Tu sei come una giovane,
una bianca pollastra.
Le si arruffano al vento
le piume, il collo china
5 per bere, e in terra raspa;
ma, nell’andare, ha il lento
tuo passo di regina,
ed incede sull’erba
pettoruta e superba.
10 È migliore del maschio.
È come sono tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio.
15 Così se l’occhio, se il giudizio mio
non m’inganna, fra queste hai le tue uguali,
e in nessun’altra donna.
Quando la sera assonna
le gallinelle,
20 mettono voci che ricordan quelle,
dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
ti quereli, e non sai
che la tua voce ha la soave e triste
musica dei pollai.
25 Tu sei come una gravida
giovenca;
libera ancora e senza
gravezza, anzi festosa;
che, se la lisci, il collo
30 volge, ove tinge un rosa
tenero la sua carne.
Se l’incontri e muggire
l’odi, tanto è quel suono
lamentoso, che l’erba
35 strappi, per farle un dono.
È così che il mio dono
t’offro quando sei triste.
Tu sei come una lunga
cagna, che sempre tanta
40 dolcezza ha negli occhi,
e ferocia nel cuore. C 14
Ai tuoi piedi una santa
sembra, che d’un fervore
indomabile arda,
45 e così ti riguarda
come il suo Dio e Signore.
Quando in casa o per via
segue, a chi solo tenti
avvicinarsi, i denti
50 candidissimi scopre.
Ed il suo amore soffre
di gelosia.
Tu sei come la pavida
coniglia. Entro l’angusta
55 gabbia ritta al vederti
s’alza,
e verso te gli orecchi
alti protende e fermi;
che la crusca e i radicchi
60 tu le porti, di cui
priva in sé si rannicchia,
cerca gli angoli bui.
Chi potrebbe quel cibo
ritoglierle? chi il pelo
65 che si strappa di dosso,
per aggiungerlo al nido
dove poi partorire?
Chi mai farti soffrire?
Tu sei come la rondine
70 che torna in primavera.
Ma in autunno riparte;
e tu non hai quest’arte.
Tu questo hai della rondine:
le movenze leggere;
75 questo che a me, che mi sentiva ed era
vecchio, annunciavi un’altra primavera.
Tu sei come la provvida
formica. Di lei, quando
escono alla campagna,
80 parla al bimbo la nonna
che l’accompagna.
E così nella pecchia
ti ritrovo, ed in tutte
le femmine di tutti
85 i sereni animali
che avvicinano a Dio;
e in nessun’altra donna.
La poesia fa parte della sezione del Canzoniere Casa e campagna, che comprende sei poesie scritte tra il 1909 e il 1910. Saba celebra la propria moglie, paragonandola alle femmine di tutti i sereni animali che avvicinano a Dio, perché ha, tutte insieme, le stesse bellissime virtù che non si trovano in nessun’altra donna.
Le prime cinque strofe contengono il paragone della moglie con la femmina di un animale. Nella prima il poeta paragona la moglie a una bianca pollastra, che nell’incedere ha il lento passo di una regina, e avanza sull’erba superba. Essa, come tutte le femmine degli animali vicine a Dio, è superiore al maschio. Quando la sera fa dormire le gallinelle, esse, prima di assopirsi, esalano suoni dolcissimi, che ricordano quella, tenera e triste, della moglie quando si duole dei suoi mali. Nella seconda strofa la donna viene comparata a una gravida giovenca, quando non è ancora appesantita dalla gravidanza avanzata. Il suo muggito è così lamentoso che uno spontaneamente strappa un pugno d’erba e glielo dona. Così Saba offre alla moglie il suo dono, quando ella è triste. Nella terza strofa il paragone è fatto con una cagna, che ha tanta amabilità negli occhi quando guarda una persona conosciuta, e tanta crudeltà nel cuore verso gli estranei. Quando essa è distesa ai piedi della moglie, la contempla come se fosse il suo Dio; ma quando qualcuno osa avvicinarsi alla sua padrona, scopre i bianchi denti per gelosia. Nella quarta strofa il poeta paragona la moglie alla pavida coniglia, la quale, quando vede entrare la padrona nella gabbia per portare il cibo, si alza dritta; quando è priva di cibo invece si rannicchia in un angolo. E’ sempre così mansueta e umile che nessuno oserebbe lasciarla senza cibo; così sua moglie è così mansueta e umile che nessuno oserebbe farla soffrire. Nella quinta strofa vi è il paragone con la rondine che torna in primavera e riparte in autunno. La moglie ha le movenze leggere della rondine e fa rivivere un’altra primavera al poeta che invecchia. L’ultima strofa conclude paragonando la moglie alla provvida formica e all’ape industriosa; infine il poeta ribadisce che egli riconosce la donna in tutte le femmine di tutti i sereni animali che avvicinano a Dio, e non nelle altre donne.
La figura che il testo ci tramanda è del tutto insolita nella poesia italiana, in cui vediamo celebrata la donna aristocratica dai poeti che si ispiravano ai provenzali, la donna-angelo dei poeti stilnovisti, la donna ideale, configurata platonicamente dai petrarchisti, la donna-dea dai poeti neoclassici, la donna-passione dai poeti romantici. Nulla di tutto ciò in queste strofe, che si snodano, secondo un’ordinata sequenza, proponendo una serie di successivi confronti tra la moglie del poeta e le femmine di numerosi animali.
La poesia ricorda il ritorno all’infanzia, che non estromette allo stesso tempo la presenza dell’uomo. Come il bambino, anche Saba adora gli animali, i quali, conducendo un semplice stile di vita, sono prossimi a Dio più degli uomini. Lo sguardo del fanciullo non simula però uno stupore innocente come nella pascoliana poetica del fanciullino, ma ipotizza la partecipazione di un adulto, che osserva le cose nella loro realistica e corposa immediatezza, senza titubanze e inibizioni.
Le comparazioni, presenti all’inizio di ogni strofa, indicano una raffigurazione diretta, costituita da espressioni e aspetti precisi, che dipingono le qualità fisiche e morali della donna. Protagonisti di un genere letterario ben circoscritto, quello della favola, qui gli animali perdono ogni responsabilità di tipo metaforico e moraleggiante, mutandosi in simboli naturali della vita. L’uomo scopre nella natura l’immagine di sé stesso, avvicinandosi a Dio attraverso il “libro aperto della creazione”. L’importanza di questa definizione è evidenziata dal reiterarsi dell’espressione “tutte / le femmine di tutti / i sereni animali / che avvicinano a Dio”.
Per quanto riguarda il metro, il verso prevalente è il settenario, cui si aggiungono alcuni endecasillabi e due quinari (vv. 19 e 52); fanno eccezione i vv. 26 e 56. Sono molteplici le rime, collocate liberamente e senza seguire regole.
Infine, il linguaggio utilizzato è semplice e prossimo a quello quotidiano, appena innalzato da un velo di arcaismo letterario.
- Letteratura Italiana
- Umberto Saba
- Letteratura Italiana - 900