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La matematica La fama di Leibniz come matematico è legata soprattutto alla prima sistemazione organica del «calcolo infinitesimale». Di essa egli diede notizia in due articoli pubblicati negli Acta Eruditorum («Nova methodus pro maximis et minimis, itemque tangentibus, quae nec fractas, nec irrationales quantitates moratur, et singulare pro illis calculi genus», 1684 e «De geometria recondita et analysi indivisibilium atque infinitorum», 1686). Tale pubblicazione diede origine ad una violenta polemica a distanza con Isaac Newton, il quale rivendicò la priorità della scoperta e giunse praticamente ad accusare Leibniz di plagio. I documenti che possediamo sembrano far capire che entrambi giunsero indipendentemente alla stessa scoperta (formulata solo in termini differenti), che del resto era all’epoca preparata dalla soluzione già nota di diversi casi particolari. Diamo qui, in una forma molto semplificata, un’idea dei problemi che il calcolo infinitesimale affronta e degli strumenti coi quali li risolve.Il presupposto del calcolo infinitesimale è l’elaborazione della geometria analitica da parte di Cartesio, vale a dire della possibilità di tradurre problemi geometrici in problemi algebrici e viceversa. Sul piano cartesiano, infatti, ogni funzione f(x) = y è rappresentata da una linea. Come è noto, i polinomi di primo grado sono rappresentati da linee rette, quelli di grado superiore e le funzioni di altro tipo da linee curve. Proprio in relazione a questo secondo caso sorgono due interessanti problemi. In primo luogo: come calcolare l’area di una figura delimitata da linee curve? Esaminiamo il caso più semplice: quello del trapezoide delimitato dai due assi, da una retta parallela all’asse delle ordinate e da una linea curva di funzione f(x) = y. È facile immaginare un metodo approssimato per calcolare quest’area: basta dividere il trapezoide in sottili rettangoli verticali e sommarne l’area. La base di ognuno di essi sarà parte dell’asse delle ascisse, l’altezza sarà calcolata usando la funzione f(x). Ora, è evidente che quanto maggiore sarà il numero dei rettangoli, tanto più preciso sarà il calcolo dell’area. Ma come calcolare l’area esatta? Bisognerebbe dividere la figura in infiniti rettangoli e sommarne le infinitesime aree. È possibile ciò? In secondo luogo: come calcolare il coefficiente angolare della retta tangente ad un dato punto di una linea curva? Anche qui si può pensare ad un sistema approssimato. Si può scegliere nelle vicinanze dell’ascissa data un’altra ascissa, e calcolare le ordinate corrispondenti. Dividendo la differenza delle due ordinate per la differenza delle due ascisse si avrà — come è noto — il coefficiente angolare della retta passante per i due punti così individuati. Non si tratta però di una tangente, perché essa attraversa la linea curva in due punti. Per ottenere il coefficiente della tangente bisognerebbe rendere infinitamente piccola la distanza tra le due ascisse (e di conseguenza tra le due ordinate), e calcolare il quoziente tra due infinitesimi. È possibile? I due problemi fondamentali del calcolo infinitesimale. Qual è il coefficiente angolare della retta tangente in un punto di ascissa x’ ad una curva f(x) = y? Qual è l’area del trapezoide delimitato dai due assi, dalla retta x = x’ e dalla curva f(x) = y? 2.2. Il calcolo differenziale e integrale Il problema della tangente venne risolto con quello che Leibniz chiamò «calcolo differenziale». Con esso viene ricavata dalla funzione data y una funzione dy/dx (detta «rapporto differenziale», da leggere «de ipsilon su de ics»), dove la d è un operatore che indica il «differenziale» ovvero l’«incremento infinitesimo» delle variabili. Tale funzione esprime dunque il coefficiente angolare della retta tangente al punto di ascissa x della funzione originaria. Nel caso dei polinomi sono sufficienti due semplici regole: d(y + z) / dx = dy / dx + dz / dx d(axn) / dx = anxn-1 La prima regola stabilisce che il dif (segue nel file da scaricare)
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