Didone - Studentville

Didone

Didoni, Beli Tyriorum regis filiae et Pygmalionis sorori, coniunx erat Sychaeus (=Sicheo), homo multis agris opolentus. Post patris mortem regnum occupat Pygmalion, impius et saevus tirannus, qui (nom. = che, il quale) diviquitiarum cupidus, ante deorum aras Sychaeum ense transfigit. Media nocte, dum (=mente) Dido caedis ignara quiescit, per somnum venit coniugis imago et horrendum scelus Pygmalionis detegit postea uxoris animum incitat:”Donec (=finché) domi manebis, in magno peri**** eris; patria igitur excede, impuim fratrem relinque ; ti(=a te, ti) ostendam ignotum thesaurum, fugae auxilium”. Tum Dido, clam naves parat et cum paucis cmitibus Tyrofugit. Post longam navigationem profugi in Africae litus perveniunt et urbem, quae (nom.=che, la quale) Cathago appellatur, condunt. Dido, novae urbis regina, templur Iunoni, amoris coniugalis (=coniugale) deae, in arce consecrat. Iarba (=Iarba), gentium finitmarum dux, reginam uxorem ducere vult, sed Dido cari viri memoriam servat et matrimonium recusat. Multos per annos regina quieto animo vivit, donec Aeneas, Troia profugus, Carthaginem pervenit et Dido ob amorem viri Troiani fidem(=fedeltà) erga Sychaeum prodit. Sed Aeneas deorum voluntate reginam relinquit et in Italiam classe contendit. Tum misera Dido iram et vindictam deorum invocat:”Olim (=un giorno) iniuriae ultor veniet et nepotes perfidi Troiani opprìmet, eorum copias vincet, eorum agros ferro ignique vastabit, eorum urbes expugnabit”. Postea gladium sumit et sibi mortem consciscit.

Versione tradotta

Didone, figlia del re dei tiri (cerca Beli) e sorella di Pigmalione, era sposa di Sicheo, uomo ricco di molti campi. Dopo la morte del padre occupò il regno Pigmalione, tiranno empio e feroce, che desideroso di ricchezze, davanti agli altari degli dei trafisse Sicheo con la spada. A mezzanotte, mentre Didone riposava ignare della disfatta, sognò l'immagine del marito e vide l'orribile delitto di Pigmalione dopo incita l'animo della moglie: Finchè rimarrai a casa, sarai in grande pericolo, dunque lascia la patria, lascia il fratello empio, ti mostrerò un tesoro sconosciuto, trova asilo con la fuga. Allora Didone, di nascosto prepara le navi e con pochi compagni fuggì da Tiro. Dopo una lunga navigazione i profughi giungono nel lido d'Africa e fondano una città, che è chiamata Cartagine. Didone, regina della nuova città, e consacra nella rocca un tempio a Giunone, dea dell'amore coniugale. Iarba, comandante dei popoli confinanti, voleva sposare la regina, ma Didone conservava la memoria del caro marito e rifiutò il matrimonio. Per molti anni la regina visse con animo tranquillo, finchè Enea, profugo da Troia, giunse a Cartagine e Didone per l'amore dell'uomo Troiano tradì la fedeltà verso Sicheo. Ma Enea lasciò la regina per volontà degli dei e si diresse con la flotta in Italia. Allora la povera Didone invoca l'ira e la vendetta degli dei: Un giorno verrà il vendicatore dell'offesa e opprimerà i nepoti del perfido troiano, vincerà le sue truppe, vasterà con ferro e fuoco i campi, espugnerà le loro città. Dopo prese la spada e si diede la morte.

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