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Aurelio Agostino

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Aurelio Agostino è nato a Tagaste in Numidia il 13 Novembre del 354 d.C. da padre pagano di modeste condizioni e da madre cristiana. I suoi studi furono prevalentemente orientati verso la retorica e più generalmente verso la cultura classica ma a 19 anni intraprese gli studi biblici e si indirizzò, successivamente, verso il manicheismo, la dottrina religiosa che si basava sull’identificazione del Bene e del Male, due principi assoluti in eterno conflitto fra loro al di sopra dell’uomo. Nel 395-396 fu nominato vescovo di Ipponia; la morte lo raggiunse il 28 Agosto del 430 d.C.
Troppo ricca e poliedrica è la spiritualità di Agostino perché possa essere racchiusa entro schemi rigidi e semplificanti. Egli infatti concepì tutta la sua vita, e conseguentemente la sua opera, come una continua ricerca della verità e di Dio, che per lui sono coincidenti e si trovano poi all’interno dell’uomo. Il vescovo di Ipponia arriva alla formulazione della “dottrina dell’illuminazione”: l’uomo infatti, alla ricerca della verità, arriva a Dio. Ma, se la ricerca di Dio è il fine ultimo che orienta l’impegno spirituale di Agostino, non manca nelle sue opere la trattazione di temi di straordinaria importanza che, già analizzati singolarmente, farebbero di lui un grandissimo pensatore. Quello che più ci interessa è il tema del Tempo, in quanto è proprio un aspetto dell’ l’Infinito.
Una volta fissato con certezza il principio che Dio è creatore di tutta la realtà, in Agostino nasce l’esigenza di ricondurre tutto al suo creatore, e da questa operazione il tempo sembra restare fuori, in quanto pare seguire leggi proprie e autonome. Ma il vescovo di Ipponia riesce a risolvere il problema sostenendo innanzitutto che Dio è al di là del tempo e che la creazione non è avvenuta nel tempo, in quanto questo prima della creazione non esisteva. Il tempo dunque è una creatura come le altre, ma in realtà che cosa è? Esso è una “non realtà”: infatti se si analizzano i tre momenti del tempo (passato, presente e futuro), ci si accorge che il passato è ciò che “non” è più; il futuro è ciò che “non” è ancora, il presente ciò che “non” è né breve né lungo, un brevissimo attimo che fugge e che non si può raggiungere. Ma, sostiene Agostino, benché possa sembrare che il tempo non sia nulla, noi però lo sentiamo presente in noi, nella nostra mente, e ciò che accade perché il tempo, pur non essendo una realtà in sé, diventa tale infinita nell’anima e nella memoria degli uomini. È l’anima, in altri termini, che si crea questa realtà, il tempo non è che una distensio animae.
Altro tema trattato è il problema del male che tormentò Agostino fin dai tempi della sua adesione al manicheismo che, come si ricorderà, considerava il male un principio contrapposto al bene. Per superare la posizione dualistica del manicheismo, Agostino partì dall’identificazione di Dio col sommo bene, e confutò sia l’ipotesi dell’esistenza di un principio del male in opposizione a Dio, sia l’ipotesi del male come creazione di Dio. Alla prima teoria Agostino replica che , se Dio è il sommo bene, nulla lo può danneggiare, mentre confuta la seconda teoria, sostenendo che, se Dio è il sommo bene, non può creare il male. Questo in definitiva è una non realtà. Ma, come nella realtà ci sono diversi gradi di essere, così esistono pure diversi livelli di bene. Il male consiste nella mancanza parziale di bene.
Il dogma della Trinità interessò molto Agostino il quale ricorse all’analogia con l’anima dell’uomo;quest’ultima consta di 3 facoltà:memoria,intelligenza e volontà. La memoria consente di stabilire la propria identità, l’intelligenza consenta all’anima di avre notizie di sé, la volontà produce nell’anima l’amore di sé stessa. La stessa cosa avviene in Dio( Padre, Figlio e Spirito Santo).
Le due opere più note ed importanti di Agostino sono sicuramente “Le Confessiones” e “Il De civitate Dei”.
La prima è un’opera autobiografica e si può dividere in due parti: i libri I-X sono occupati dalla descrizione autobiografica della sua vita, dalla nascita fino alla morte della madre Monica; i libri XI-XIII, composti forse in un secondo tempo, presentano una problematica più ampia e più profonda e culminano col commento della creazione del mondo e con la riflessione sui più grandi temi dell’esistenza umana.
In effetti le Confessioni rappresentano un’opera di profondo scandaglio interiore alla costante ricerca di Dio.
L’opera, che, come si ricava dallo stesso titolo latino,vuole essere
contemporaneamente una confessione dei propri peccati di fronte a Dio una lode del Signore, riscopre alcuni momenti dell’esistenza di Agostino e li considera come tappe fondamentali nel cammino verso Dio. La storia spirituale dello scrittore si iscrive in un affresco assai ampio, dove trovano spazio e collocazione i grandi temi della meditazione umana e cristiana, dal problema del tempo alla redenzione, dal peccato alla conversione e alla conoscenza di Dio.
Le Confessioni presentano dei chiari riferimenti alla Sacra Scrittura, ma anche alla tradizione greco-latina; una peculiarità stilistica ben rilevata è il procedimento per membri paralleli, che prende forme diverse, talora complicate, in cui la simmetria è messa maggiormente in risalto dall’assonanza finale delle frasi(omoteleuto). Tuttavia lo stile di Agostino possiede caratteri dell’originalità e autenticità, egli riesce a creare uno stile personalissimo.
Il De civitate Dei, composto da 22 libri, è un trattato che analizza tutta la storia umana da un nuovo punto di vista. Infatti essa appare ad Agostino il terreno di scontro tra la civitas terrena e la civitas di Dio, cioè tra il regno della carne e del peccato e il regno dello spirito. L’opera ha origine da un motivo occasionale: il sacco di Roma del 410 d.C. , infatti in seguito a questo triste episodio si era avanzata da parte pagana l’ipotesi che la causa di questa grande sciagura fosse da attribuire ai Cristiani, in quanto avevano allontanato la società romana dai culti tradizionali. I primi cinque libri sviluppano questo tema; i libri VI-X sostengono che è necessario per la vita futura il culto del vero Dio; nei libri successivi si passa alla descrizione delle due civitates.

 


 


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