Niente doveva rimanere fuori dell’ambito della sfera di competenza del governo: ogni interesse e ogni volere, fosse esso economico, morale o culturale, doveva essere usato e controllato come parte dei beni nazionale, cosa che portò all’abolizione del federalismo e dall’auto - governo locale. Il controllo si estese ad ogni settore, dall’educazione alle scienze, all’arte, alla stampa; nessun genere d’influenza doveva essere trascurato.

IL NAZISMO AL POTERE

La crisi del ’29, infatti, si ripercosse sull’economia tedesca, molto indipendente dall’economia internazionale, determinando una ripresa dell’inflazione e un aumento della disoccupazione. Tutto ciò compromise la già fragile struttura politica della Repubblica di Weimar e favorì il riassetto del partito in cui emerse l’ideologia nazista, incentrata sul criterio della razza, contenuto nel "Mein Kampf" di Hitler, secondo il quale, ne derivò la totale intolleranza verso etnie diverse, il feroce antisemitismo e il rigoroso sistema gerarchico al vertice del quale si aveva un capo (il Führer) che doveva guidare il suo popolo a dominare le altre razze. Hitler voleva, infatti, conquistare l’est europeo eliminando le numerose comunità ebree presenti, perseguendo anche una politica antisovietica e anticomunista. Nel 1932 il nazionalsocialismo si affermò come primo partito politico del paese. Nel 1933 Hitler assunse la guida del governo. Con l’incendio della sede del "Reichstag" si ebbe il pretesto per emanare 28 leggi eccezionali nelle quali fu dichiarato fuori legge il partito comunista, incolpato dell’incidente e in cui furono limitate le libertà civili e politiche. Hitler ottenne il controllo della maggioranza parlamentare e la legge sui pieni poteri portò alla liquidazione di tutte le opposizioni politiche e allo scioglimento dei sindacati. Hitler fece uccidere sia i principali capi della cosiddetta “opposizione di sinistra”, sia esponenti della destra tradizionale. Si avviò quindi un regime di totalitarismo in cui tutte le attività produttive, associative e culturali furono controllate dal partito attraverso un programma di bonifica razziale. Si assistette al rogo di libri di grandi autori tedeschi ma ebrei o d’esponenti di teorie democratiche, socialiste o umanitarie. S’intensificò la politica di nazificazione della cultura cui aderirono intellettuali influenzati dalla ripresa dello "spirito germanico" ma che comportò l’esilio di coloro che non l’accettavano. La liquidazione dell’opposizione politica continuò grazie all’opera della Gestapo e con l’internamento in campi di concentramento di questi avversari del regime, di sviluppò la persecuzione degli ebrei tedeschi anche attraverso le leggi di Norimberga del 1935 in cui essi erano privati dei diritti di cittadinanza riducendoli così a status di razza inferiore: questo era l’annuncio di quella "soluzione finale" che il nazismo avrebbe perseguito durante la Seconda Guerra Mondiale.