Inferno: IX Canto - Studentville

Inferno: IX Canto

Parafrasi.

Quel colore smorto che la paura aveva diffuso sul mio volto, quando avevo veduto

Virgilio tornare indietro, fece sparire più presto il pallore che da poco era apparso sul suo. Si arrestò attento come chi

cerca di percepire un suono; lo sguardo, infatti, non poteva portarlo a distinguere lontano attraverso l’aria buia e la densa

caligine. “Eppure dovremo vincere questa battaglia” prese a dire, “a meno che… (ma no, non è possibile). Tanto potente è

colei (Beatrice) che ci promise il suo aiuto: oh quanto mi preoccupa il ritardo di qualcuno! ” Mi accorsi facilmente come

Virgilio cancellasse il senso delle prime parole con quelle aggiunte in seguito, diverse dalle prime; ciò nonostante il suo

discorso mi diede timore, poiché io attribuivo alla frase non conclusa un significato forse peggiore di quello che aveva. “Nel

fondo della dolorosa voragine infernale avviene mai che discenda qualcuno del primo cerchio (il limbo), dove le anime hanno

come sola punizione la speranza (di vedere Dio) destinata a non realizzarsi mai ?” Feci questa domanda; e Virgilio mi rispose:

“Raramente avviene che qualcuno di noi faccia la strada che io sto percorrendo. E’ bensì vero che già un’altra volta fui

quaggiù, richiamato dagli scongiuri di quella crudele Eritone che faceva tornare le anime nei loro corpi, Da poco tempo il mio

corpo era privo dell’anima, allorché costei mi fece entrare nella città di Dite, per fare uscire un’anima del cerchio dove e

dannato Giuda. Quello è il posto più basso e più buio, e più lontano dal cielo che imprime il movimento all’universo: conosco

bene il cammino; perciò rassicurati. Nella cosmologia della Commedia, il ciel che tutto gira è, rispetto alla terra, l’ultimo

dei nove cieli fisici. E’ chiamato Primo Mobile, perché da esso si trasmette il movimento a tutto il creato. L’acquitrino da

cui emana il grande fetore circonda tutt’intorno la città dei dannati, nella quale non possiamo ormai entrare senza lotta. E

disse altre cose, ma non le ricordo; poiché lo sguardo mi aveva tutto portato verso l’alta torre dalla cima arroventata, dove

all’improvviso si erano levate tutte nel medesimo istante tre furie infernali imbrattate di sangue, che avevano corpo e

atteggiamentodi donna, e portavano annodati intorno al corpo serpenti d’acqua d’intenso color verde; per capelli avevano

serpentelli e serpenti muniti di corna, che ne cingevano le spaventose teste, E Virgilio, che non aveva tardato a riconoscere

le ancelle della regina (Proserpina) dell’inferno, mi disse: ” Ecco le implacabili Erinni. Dalla parte sinistra è Megera;

quella piangente, a destra, è Aletto: nel mezzo c’è Tesifone”; ciò detto, tacque. Ciascuna si lacerava il petto con le unghie;

si percuotevano con le mani aperte e urlavano così forte, che per la paura mi strinsi a Virgilio. “Venga Medusa: cosi lo

faremo diventare di pietra” dicevano tutte quante guardando verso il basso: “fu male non punire nella persona di Teseo l’

assalto (portato al regno dell’oltretomba). ” “Voltati e tieni gli occhi chiusi; poiché se Medusa appare e tu la vedessi, non

ti sarebbe più possibile tornare sulla terra. ” Così parlò Virgilio; ed egli stesso mi fece voltare, e non si accontentò che

io mi coprissi gli occhi con le mie mani, ma volle coprirmeli anche con le sue. O voi che avete le menti non ottenebrate,

contemplate l’insegnamento che si nasconde sotto il velo dei versi misteriosi. E già si stava avvicinando sulla superficie

fangosa della palude un rumore fragoroso e terrificante, che faceva tremare sia l’una che l’altra riva dello Stige, non

diverso da quello di un vento reso violento dal calore delle masse d’aria (che trova sul suo cammino), il quale colpisce la

foresta e senza che nulla possa trattenerlo spezza i rami, li scaglia a terra e li trascina fuori (della selva); avanza

imponente, in una nuvola di polvere, e causa la fuga dei greggi e dei pastori. Virgilio mi liberò gli occhi (che erano coperti

dalle sue mani) e disse: “Dirigi adesso la forza del tuo sguardo sulla superficie schiumosa dell’antica palude, verso quella

parte dove la nebbia è più molesta”. Come le rane all’apparire della biscia, loro nemica, si disperdono tutte nel l’acqua,

fino ad appiattirsi ognuna contro terra, così vidi innumerevoli dannati darsi alla fuga all’avvicinarsi di qualcuno che

attraversava camminando lo Stige senza bagnarsi neppure le piante dei piedi. Allontanava dal suo viso la fitta nebbia,

muovendo spesso davanti a sé la mano sinistra; e sembrava infastidito soltanto da questa preoccupazione. Compresi facilmente

che era inviato dal cielo, e mi volsi a Virgilio; ed egli mi fece intendere con un cenno che dovevo restare tranquillo ed

inchinarmi davanti a lui. Ahi come mi sembrava pieno di sdegno! Giunse alla porta (di Dite) e, toccandola con una piccola

verga, la aprì senza incontrare alcun ostacolo. “O espulsi dal cielo, stirpe disprezzata”, prese a dire sullo spaventoso

limitare, ” da dove viene questa tracotanza che si raccoglie in voi? Perché vi opponete a quella volontà (la volontà di Dio) il

cui compimento non può mai essere ostacolato, e che più di una volta ha accresciuto il vostro dolore? A che serve opporsi ai

decreti divini ? Se ben ricordate, il vostro Cerbero, per questa ragione, ha tuttora privi di pelo la parte inferiore del muso

e il collo. ” Poi tornò indietro ripercorrendo il sozzo cammino, e non ci rivolse neppure una parola, ma assunse l’aspetto di

uno che è assillato e stimolato da una preoccupazione diversa da quella di colui che gli sta davanti; e noi ci incamminammo

verso la città, rassicurati dopo le sante parole da lui dette. Entrammo in essa senza incontrare opposizioni; e io, che

desideravo osservare lo stato delle cose contenute dentro quelle mura fortificate, non appena entrato, mi guardai d’attorno; e

vidi da ogni parte una grande pianura colma di dolore e di supplizi crudeli. Come ad Arles, dove la corrente del Rodano

(sfociando nel mare) si arresta, e come a Pola, presso il golfo del Quarnaro che delimita l’Italia e ne bagna i confini, le

tombe rendono tutto il terreno vario, così facevano qui in qualsiasi punto, solo che la forma della sepoltura era più

angosciosa; poichè fra i sepolcri erano sparse fiamme, a causa delle quali erano tanto roventi, che nessun’arte (di fabbro)

chiede che il ferro lo sia di più. Le pietre tombali erano tutte sollevate, e uscivano dai sepolcri lamenti così disperati, che

parevano davvero (lamenti) di infelici e di suppliziati. E io: “Maestro, quali sono quelle turbe che sepolte dentro quelle

tombe, si fanno udire attraverso i loro dolorosi gemiti ? ” E Virgilio: “Qui si trovano i capi di eresie con i loro seguaci, di

ogni setta, e i sepolcri sono molto più pieni di quanto tu creda. I seguaci di una stessa eresia sono sepolti insieme, e i

monumenti sepolcrali sono ora più ora meno caldi”. E dopo essersi volto a destra, ci incamminammo fra il luogo dei supplizi e

le alte mura.

  • Parafrasi de La Divina Commedia

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti