Il tema dell'assurdità della vita nell'opera di Pirandello - Studentville

Il tema dell'assurdità della vita nell'opera di Pirandello

Tema svolto su Pirandello.

Luigi Pirandello è uno dei più grandi esponenti della letteratura del Novecento. Una delle caratteristiche della letteratura di questo periodo è la disintegrazione del reale. La realtà viene soggettivizzata e interiorizzata, non è più considerata come qualcosa di oggettivo, cambia significato e prospettive in ogni momento. Lo scrittore non crede più nella verità, ne coglie qualche manifestazione nel tempo, che, proprio come la realtà, viene interiorizzato e soggettivizzato. Tutta le letteratura del Novecento è dominata dalla convinzione che l’uomo e la realtà sono inconoscibili. In questo panorama si afferma Luigi Pirandello che, in una pagina del suo romanzo intitolato Il fu Mattia Pascal, fa la differenza fra la letteratura classica e moderna. La prima è simboleggiata da Oreste, mitico figlio di Agamennone; la seconda è rappresentata dai dubbi e dalle incertezze del personaggio shakespeariano di Amleto. L’ideologia di Pirandello non si differenzia dagli altri scrittori a lui contemporanei. Il grande scrittore siciliano afferma che l’uomo è imprigionato in forme e schemi della vita da cui non riesce a liberarsi. Si pone sul volto una maschera, recita un ruolo per nascondere le menzogne e le contraddizioni del vivere. La vita per Pirandello è un flusso continuo che l’uomo cerca di schematizzare in forme ben definite. Ma quando questi schemi vengono meno, emerge la drammaticità della vita. L’uomo non si sente realizzato, vuole essere se stesso, ma la realtà glielo impedisce. Non gli rimane altra strada che suicidarsi, farsi considerare pazzo o rassegnarsi e ritornare ad essere quel che tutti vogliono che lui sia. Questa visione drammatica della vita è il filo che lega gli scritti di Pirandello. In alcune novelle della raccolta Novelle per un anno, Pirandello rappresenta le vicende disperate di alcuni uomini appartenenti a qualsiasi classe sociale, mettendone in risalto la frammentarietà dell’esperienza umana. Un esempio è caratterizzato dalla novella La carriola o anche da quella intitolata Il treno ha fischiato. Nella prima, Pirandello narra la storia di un avvocato che, mentre è in viaggio in treno, osserva la natura lontana. Contemplandola, viene assalito dalla nostalgia, perché il suo sogno è quello di vivere una vita diversa da quella che sta conducendo, libera da quei conformismi e ipocrisie che regolano la quotidianità umana. Nella novella Il treno ha fischiato, invece, viene narrata la vicenda dell’impiegato Belluca. Egli conduce una vita insignificante, grigia e buia. Ascoltando il fischio improvviso di un treno, come per un’illuminazione altrettanto improvvisa, scopre una realtà diversa da quella che sta vivendo. Cerca, quindi, di ribellarsi da quello che vedono gli altri, ma viene considerato un pazzo ed è costretto a ritornare alla sua precedente condizione di vita.
Il testo in cui si esprime meglio la poetica pirandelliana è L’umorismo. Qui lo scrittore siciliano spiega la differenza tra il comico e l’umorismo. Il primo nasce dal contrasto tra ideale e reale; il secondo, invece, deriva da una riflessione che fa andare l’uomo oltre l’apparenza, scoprendo qualcosa di più insito e nascosto. L’umorismo di Pirandello è posto su una duplice prospettiva: l’una riguarda la compassione nei confronti degli uomini, l’altra la derisione del loro destino. Appare, dunque, in maniera molto chiara in Pirandello, attraverso l’uso di un linguaggio violento, un sentimento di pietà per i suoi personaggi.
Anche al personaggio de Il fu Mattia Pascal è riservato un destino di dolore. Mattia, approfittando del fatto che è ritenuto morto, si allontana dal suo ambiente e cambia identità, vivendo una nuova vita sotto il falso nome di Adriano Meis. La nuova vita che conduce, però, non lo soddisfa e ritorna al suo paese come il Fu Mattia Pascal. Anche in questo caso, il personaggio fallisce nel suo tentativo di costruirsi un’esistenza libera e nuova. Infatti, ha perso la sua identità, dichiarando addirittura di non sapere chi sia.
Il relativismo pirandelliano appare nuovamente nel romanzo Uno, nessuno e centomila. Il protagonista, Vitangelo Moscarda, ha una crisi d’identità, poiché ognuno ha di lui un’immagine diversa e autonoma. Tenta di comunicare a familiari e amici le cause di questa crisi; ma il tentativo fallisce e alla fine Moscarda, rimasto completamente solo, si rifugia nell’ospizio. In quest’opera Pirandello esprime la sua amarezza per l’uomo che perde la sua identità.
Il tema dell’assurdità della vita appare, infine, nell’opera teatrale Enrico IV: un uomo impazzisce e crede di essere un imperatore, appunto Enrico IV. Rinsavisce dopo dodici anni, ma poi ricade per sempre nella sua follia.
Attraverso i suoi personaggi, Pirandello esprime il tema dell’assurdità della vita. I personaggi pirandelliani, come quelli del Verga, sono uomini “vinti”, frustrati, rassegnati, traditi dalla vita e si sentono in balia di una realtà incomprensibile.

 

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