Annabel Lee o dell'amore struggente secondo Edgar Allan Poe - Studentville

Annabel Lee o dell'amore struggente secondo Edgar Allan Poe

Annabel Lee è una poesia composta da Edgar Allan Poe, poesia che ha avuto un enorme successo (e che è stata musicata anche da Claudio Baglioni).

Edgar Allan Poe è, senza dubbio, uno degli scrittori più letti e che più affascinano ancora oggi, a 166 anni dalla morte. I suoi racconti inquietanti sono pieni di malie per noi, uomini e donne del XXI secolo.

Edgar Allan Poe fu anche poeta e molte delle sue liriche più compiute declinano senza sosta il tema dell’amore impossibile, che solo un cupo destino di morte può definitivamente collocare nell’aristocratico ambito delle esperienze assolute e sublimi.

Ecco Annabel Lee, una di queste poesie, celeberrima (musicata anche da Claudio Baglioni), nella traduzione di Ernesto Ragazzoni.

Annabel Lee o dell'amore struggente secondo Edgar Allan Poe

Molti e molti anni or sono, in un paese
vicino al mare,
viveva una fanciulla che chiamare
solo oserò col nome d’ANNABELLA
ed in sua vita, quella
non ebbe altro in pensiero, altro nel cuore,
che il suo amore per me, ed il mio amore.

Ed ella era una bimba e un bimbo ero io
allora, in quel paese presso al mare.
Ma il nostro amore, d’ANNABELLA e il mio,
fu più che amore,
tanto che gli stessi angioli di Dio
ne invidïar l’ardore.

E questo fu il perché, tanti e tanti anni
or sono, in quel paese
vicino al mare
prese ad imperversare
un vento da una nuvola, e sorprese
ed aggelò la dolce mia ANNABELLA
così che i suoi maggiori
se la vennero, un giorno, a portar via,
per rinchiuderla dentro una novella
tomba scavata ai margini del mare.

Gli angeli in cielo men di noi beati
ci avevano spiati,
e questo fu il perché (tutti lo sanno
ancora in quel paese
vicino al mare)
un vento di malanno
una notte da un nuvolo discese
e abbrividì, e uccise la mia bella
e povera ANNABELLA.

Ma l’amor nostro fu più forte assai
dell’amor d’altri, savi più di noi,
più vissuti di noi;
e dall’alto del ciel gli angeli mai,
o i demoni dai baratri del mare,
potranno separare
l’anima mia da quella
della mia dolce e tenera ANNABELLA.

Perché non splende mai raggio di luna
che non mi rechi un sogno d’ANNABELLA
e non appare stella
ch’io non scorga brillar nell’aria bruna
gli sguardi d’ ANNABELLA.

E ogni notte così, vengo a sognare
presso la mia diletta, la mia vita,
la mia sposa assopita,
in quel sepolcro al margine del mare
nella sua tomba sul sonante mare.

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