. Communi
igitur consuetudine sermonis abutimur, cum ita dicimus, velle aliquid quempiam aut nolle sine causa; ita enim dicimus ‘sine
causa’, ut dicamus: sine externa et antecedente causa, non sine aliqua; ut, cum vas inane dicimus, non ita loquimur, ut
physici, quibus inane esse nihil placet, sed ita, ut verbi causa sine aqua, sine vino, sine oleo vas esse dicamus, sic, cum
sine causa animum dicimus moveri, sine antecedente et externa causa moveri, non omnino sine causa dicimus. De ipsa atomo dici
potest, cum per inane moveatur gravitate et pondere, sine causa moveri, quia nulla causa accedat extrinsecus.
Versione tradotta
Nella consuetudine del parlare
comune commettiamo dunque un errore, quando diciamo che uno vuole o non vuole qualcosa «senza causa»: infatti dicendo «senza
causa» intendiamo in realtà dire «senza una causa esterna e antecedente», e non senza causa affatto; come quando diciamo che
un vaso è vuoto, non parliamo il linguaggio dei fisici, secondo i quali il vuoto non esiste, ma intendiamo semplicemente che
nel vaso non vi e, per esempio, acqua, né vino, né olio, così quando diciamo che l'animo ha dei moti incausati intendiamo
senza causa esterna e antecedente, non senza causa affatto. Proprio del l'atomo, poiché si muove nel vuoto in virtù della
gravità e del peso, si può dire che si muove senza causa, dato che non interviene nessuna causa dal di fuori.
- Letteratura Latina
- De Fato di Marco Tullio Cicerone
- Cicerone