Marziale e l'epigramma
Marco Valerio Marziale nacque a Bilbili, nella Spagna Tarragonese, l'1 marzo del 39 o 40 d.C. Studiò Retorica in patria e intorno al 64 giunse a Roma, venendo a contatto con gli ambienti che formarono Seneca e Lucano. Fu costretto alla misera vita del cliens, che lo costrinse ad una vita alienante tra adulazioni e ossequi. Di spirito fine e sensibile, il suo genio poetico fu avvilito dal contatto continuo con un ambiente sordido. Durante il periodo dei Flavi la sua sorte migliorò: in occasione dell'inaugurazione dell'Anfiteatro Flavio da parte di Tito nell'80, Marziale pubblicò un libretto di epigrammi (Liber de spectaculis) sugli spettacoli inaugurali. Tito gli conferì il grado di tribuno militare e lo ius trium liberorum, un privilegio in denaro destinato ai padri con tre figli (Marziale però non era sposato e non aveva figli). Tuttavia, la sua vita rimase precaria, nonostante le adulazioni verso Domiziano.
Marziale: Xenia e Apophoreta
Tra l'84 e l'85 pubblicò gli Xenia, raccolta composta da 124 epigrammi più 3 introduttivi, e gli Apophoreta, costituiti da 221 epigrammi e due introduttivi. Si tratta di componimenti in distici composti per accompagnare i doni che i Romani si scambiavano durante i Saturnali (xenia) o doni sorteggiati durante i conviti (apophoreta). Nella raccolta di epigrammi Xenia e Apophoreta costituiscono i lbri XIII e XIV, mentre il Liber de spectaculis è a sè e precede gli altri.
Marziale, la pubblicazione dei libri di epigrammi e la morte
Dopo aver pubblicato i primi due libri Marziale nell'88 si trasferì a Forum Cornelii (Imola), dove pubblicò il III libro e tornò subito a Roma,dove pubblicò altri otto libri. Nonostante la popolarità, le sue condizioni economiche non migliorarono di molto: i suoi epigrammi piacevano, ma erano considerati con una certa sufficienza da letterati e ceti elevati. Per Marziale il pubblico fu fonte d'ispirazione determinando una scelta precisa sugli argomenti da trattare. Dopo la morte di Domiziano, l'arte spregiudicata di Marziale poco si addiceva alla politica morale di Nerva e Traiano, per cui il poeta tornò a Bilbili. Qui la nostalgia di Roma era acuta: lo leggiamo nel libro XII (pubblicato nel 102), in cui il poeta affermava che gli mancava tutto di Roma, dai teatri ai contatti umani. Morì nel 104.