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La world history

Tema svolto sulla world history, la corrente storiografica che vede come maggior esponente Bayly, e che individua gli albori della globalizzazione.

Molto prima dell’inizio canonico della globalizzazione, dal 1780 al 1914, alcune tendenze storiche e sequenze di eventi possono essere collegate, svelando i collegamenti e l’interdipendenza dei mutamenti politici e sociali a livello planetario. Avvenimenti mondiali cardine, come le rivoluzioni europee del 1789 e 1848 si irradiarono all’esterno e si rimescolarono con gli spasmi che si creavano all’interno di altre società. Altri eventi esterni alle potenze europee emergenti, come le ribellioni avvenute in Cina e India a metà Ottocento, agivano sull’Europa, plasmando nuove ideologie e facendo emergere nuovi conflitti politici e sociali. E mentre gli eventi si facevano sempre più interconnessi, anche le abitudini umane si adattarono finendo per uniformarsi, in tutti i campi: Stato, religione, ideologie politiche, vita economica. Una simile omogeneità era visibile nelle istituzioni come le Chiese, le corti regie, i sistemi giudiziari, ma anche nei modi in cui la gente vestiva, parlava, mangiava e si comportava all’interno della famiglia.

Nello stesso tempo queste congiunzioni aumentarono il senso della disuguaglianza e dell’antagonismo tra i componenti delle diverse società. Così, nel corso del XIX secolo, gli Stati-nazione e gli imperi territoriali antagonisti assunsero tratti più nitidi e divennero più ostili gli uni verso gli altri proprio nel momento in cui le somiglianze, le connessioni e i collegamenti reciproci aumentarono. Massicce forze di trasformazione globale facilitarono l’emergere della differenza tra società umane, ma queste diversità si manifestavano con modalità simili.

Secondo la tesi di Bayly dunque, tutte le storie locali, nazionali o regionali sono, sotto importanti profili, storie globali. Non è più possibile scrivere una storia di un continente in senso stretto. Un’importanza centrale in questa storia globale fu rivestita dal sempre più forte dominio economico da parte dell’Europa occidentale e del Nord America. Nel 1780, l’Impero cinese e l’Impero ottomano erano ancora potenti realtà di livello mondiale e la maggior parte dell’Africa e dell’Oceania era governata da popoli indigeni. Nel 1914, invece, la Cina e gli Stati ottomani erano sull’orlo della frammentazione e l’Africa era stata brutalmente sottomessa dai governi, compagnie commerciali e società minerarie europei. Tra il 1780 e il 1914 gli Europei sottrassero agli indigeni vaste estensioni di terra, in Africa settentrionale e meridionale, in Nord America, Asia centrale, Siberia e Australia.

Il dominio fisico si accompagnava alla dipendenza ideologica: concetti sociali, istituzioni e procedure funsero da autorevole modello per i popoli extraeuropei. Questi popoli accolsero e rimodellarono i concetti e le pratiche occidentali secondo le proprie necessità in modo da mettere delle barriere alla grandezza del dominio europeo.
Nel 1780 il mondo era ancora policentrico. L’Asia orientale, l’Asia meridionale e l’Africa mantenevano dinamismo e iniziativa in diversi settori della vita economica e sociale, anche se già si delineavano potenti vantaggi competitivi per gli Europei e i coloni d’America. Verso il 1914 invece, con l’ascesa del Giappone, la guida dell’Europa aveva ormai visto sfide significative.

Le storie nazionali vanno inserite nel più ampio contesto dei mutamenti mondiali. Le idee e i movimenti politici attraversavano oceani e confini passando da un paese all’altro. Per esempio, con la fine della guerra civile del 1865, i liberali americani poterono aiutare il governo radicale messicano di Benito Juàrez, che si trovava sotto l’assalto dei conservatori sostenuti dai francesi. I radicali messicani avevano ricevuto appoggio da parte di Giuseppe Garibaldi e altri rivoluzionari che erano stati eroi delle rivolte europee del 1848 contro l’autorità. In questo caso, le esperienze comuni diedero origine a un fronte unito attraverso il mondo. Ma, nello stesso tempo, l’esposizione
ai cambiamenti globali poteva spingere la classe colta, i politici e la gente comune a sottolineare la differenza. Verso il 1880, l’impatto dei missionari cristiani e delle merci occidentali aveva reso indiani, arabi e cinesi più consapevoli delle loro particolari pratiche religiose, dei loro comportamenti e dell’eccellenza dell’artigianato locale. Con il passare del tempo, questa sensibilità alla differenza creò altri legami globali. Gli artisti indiani videro nei loro contemporanei giapponesi gli eredi di una tradizione estetica incontaminata e ne incorporarono lo stile nelle loro opere.

Per quanto riguarda la religione, le Chiese cristiane spesso presero a cooperare e a dare vita a nuove organizzazioni in patria proprio perché avevano bisogno di solidarietà nella loro azione missionaria di oltremare, dove si trovavano sotto la pressione dell’Islam o altre tradizioni religiose.
Nel periodo poco antecedente la Prima Guerra Mondiale, rivalità diplomatiche e cambiamenti economici internazionali aggredirono con violenza il sistema degli Stati e degli Imperi. La Grande Guerra fu una guerra globale, anche se iniziò come guerra civile all’interno del nucleo europeo. Derivava la sua forza esplosiva dal confluire di molte crisi locali, molte delle quali insorte fuori dell’Europa.

Dunque, la storia di questa epoca fa emergere molte cose diverse e contraddittorie, ma registra l’interdipendenza degli eventi mondiali, tenendo conto del dominio occidentale. Infine, nello stesso tempo, mette in luce come tale dominio sia stato solo parziale e temporaneo.

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