ADELCHI E LA POESIA STORICA NEL MANZONI: SAGGIO BREVE SVOLTO. Per poter comprendere il motivo per il quale il coro dell’Atto III dell’Adelchi possa essere considerato esempio di poesia storica e politica è necessario evidenziare alcuni tratti della concezione di Alessandro Manzoni rispetto alla letteratura che deve proporsi “l’utile come scopo, il vero per oggetto, l’interessante per mezzo”.
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ALESSANDRO MANZONI: LA POESIA STORICA NELL'ADELCHI. Formatosi su idee illuministiche derivate in parte dall’educazione familiare e in parte dall’incontro con gli “Ideologues” parigini, Manzoni crede profondamente nell’impegno morale e nella funzione educativa della letteratura. Perciò egli si discosta dall’imitazione giovanile dei classici, che aveva dato origine ad una poesia arida, povera nei contenuti, e aderendo a una concezione letteraria tipicamente illuminista, intraprende una ricerca all’interno dei generi letterari, volte al raggiungimento di una forma espressiva nuova, adatta a raccogliere contenuti utili e popolari.
Secondo Manzoni è necessario che tale poesia sia ispirata alla realtà e in particolare che risponda a tre livelli di realtà: morale, storica e politica.
La verità morale fa riferimento alle cause che determinano i drammi umani; la verità storica coincide con il susseguirsi degli eventi storici; la verità politica che analizza le singole personalità e i sentimenti degli uomini che costituiscono la storia, è complementare alla verità storica, attenta soltanto alla parte emergente del vissuto.
Accanto a questi tre livelli di verità, è fondamentale, nel progetto di raggiungimento dell’utile, l’interessante che non consiste tanto nel pregio formale stilistico (come in età neoclassica)
Quanto nei contenuti, che devono essere in grado di risvegliare l’identità morale, politica e spirituale del lettore.
I tre obiettivi suddetti (utile, vero, interessante) sono pienamente conseguiti nel corso dell’atto terzo dell’Adelchi, uno spazio riflessivo in cui l’utilità della poesia è evidente nella volontà di Manzoni di far risvegliare il popolo italico, “volgo disperso che nome non ha”, dal sogno di poter raggiungere la libertà per merito di un popolo straniero.
Il raggiungimento dell’utile il rispetto della verità storica consentono di definire il coro in questione una poesia dal carattere storico e politico. Il vero storico traspare dalla vicenda, narrata nella prima metà del coro, dello scontro tra longobardi e franchi avvenuto realmente nel Settecento.
Manzoni si sofferma a descrivere l’avanzata dei Franchi. All’attività frenetica di franchi e longobardi si contrappone la passività e l’incertezza del popolo italico. La polemica nei confronti del volgo disperso, che intravede nella vittoria dei franchi la “fine del duro servir”, consente il passaggio dalla poesia storica alla poesia politica. Infatti, terminata la descrizione degli eventi storici, raggiunto quindi il vero, Manzoni si propone di conferire al coro una funzione educativa, risvegliando lo spirito nazionale dei latini. Esprimendo la propria amarezza e disapprovando l’atteggiamento di passività del volgo nel susseguirsi delle vicende, Manzoni lo invita ad assumere su di se la responsabilità del raggiungimento dell’indipendenza e della libertà e a non credere nell’aiuto di un popolo straniero che potrà determinare soltanto un nuovo dominio e un nuovo stato di sottomissione.
Il richiamo da parte di Manzoni della coscienza nazionale e del sentimento patriottico degli italici, configurandosi con l’utile, determina un accostamento dell’ultima parte del coro alla poesia politica, che partendo dallo scontro tra franchi e longobardi opera come l’attualizzazione della prima parte del coro.
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