Blake ritrae Newton come il divin geometra lo rappresenta
simbolicamente come un eroe, un tiranno, forse un angelo
ribelle che si è condannato alla solitudine e vanamente
ricerca nella matematica una verità che è nelle cose, ma che
non sa o non vuole leggere. Il cielo che non guarda e gli
rimane oscuro, le rocce gremite di sembianze naturali su cui
siede senza vederle sono appunto la realtà che trascura per
tracciare figure geometriche col compasso. Il suo corpo
inutilmente possente, michelangiolesco, si ripiega e chiude
su se stesso, formando ancora una figura geometrica, un
quadrato. Infatti la mente razionale non può che ripiegarsi,
ripetersi, rinunciare al volo del sole, alla comunione
dell'universo.
"Newton" è la dimostrazione della sua opposizione alla
"visione singola" del naturalismo: il grande filosofo e
scienziato è da solo nelle profondità dell'oceano
Tratto e rivisto da:
Giulio Carlo Argan, L'arte moderna, Sansoni per la scuola
William Blake
nasce nel 1757,
Poeta, incisore, pittore inglese. Di ispirazione romantica,
fu autore di liriche innovative e visionarie, e di poemi
mistico-simbolici che illustrò egli stesso: Canti
dell'innocenza (1789), Il matrimonio del Cielo e
dell'Inferno (1790), Canti dell'esperienza (1794). Illustrò,
inoltre, la Bibbia, opere di Milton e di Young e la Divina
Commedia di Dante.
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