Giustino nacque a Flavia Neapolis in Palestina verso l’ inizio del secondo secolo e morì martire verso il 165 a Roma, ove aveva aperto una scuola di dottrina cristiana. In una delle sue opere, il Dialogo con Trifone, un giudeo, racconta la sua conversione, avvenuta dopo essere passato attraverso lo studio dello stoicismo, della filosofia peripatetica, del pitagorismo e, infine, della filosofia platonica, da lui considerata il culmine della filosofia antica. Di Giustino sono conservate una Prima Apologia, composta verso il 155 e indirizzata ad Antonino Pio, e una Seconda Apologia. Giustino si rende conto che la debolezza costitutiva delle filosofie pagane, proprio per il loro insistere sul carattere eccezionale della vita filosofica, è data dalla loro incapacità di diffondersi presso tutti i ceti sociali. A Cristo, invece, prestano fede non soltanto filosofi, ma anche artigiani e gente comune, disposta addirittura ad affrontare il martirio, mentre nessuno aveva seguito Socrate nella sua sorte. La capacità di affrontare il martirio dimostra su vasta scala l’ avvenuta saldatura tra contenuto di un insegnamento e fedeltà ad esso nella prassi. Ciò dipende dal fatto che il Logos, la parola di Dio, opera con forza a tutti i livelli e il cristianesimo è la rivelazione piena di esso. Ma Giustino avverte anche l’ esistenza di convergenze dottrinali tra la rivelazione e determinate teorie filosofiche su Dio, la creazione del mondo o l’ immortalità dell’ anima. Egli non spiega queste coincidenze con la teoria del plagio delle Scritture da parte dei filosofi, come fa un altro apologeta, Tiziano, radicalmente ostile alla filosofia greca. L’ assunto di Giustino è, invece, che in ogni uomo sono presenti particelle o germi della verità e del Logos divino. I filosofi che hanno enunciato alcune verità , come Socrate e Platone, hanno potuto farlo perchò in essi era operante una parte di questa ragine divina. Quindi, il Logos si manifesta e opera parzialmente già prima della venuta di Cristo; ciò consente di organizzare la tradizione filosofica secondo uno schema dicotomico, nel quale la linea di demarcazione passa tra quanto contiene verità parziali ed è quindi integrabile nel cristianesimo, e quanto non contiene verità , come, ancora una volta, l’ epicureismo. Così, riducendo la tradizione filosofica a una serie di dottrine, che sono anche proprietà dei cristiani, si pongono le premesse per la sottrazione alla vita filosofica di ogni possibile carica alternativa nei confronti della vita cristiana. D’ altra parte, ciò diventa pienamente possibile proprio grazie alla ellenizzazione del cristianesimo, ossia alla introduzione in esso di elementi di provenienza classica.
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