TEMI TRATTATI: vita di campagna, emigrazione.
TITOLO: Il titolo, in genere sintesi dell’argomento svolto, è la Conca degli Aranci, tratto di territorio coltivato in Calabria, dove è ambientata la storia.
GENERE: romanzo
TRAMA: l’opera è una saga familiare che ha come protagonisti un ricco proprietario terriero, don Enzino, e i suoi tre figli, frutto di matrimoni diversi: Andrea, nato nel primo matrimonio, Giulio e Tom, nati nel secondo. In famiglia sorgono ben presto grandi discussioni che sconvolgono la pace e la tranquillità. Il primogenito Andrea non può sopportare la presenza di Peppina che prima era la sua serva ma che ora è diventata sua madre. Ha un carattere ribelle e scapestrato e alla fine farà strada nella politica rapinando il bene pubblico dopo quello della sua famiglia. Il secondogenito Giulio, dopo aver visto in sogno la Madonna, decide di prendere i voti. Nel seminario consegue ottimi risultati, ma un giorno dalla finestra vede una giovane fanciulla e decide di abbandonare il seminario intraprendendo la carriera di medico. Il più piccolo dei figli, colui che racconta la storia, non è bravo a scuola ma si rende conto che per lui è importante la scultura, e affrontando parecchie discussioni con i suoi genitori, contrari a questa sua passione, si iscrive al Liceo artistico.
Spiccano come personaggi minori: zio Rocco, detto lo Stuppagghju, fratello di Peppina e amministratore di don Enzino e zio Cicalino, detto così per il suo “cicalare”(parlare). Zio Rocco voleva che Andrea sposasse sua figlia Annina e per costringerlo a ciò finanzia i suoi debiti di gioco. Andrea accetta ma dopo poco la abbandona. Rocco muore secco mentre mangia. Lo zio Cicalino aveva il vizio del gioco e quando sua moglie per impedirglielo lo chiuse in casa, egli cominciò a leggere libri sopra libri e tutto ciò lo portò al delirio. E così cominciò ad elevarsi a grandi filosofi immaginando di essere stato loro compagno. Un giorno, spinto dalla follia, camminò fino a Catanzaro e morì stremato.
La famiglia di Don Enzino è lacerata dall’odio e dai contrasti e alla fine il ricco proprietario terriero muore stremato, con l’amara convinzione che i suoi progetti fosserosvaniti.
PARTE PIÙ DIVERTENTE: la parte che mi ha fatto ridere è quella in cui si racconta uno scherzo fatto a zio Cicalino da un suo compaesano, insegnante di filosofia. Un giorno zio Cicalino, immerso nelle sue riflessioni, arriva a Gerace pensando di essere giunto all’acropoli di Atene. In quello stesso giorno c’era un gruppo di studenti in visita agli scavi. Allora il compaesano di zio Cicalino chiama un suo collega dicendo che deve fingersi il grande filosofo Timeo e dire ciò che gli avrebbe suggerito. L’insegnante di filosofia chiama Cicalino dicendo di avere una sorpresa per lui: proprio il filosofo Timeo è lì e gli indica il collega in veste di filosofo. Cicalino con volto serio rimprovera quell’uomo che crede il filosofo Timeo, perché nella sua opera mancano le riflessioni e i giudizi su ciò che avveniva nel mondo.
CONSIDERAZIONI: la conclusione è negativa, perché il proprietario terriero, che aveva trascorso la sua vita a lavorare e a progettare per i suoi figli, cercando di garantirgli un buon futuro, muore oppresso dai gravi problemi che gli si pongono innanzi. Per quanto riguarda l’ambientazione, ci troviamo in un paesino della Calabria in cui compaiono i componenti di una famiglia come tante. Viene esaminato il problema dell’emigrazione, affrontato da don Enzino che ogni anno vede diminuire il numero dei suoi operai. Non vi sono dirette descrizioni dell’ambiente, ma l’autore tende a sottolineare gli eventi e non gli spazi in cui sono accaduti.
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