Canto Notturno di un Pastore Errante dell'Asia: analisi

Canto notturno di un pastore errante dell'Asia: parafrasi e analisi

Canto otturno di un pastore errante dell'Asia, di Giacomo Leopardi: parafrasi, analisi e commento della poesia del grande poeta italiano.

CANTO NOTTURNO DI UN PASTORE ERRANTE DELL’ASIA: PARAFRASI E COMMENTO

Hai bisogno della parafrasi del componimento poetico di Giacomo Leopardi Canto notturno di un pastore errante dell’Asia e, magari, devi fare anche il commento e l’analisi del testo ma non sai da dove cominciare?

In questo articolo troverai tutti gli approfondimenti e l’analisi delle figure retoriche del canto scritto dal poeta di Recanati tra l’ottobre 1829 e i primi giorni di aprile del 1830 e pubblicato per la prima volta nel 1831. Ecco una scheda riassuntiva e di seguito la parafrasi con il testo poetico.

  • Autore: Giacomo Leopardi
  • Titolo dell’Opera: Canti
  • Prima edizione dell’opera: 1831, presso l’editore Piatti
  • Genere: Poesia lirica
  • Forma metrica: Canzone di strofe libere di endecasillabi e settenari
  • Romanticismo

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canto notturno di un pastore errante dell'Asia

CANTO NOTTURNO DI UN PASTORE ERRANTE DELL’ASIA LEOPARDI: TESTO

Prima di passare alla parafrasi e la spiegazione  della poesia ecco il testo  con i versi numerati, per facilitare la comprensione.
1. Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
2. silenziosa luna?
3. Sorgi la sera, e vai,
4. contemplando i deserti; indi ti posi.
5. Ancor non sei tu paga
6. di riandare i sempiterni calli?
7. Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
8. di mirar queste valli?
9. Somiglia alla tua vita
10. la vita del pastore.
11. Sorge in sul primo albore
12. move la greggia oltre pel campo, e vede
13. greggi, fontane ed erbe;
14. poi stanco si riposa in su la sera:
15. altro mai non ispera.
16. Dimmi, o luna: a che vale
17. al pastor la sua vita,
18. la vostra vita a voi? dimmi: ove tende
19. questo vagar mio breve,
20. il tuo corso immortale?
21. Vecchierel bianco, infermo,
22. mezzo vestito e scalzo,
23. con gravissimo fascio in su le spalle,
24. per montagna e per valle,
25. per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
26. al vento, alla tempesta, e quando avvampa
27. l’ora, e quando poi gela,
28. corre via, corre, anela,
29. varca torrenti e stagni,
30. cade, risorge, e piú e piú s’affretta,
31. senza posa o ristoro,
32. lacero, sanguinoso; infin ch’arriva
33. colá dove la via
34. e dove il tanto affaticar fu vòlto:
35. abisso orrido, immenso,
36. ov’ei precipitando, il tutto obblia.
37. Vergine luna, tale
38. è la vita mortale.
39. Nasce l’uomo a fatica,
40. ed è rischio di morte il nascimento.
41. Prova pena e tormento
42. per prima cosa; e in sul principio stesso
43. la madre e il genitore
44. il prende a consolar dell’esser nato.
45. Poi che crescendo viene,
46. l’uno e l’altro il sostiene, e via pur sempre
47. con atti e con parole
48. studiasi fargli core,
49. e consolarlo dell’umano stato:
50. altro ufficio piú grato
51. non si fa da parenti alla lor prole.
52. Ma perché dare al sole,
53. perché reggere in vita
54. chi poi di quella consolar convenga?
55. Se la vita è sventura,
56. perché da noi si dura?
57. Intatta luna, tale
58. è lo stato mortale.
59. Ma tu mortal non sei,
60. e forse del mio dir poco ti cale.
61. Pur tu, solinga, eterna peregrina,
62. che sí pensosa sei, tu forse intendi
63. questo viver terreno,
64. il patir nostro, il sospirar, che sia;
65. che sia questo morir, questo supremo
66. scolorar del sembiante,
67. e perir della terra, e venir meno
68. ad ogni usata, amante compagnia.
69. E tu certo comprendi
70. il perché delle cose, e vedi il frutto
71. del mattin, della sera,
72. del tacito, infinito andar del tempo.
73. Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
74. rida la primavera,
75. a chi giovi l’ardore, e che procacci
76. il verno co’ suoi ghiacci.
77. Mille cose sai tu, mille discopri,
78. che son celate al semplice pastore.
79. Spesso quand’io ti miro
80. star cosí muta in sul deserto piano,
81. che, in suo giro lontano, al ciel confina;
82. ovver con la mia greggia
83. seguirmi viaggiando a mano a mano;
84. e quando miro in cielo arder le stelle;
85. dico fra me pensando:
86. — A che tante facelle?
87. che fa l’aria infinita, e quel profondo
88. infinito seren? che vuol dir questa
89. solitudine immensa? ed io che sono? —
90. Cosí meco ragiono: e della stanza
91. smisurata e superba,
92. e dell’innumerabile famiglia;
93. poi di tanto adoprar, di tanti moti
94. d’ogni celeste, ogni terrena cosa,
95. girando senza posa,
96. per tornar sempre lá donde son mosse;
97. uso alcuno, alcun frutto
98. indovinar non so. Ma tu per certo,
99. giovinetta immortal, conosci il tutto.
100. Questo io conosco e sento,
101. che degli eterni giri,
102. che dell’esser mio frale,
103. qualche bene o contento
104. avrá fors’altri; a me la vita è male.
105. greggia mia che posi, oh te beata,
106. che la miseria tua, credo, non sai!
107. Quanta invidia ti porto!
108. Non sol perché d’affanno
109. quasi libera vai;
110. ch’ogni stento, ogni danno,
111. ogni estremo timor subito scordi;
112. ma piú perché giammai tedio non provi.
113. Quando tu siedi all’ombra, sovra l’erbe,
114. tu se’ queta e contenta;
115. e gran parte dell’anno
116. senza noia consumi in quello stato.
117. Ed io pur seggo sovra l’erbe, all’ombra,
118. e un fastidio m’ingombra
119. la mente; ed uno spron quasi mi punge
120. sí che, sedendo, piú che mai son lunge
121. da trovar pace o loco.
122. E pur nulla non bramo,
123. e non ho fino a qui cagion di pianto.
124. Quel che tu goda o quanto,
125. non so giá dir; ma fortunata sei.
126. Ed io godo ancor poco,
127. o greggia mia, né di ciò sol mi lagno.
128. Se tu parlar sapessi, io chiederei:
129. — Dimmi: perché giacendo
130. a bell’agio, ozioso,
131. s’appaga ogni animale;
132. me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale? —
133. Forse s’avess’io l’ale
134. da volar su le nubi,
135. e noverar le stelle ad una ad una,
136. o come il tuono errar di giogo in giogo,
137. piú felice sarei, dolce mia greggia,
138. piú felice sarei, candida luna.
139. O forse erra dal vero,
140. mirando all’altrui sorte, il mio pensiero:
141. forse in qual forma, in quale
142. stato che sia, dentro covile o cuna,
143. è funesto a chi nasce il dí natale.

PARAFRASI CANTO NOTTURNO DI UN PASTORE ERRANTE DELL’ASIA LEOPARDI

Ecco la parafrasi  della poesia con la spiegazione del significato

  • 1-4: O luna, che fai nel cielo? Dimmi, che fai, o silenziosa luna? Sorgi la sera, e inizi la tua peregrinazione,osservando a lungo i deserti; e poi cali e ti posi.
  • 5-10: Non sei ancora stanca di percorrere sempre lo stesso itinerario?Non ti è ancora venuta a noia, sei ancora desiderosa di ammirar questi luoghi di esilio?La vita del pastore somiglia alla tua.
  • 11-15 Si alza appena il cielo si fa chiaro conduce il suo gregge per il pascoli, e vede altre greggi, fonti e prati; poi stanco si riposa verso sera: non s’attende mai altro dalla vita.
  • 16- 20: O luna, confessami: per che finalità ha valore la vita per il pastore, e che ragion d’esser ha la nostra esistenza per te? Dimmi: dove punta questa mia esistenza nomade, e dove invece va il tuo itinerario eterno e sempre uguale?
  • 21- 38: Un vecchierello dai capelli ormai bianchi, infermo vestito di stracci e senza scarpe, che porta sulle spalle un fardello assai pesante,attraversando valli e montagne, sassi aguzzi, dune profonde e luoghi impervi in mezzo al vento, alla tempesta, al sole che batte e alla stagione invernale corre affannosamente e ansiosamente spera supera torrenti e stagni cade, si rialza, e continuamente si affretta senza sosta o riposo, sanguinante e con le vesti lacere; quando infine arriva là dove la strada e la gran fatica erano da subito destinate: un abisso immenso ed agghiacciante, dove egli, precipitando, dimentica tutto. O purissima luna, questa è la vita dei mortali.
  • 39- 44: L’uomo nasce per soffrire, e la stessa nascita è un rischio di morte. Prova sofferenza e dolore come prima cosa; e all’inizio stesso della vita la madre e il padre prendono a consolare il figlio per essere venuto al mondo.
  • 45- 51: Quando questo poi cresce, l’uno e l’altro lo sostengono, e continuamente con gesti affettuosi e parole dolci s’impegnano a fargli coraggio e a consolarlo della condizione umana: i genitori nei confronti della loro prole non compiono altri gesti più graditi.
  • 52-60: Ma perché dare al mondo e mantenere in vita chi poi è necessario consolare dell’esistenza stessa? Se la vita è una sventura continua perché dev’essere subita e tollerata da noi? O luna non toccata da tali problematiche, questo è lo stato dei mortali. Ma tu non sei come noi, e quindi forse poco ti interessa di ciò che dico.
  • 61- 68:Tuttavia tu, solitaria, eterna pellegrina che sei così pensosa, tu forse puoi capire cosa sia l’esistenza terrena, il nostro soffrire e il nostro sospirare; puoi intendere cosa significhi la morte, lo scolorarsi del nostro volto, e lo scomparir dalla terra, e abbandonare ogni consueta ed amata compagnia umana.
  • 69-78: E tu certo hai nozione della causa delle cose, e vedi l’esito proficuo del mattino, della sera,  e del silenzioso e inarrestabile alternarsi delle giornate. Tu sicuramente sai per quale causa lieta rida la primavera, a chi sai favorevole l’estate, e che vantaggi abbiano i ghiacci dell’inverno. Tu mille cose sai, e mille ne scopri, che sono tenute segrete all’umile pastore.
  • 79- 84: Spesso, quando ti osservo e ti contemplo mentre stai così silenziosa sopra il deserto che, al suo orizzonte, confina col cielo; oppure mentre mi segui viaggiando a mano a mano con il mio gregge; e quando scruto le stelle splendere nel cielo;
  • 85- 89: dico pensando fra me: “A che scopo così tante luci? Qual è il senso dell’universo infinito, e della grandiosità della volta celeste? Che vuol dire la solitudine totale dell’uomo? Io che sono?
  • 90- 100: Così rifletto tra me e me: e non so trovare uno scopo o un beneficio qualsiasi dell’universo immenso e smisurato,e di tutte le cose viventi; né poi mi spiego il senso di tanta fatica, di tanti andirivieni di ogni cosa terrena o celeste che girando ininterrottamente, finisce là da dove era partita. Ma tu sicuramente giovane luna immortale, sai la motivazione di tutto. Questo io so e provo, che forse ad altri verrà un bene o un premio dell’eterno ruotare degli astri, della mia fragilità; per me, la vita è dolore.
  • 100- 113: O gregge mio che ti accucci, beato te, che – suppongo – non conosci la tua miseria! Come ti invidio! Non solo perché vai libero dalle preoccupazioni umane; tanto che dimentichi immediatamente ogni sofferenza, dolore o timore di morte ma soprattutto perché non provi mai la sensazione del nulla.
  • 113-121: Quando siedi all’ombra, sull’erba, sei pacifica e felice; e vivi in questo stato senza noia  per buona parte dell’anno. E pure io siedo in un prato ombroso, ma un’insoddisfazione latente mi ingombra il pensiero, e uno sprone quasi mi pungola così che, benché seduto, io sono ben distante  dal trovar un luogo di pace.
  • 122- 132: E tuttavia non desidero alcunché e non ho per ora motivo di dolermi. Non so dire con precisione quanto o per qual motivo tu sia felice; ma sei fortunata. Ed io provo ancor poco piacere, o gregge mio, né mi lamento solo di questo. Se tu sapessi parlare, io ti chiederei: “Dimmi, perché ogni animale è contento giacendo nell’agio e nell’ozio mentre, se io mi riposo, la noia mi assale?”
  • 133- 138: Forse se io avessi le ali per volare sopra le nuvole, e contare a una a una le stelle o se potessi errare di cresta in cresta sarei più felice. o dolce mio gregge, sarei più sereno, o candida luna.
  • 139- 143: O probabilmente il mio ragionamento si allontana dalla verità, prestando attenzione alla sorte altrui. Forse – in quale che sia lo stato in cui si nasce, dalla stalla alla culla – per chi viene al mondo è funesto il giorno della nascita.

CANTO NOTTURNO DI UN PASTORE ERRANTE DELL’ASIA ANALISI DEL TESTO: FIGURE RETORICHE

Di seguito l’analisi più dettagliata delle figure retoriche presenti nella canzone.

  • Enjambements vv. 12-13; vv. 16-17; vv. 18-19; vv. 26-27; vv. 69-70; vv. 70-71; vv. 75-76; vv. 87-88; vv. 88-89; vv. 90-91; vv. 93-94; vv. 108-109; vv. 108-109; vv. 141-142
  • Allitterazioni della “v”: vv. 16-19: Dimmi, o luna: a che vale/ al pastor la sua vita,/ la vostra vita a voi? dimmi: ove tende/ questo vagar mio breve,/ il tuo corso immortale?”; della “l”: vv. 1-2: “Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,/ silenziosa luna?”; della “s”: “v. 14: “poi stanco si riposa in su la sera”; vv. 3-4: “sorgi la sera, e vai,/ contemplando i deserti; indi ti posi.”; vv. 65-66: “che sia questo morir, questo supremo/ scolorar del sembiante”
  • Anafore vv. 5,7: “ancor”; vv. 16, 18: “dimmi”; vv. 52-53, 56: “perché”; vv. 101-102: “che”; vv. 137-138: “più felice sarei”; vv. 133, 139, 141: “forse”
  • Apostrofe v. 1: “luna”; v. 2: “silenziosa luna”; v. 16: “o luna”; v. 37: “vergine luna”; v. 57: “intatta luna”; v. 61: “solinga, eterna peregrina”; v. 99: “giovinetta immortal”; v. 105, 127: “o greggia mia”; v. 137: “dolce mia greggia”; v. 138: “candida luna”
  • Domande retoriche vv. 1-2: “che fai tu, luna…?”; vv. 5-6: “Ancor non sei tu paga…calli?”; vv. 7-8: “Ancor non prendi a schivo… valli?”; vv. 16-18: “Dimmi, o luna… a voi?”; vv. 18-20: “dimmi: ove tende… immortale?”; vv. 52-54: “Ma perché dare al sole …. Consolar convenga?”; vv. 55-56: “Se la vita …si dura?”; v. 86: “A che tante facelle?”; vv. 87-88: “Che fa l’aria infinita …infinito seren?”; vv. 88-89: “che vuol dir… immensa? Ed io che sono?”; vv. 129-132: “dimmi: perché giacendo / … il tedio assale?”
  • Esclamazioni v. 105-106: “o greggia mia che posi, oh te beata / che la miseria tua, credo, non sai!”; v. 107: “Quanta invidia ti porto!”
  • Epanadiplosi v. 1: “che fai… che fai”
  • Anadiplosi vv. 9-10: “alla tua vita/ la vita”; vv. 17-18: “la sua vita/ la vostra vita”; vv. 64-65: “che sia;/ che sia”
  • Anastrofi vv. 94-98: “d’ogni celeste, ogni terrena cosa/… uso alcuno, alcun frutto/ indovinar non so”; vv. 101-104: “degli eterni giri / dell’esser mio frale,/ qualche bene o contento/ avrà fors’altri”; vv. 108-109: “d’affanno/ quasi libera vai”; v. 132: “me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale?”
  • Chiasmi vv. 16-18: “a che vale /al pastor la sua vita, / la vostra vita a voi?“; v. 97: “uso alcuno, alcun frutto“
  • Sineddochi v. 21: “bianco”; v. 88: “seren”; v. 94: “celeste”
  • Metonimia v. 142: “dentro covile o cuna”
  • Metafore v. 19: “questo vagar mio breve”; v. 52: “dare al sole”; vv. 65-66: “supremo/ scolorar del sembiante”; v. 70: “frutto”; v. 75: “l’ardore”; v. 86: “facelle”; vv. 90-91: “stanza/ smisurata e superba”; v. 92: “innumerabile famiglia”; v. 119: “uno spron quasi mi punge”
  • Ossimoro v. 143: “è funesto a chi nasce il dì natale”
  • Iperbole vv. 35-36: “abisso orrido, immenso/ ov’ei precipitando il tutto obblia”
  • Adynaton v. 128: “Se tu parlar sapessi, io chiederei”; vv. 133-138: “Forse s’avess’io l’ale… più felice sarei”
  • Allegoria v. 21 (ma occupa l’intera strofa): “Vecchierel bianco infermo”
  • Personificazioni vv. 61-62: “solinga, eterna peregrina,/ che sì pensosa sei”; v. 80: “muta”; v. 99: “giovinetta immortal”
  • Antitesi vv. 17-18: “al pastor la sua vita/ la vostra vita a voi”; vv. 19-20: “questo vagar mio breve/ il tuo corso immortale”; vv. 57-59: “tale/ è lo stato mortale./ Ma tu mortal non sei”; vv. 98-100: “Ma tu per certo,/ giovinetta immortal, conosci il tutto./ Questo io conosco e sento”; vv. 103-104: “qualche bene o contento/ avrà fors’altri; a me la vita è male”; vv. 113-117: “Quando tu siedi all’ombra …/ ed io pur seggo sovra l’erbe all’ombra”; vv. 124-126: “Quel che tu goda o quanto/ non so già dir…/ ed io godo ancor poco”; vv. 129-132: “giacendo/ a bell’agio, ozioso,/ s’appaga ogni animale;/ me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale”.

CANTO NOTTURNO DI UN PASTORE ERRANTE DELL’ASIA LEOPARDI: COMMENTO

Il Canto notturno è un componimento libero, diviso in sei stanze. Nella prima stanza il pastore si rivolge alla luna silenziosa, mettendo a confronto sé stesso proprio con la luna: da un lato c’è lui che si definisce “vecchierel bianco”, e dall’altro la grandezza dell’astro lunare. Il pastore si interroga poi sulla sua esistenza, mettendo a confronto la propria vita con quella del suo gregge: la noia della vita non pesa alle sue pecore, mentre per lui esistere è negativo, porta dolore e tedio. Perché Leopardi decide di esprimere queste tematiche a lui care tramite un dialogo di un pastore con la luna? Per il componimento il poeta trae ispirazione dalla lettura di un viaggio presso i Kirghisi, una popolazione dell’Asia centrale, dove i pastori declamavano storie e canti alla luna. È  da questo che Leopardi trae ispirazione per la sua poesia, ricca di elementi esotici, malinconia, elementi propri della poesia romantica, a cui il poeta sembra essersi definitivamente aperto.

CANTO NOTTURNO DI UN PASTORE ERRANTE DELL’ASIA DI LEOPARDI: SPIEGAZIONE

Ecco le nostre risorse per approfondire la poesia:

PARAFRASI INFINITO: Se ti servono approfondimenti su questa poesia ecco il link per te:

PARAFRASI A SILVIA: Per te, a portata di un click, la parafrasi della poesia del Leopardi:

PARAFRASI IL SABATO DEL VILLAGGIO: Commento e parafrasi di una delle più belle poesie di Leopardi:

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