Le università italiane sono le meno "attraenti": il sondaggio dell'UE - Studentville

Le università italiane sono le meno "attraenti": il sondaggio dell'UE

Nel 2023 sono stati proposti 200 progetti e 5.500 corsi in più per rivoluzionare le università italiane, ma secondo un sondaggio dell'UE c'è ancora molto su cui lavorare.
Le università italiane sono le meno

L’università italiana da alcuni anni sta cercando di rinnovarsi, con l’obiettivo di aprirsi verso una realtà sempre più internazionale e volta all’innovazione. In molteplici istituti in quasi tutte le regioni d’Italia, si registrano diversi iscritti di origine straniera. Per questo, le università nazionali sono orientate ad aumentare i corsi in lingua inglese e in altre lingue. Inoltre, le nuove frontiere dell’AI e la sensibilizzazione verso progetti sempre più ecosostenibili hanno indotto gli stessi istituti ad inserire corsi più mirati a queste tematiche.

Tutto ciò, a quanto pare non basta per rendere le università italiane abbastanza innovative e “invitanti” per la maggior parte degli studenti. A sostenerlo è un rapporto condotto dall’UE, ossia il “National Student Fee and Support Systems in European Higher Education”, che ha registrato un dato su cui riflettere. Secondo il sondaggio, le università italiane sono le meno considerate e accessibili, poiché presentano ancora oggi dei fattori complessi da risolvere. Alcuni degli aspetti, per i quali le università in Italia non sono considerate allettanti per gli studenti, sono la presenza di tasse accademiche elevate e una riduttiva vocazione cosmopolita degli atenei.

Il sondaggio ha riportato, in questi anni, che solo in Grecia e in Italia non è stato presente un incremento ingente delle iscrizioni di studenti stranieri, poiché solo il 3% degli allievi proviene dall’estero. Un elemento positivo, in questo caso, lo registra il rapporto annuale Erasmus +; infatti, sempre più ragazzi universitari italiani sono predisposti ad iscriversi a progetti Erasmus, scegliendo mete estere per integrare i loro studi. Ciò dimostra, in parte, una volontà degli studenti italiani ad aprirsi sempre più verso progetti internazionali, ma probabilmente occorre incentivare maggiormente gli studenti stranieri a continuare la loro formazione anche in Italia.

In merito all’Erasmus, la ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini ha dichiarato:

“Entro il mese di novembre gli istituti italiani potranno inserire negli ordinamenti la possibilità di seguire, per un periodo, i corsi in un’altra università sul territorio. Il progetto si chiama Erasmus Italiano, dove gli studenti potranno realizzare il loro percorso di studi personalizzato anche prendendo in considerazione altri atenei. Inoltre, questa opzione potrà essere una scelta più economica, poiché garantirebbe a tutti l’opportunità di frequentare corsi universitari al di fuori della propria regione”.

L’analisi del report UE

L’indagine approvata dall’Unione Europea ha rilevato alcune problematiche riguardo la situazione degli atenei italiani. Uno degli elementi rilevanti che non incentiva gli istituti ad essere presi in considerazione dall’estero è la presenza di tasse universitarie superiori alla media. Infatti, solitamente uno studente italiano paga fin dal suo primo anno accademico, una retta media di 1600 euro, che sale a 1750 euro circa nell’anno successivo. Diversamente, all’estero la media delle spese di iscrizione per il primo biennio di studi è decisamente più bassa.

Inoltre, un altro fattore non ancora gestito in modo efficiente dagli atenei è la distribuzione delle borse di studio. Facendo un paragone con la Norvegia, si evince come nello stato scandinavo vengano rilasciate borse di studio in percentuale del 47%, contro un massimo del 18% circa in Italia.

Moltissimi studenti hanno anche difficoltà ad accedere alle residenze accademiche supportate dagli enti per il diritto agli studi. Per risolvere questo problema, il PNRR appena corretto dal Governo, ha previsto che entro il 2026 ci dovranno essere disponibili 60 mila alloggi riservati agli iscritti universitari.

Tuttavia, nell’ultimo anno si è registrato un investimento importante di mezzo miliardo di euro per le università statali, volti per la ricerca, le attività didattiche ed infine il buon funzionamento degli istituti. Durante l’anno scolastico 2023/2024 ci saranno dei cambiamenti costruttivi per le università italiane, poiché sono stati proposti circa 200 progetti orientati all’innovazione e 5.500 nuovi corsi accademici incentrati su tematiche attuali, come AI, eco-green e sviluppo tecnologico.

 

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti