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Ugo Spirito

Pensiero e vita del filosofo.

Nato ad Arezzo nel 1896, Ugo Spirito ò morto a Roma nel 1979, dove insegnava da molti anni filosofia teoretica. Dopo aver aderito assai giovane all’ attualismo gentiliano, di cui fu uno dei più brillanti interpreti, se ne distaccò gradualmente negli anni ’30, pur senza rinnegarne alcuni principi di fondo. Andò così elaborando una concezione speculativa che volle chiamare ” problematicistica “, consegnata alle sue opere maggiori: Scienza e filosofia (1933), La vita come ricerca (1937), La vita come arte (1941), Il problematicismo (1948), La vita come amore (1953). Nell’ ultima fase del suo pensiero, approfondì gli assunti del problematicismo nella direzione di una dottrina definita ” onnicentrismo “: una visione filosofica radicalmente immanentistica che da un lato sottolineava l’ infinita pluralità  e relatività  del mondo e dall’ altro valorizzava la “positività  del tutto” e la “centralità  di ogni cosa”, approfondendo insieme il principio (cruciale in Spirito) della “ricerca”, vista come lo strumento più adeguato per appropriarsi di questa realtà  polimorfa e contradditoria. Le opere più tarde di Spirito – Significato del nostro tempo (1955), Inizio di una nuova epoca (1961), Nuovo umanesimo (1964), Dal mito alla scienza (1966) – se non ne modificano sostanzialmente le tesi essenziali, offrono la testimonianza di un pensiero sempre assai vivace e aperto. Nella prima fase del proprio lavoro Spirito, fu essenzialmente, come ò stato scritto, ” un divulgatore entusiasta ed un apologista instancabile dell’ attualismo “. Tale fase fu avviata già  con la prima opera (Il pragmatismo nella filosofia contemporanea, 1921), e proseguita col più importante volume L’ idealismo italiano e i suoi critici (1930), in cui veniva riconosciuto a Gentile il ruolo di massima guida filosofica, perchò in lui, il “concetto di filosofia” si esplica “nella sua piena dialetticità ” e “lo spirito annulla ogni alterità  e si afferma nella sua infinità  creatrice”. Tuttavia, già  con Scienza e Filosofia, Spirito delineava una prospettiva per più versi originale e autonoma rispetto all’ attualismo, collocandosi con Guido Calogero ed altri su quel fronte che fu detto della “sinistra attualistica”. Il principale obiettivo di questi pensatori era di mantenere sì il primato gentiliano del fare (dell’ Atto) ma, insieme, di demetafisicizzarlo: di ancorarlo al concreto agire degli uomini entro il concreto orizzonte mondano. Mentre però Calogero svilupperà  questo programma in direzione essenzialmente etica, considerando esaurita e conclusa quella che chiamava “la filosofia del conoscere”, Spirito si impegnerà  intensamente proprio nell’ ambito della problematica gnoseologica, pervenendo a risultati assai diversi da quelli cui erano giunti un Gentile e un Croce. Così, in particolare, egli sottolinea con forza la non inferiorità  della conoscenza scientifica rispetto alla conoscenza filosofica, l’ impossibilità  di sopprimere la scienza nella filosofia e la necessità  di stabilire tra esse un’ organica collaborazione. Si tratta, insomma, di ” fare sul serio scienza che sia filosofia e filosofia che sia scienza “, in un costante nesso dialettico. In questa prospettiva Spirito chiama la propria concezione ” attualismo costruttore “, in quanto vede il pensiero chiamato ad un’ elaborazione attiva (“costruttrice” appunto), a un perseguimento di sapere e di certezze (pur mai definitive) da condursi non lontano ma dentro le scienze positive. A questo proposito, non ò un caso che il filosofo abbia studiato (benchò sempre in modo assai “speculativo”) i fondamenti teorici e la storia di alcune di queste scienze. Autore, negli anni della maggior militanza attualistica, di una significativa Storia del diritto penale italiano (1925), negli anni ’30 si occuperà  di scienze economico -sociali ( I fondamenti dell’ economia corporativa, 1932; Dall’ economia liberale al corporativismo, 1939), inserendosi così nel dibattito promosso dal fascismo sul corporativismo e sull’ organizzazione di una nuova società . Come ben s’ intende, la prospettiva teorica accennata sopra esigeva non solo un nuovo concetto di scienza ma anche un nuovo concetto di filosofia. Ed ò proprio tale esigenza, congiunta con un’ interpretazione estremamente mossa e complessa del rapporto conoscenza-realtà  e uomo -mondo, che stà  alla base del “problematicismo” di Spirito. “Problematicistica” la concezione del pensatore romano lo ò anzitutto per l’ abbandono dei fondamenti metafisico-assoluti cari alla tradizione idealistico-attualistica. La sostituzione del concetto gentiliano di Atto con quello di “vita” e di “prassi” vuole appunto esprimere in prima istanza il privilegiamento di un orizzonte dotato di una terrena, concreta, imprevedibile (e proprio per ciò problematica) pluralità  di forme e di valori. “Problematicistica” tale concezione lo ò poi anche (e soprattutto) per l’ insistita e appassionata interpretazione della filosofia come ” problema e non soluzione, apertura e non conclusione; processo di dubbio che tende a diventare sempre più radicale “. Alla luce di tutto ciò non sorprende che Spirito accentui il modus operandi della “ricerca” quale carattere peculiare della filosofia. La “ricerca” pone infatti in luce la struttura costitutivamente aperta, complessa, problematica, anzi addirittura “antinomica” della vita. Pensare la vita (questo, per Spirito, ò uno dei compiti primari della filosofia) significa accettare la sfida dell’ “antinomia sempre risorgente” e che “non dà  tregua” sollevata appunto dalla vita. Da questo punto di vista nè il razionalismo metafisico, nè il positivismo, nè l’ irrazionalismo offrono adeguate soluzioni, perchè tendono a superare o a dissolvere l’ antinomia. Solo lo storicismo ha imboccato la strada giusta, quella della ” soluzione dialettica dell’ antinomia “, ma non l’ ha portata ad una realizzazione completa, esasperandone invece l’ aspetto “intellettualistico”. Per Spirito si tratta invece di articolare ulteriormente questa “soluzione dialettica”, ancorandola all’ uomo concreto che vive ” nell’ esigenza sempre più imperiosa di allargare i limiti della propria esperienza, tendendo all’ ideale di un’ esperienza totale “. Tale “soluzione dialettica” ò resa trasparente nella vita assunta come arte, cioò assunta nelle dimensioni di immediatezza, tensione vissuta, creatività  che si manifestano nel modo più evidente e intenso nell’ attività  lato sensu estetica. ” Quell’ arte da cui abbiamo tratto i motivi per caratterizzare l’immediatezza spirituale di chi ricerca, se ha potuto veder slargati i propri limiti fino a coincidere con la vita, resta poi, nella sua specificità , a segnare i punti culminanti della vita stessa, in quanto protesa nello spazio per raggiungere l’universale ” (La vita come arte, I). La dimensione dell’arte viene poi allargata e integrata da Spirito con quella dell’ amore: dell’amore come fruizione appagante dell’immediato e come unità  profonda con gli altri uomini “ricercanti”, che vanno riconosciuti nella loro costitutiva diversità  e per ciò stesso “amati”. L’accentuazione del pluralismo dell’esperienza e della diversità  negli esseri umani trova la propria definitiva formulazione teorica nella già  ricordata concezione “onnicentristica”. Anch’essa, per Spirito, ò essenzialmente un’ipotesi, che un giorno dovrà , come tute le altre, essere superata e accantonata. Tuttavia per ora interpreta efficacemente la condizione spirituale dell’uomo contemporaneo: la sua coscienza della precareità  dell’esperienza e insieme il suo bisogno di assolutezza. Nella prospettiva dell’onnicentrismo la vita si fa “atto di radicale affermazione” in ogni sua forma: forma che ò “sempre assoluta in quanto centro, relativa in quanto periferia”, e che viene così ad identificarsi col mondo, con la realtà  assunta nella sua poliedricità  e attualità , caratterizzata dalla pluralità  dei suoi “centri”, sempre in movimento in se stessi e rispetto agli altri. L’onnicentrismo ò anche in grado, per Spirito, di ispirare un nuovo umanesimo, che deve essere affermato sul terreno sia etico-sociale sia educativo. Si tratta di un umanesimo che riserva uno spazio privilegiato alla scienza, rivaluta più in generale tutte le attività  dell’uomo (a cominciare dal lavoro) e accoglie in sò anche la dimensione della religiosità , interpretata come il senso dell’assoluto e dell’infinito. In tale contesto l’uomo “ò riportato alla società ” e “il suo conoscere e il suo agire diventano realtà  collettiva”; la ” vera trasformazione ò data dalla sostituzione del soggetto sociale a quello singolo, e la sostituzione non può non ingigantire le possibilità  della conoscenza e dell’azione “.

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