Questa concezione del mondo come il peggiore dei mondi possibili, si colloca nel pessimismo cosmico di Schopenhauer. Il filosofo partendo dall'assunto che la radice noumenica dell'uomo e dell'universo sia la volontà di vivere intesa come forza prepotente e irrazionale che spinge l'uomo a desiderare e agire, giunge alla conclusione che la vita è essenzialmente dolore in quanto l'uomo, concentrato a soddisfare le sue brame, è destinato ad essere stretto nella morsa del dolore, tra insoddisfazione e noia. Questo dolore, non riguarda solo l'uomo ma ogni creatura del mondo, perché il male è il principio a fondamento del mondo stesso. Infatti, il mondo è costituito da esseri tormentati e angosciati che lottano e soffrono incessantemente per la propria autoconservazione, tanto che S, indicandolo come il peggiore dei mondi possibili, lo paragona all'inferno di Dante. Per questo S critica le precedenti forme di ottimismo cosmico che interpretano il mondo come un organismo perfetto perché governato da un Dio o una ragione immanente, proprio come Leibniz che sulla base della perfezione suprema di Dio poneva l'armonia, l'ordine e la perfezione del mondo.
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