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In una scuola di Pordenone chi rompe paga e chi sporca pulisce

Aula sporca? Banchi rotti? Scritte sui muri? In una scuola superiore di Pordenone, gli studenti responsabili devono rimediare. Anche a costo di sacrificare il pomeriggio libero.
In una scuola di Pordenone chi rompe paga e chi sporca pulisce

“Chi rompe paga e chi sporca pulisce”

Insegnare fin da giovani il concetto di responsabilità individuale e, perché no, anche di cura degli ambienti comuni e di prevenzione dei danni. E’ quello che si sta cercando di fare in una scuola di Pordenone nella quale, appunto, chi rompe un oggetto, o lo rovina, è tenuto a pagarlo. Così come chi sporca, pulisce. Il fine  è quello di incoraggiare gli studenti a comportarsi in modo rispettoso ed allo stesso tempo prudente, evitando azioni che possano ricadere sugli altri. Che cosa ne pensano questi ultimi? E come è stata accolta l’iniziativa?

Il “metodo” della scuola “Mattiussi” di Pordenone

Nella scuola superiore “Mattiussi” di Pordenone, nel regolamento scolastico è stato introdotto un nuovo metodo: è enunciato nell’articolo 7 delle disposizioni generali, e recita così:

Nel caso di danneggiamenti alle suppellettili scolastiche di deterioramento di arredi, apparecchi, attrezzature sportive e smarrimento o deterioramento di attrezzature di laboratorio o materiale bibliografico, gli studenti responsabili, qualora identificati, saranno tenuti a risarcire a titolo di addebiti le rotture, i danni, gli sprechi e gli ammanchi di materiale.

Questo significa che, qualora arrechi danni ai beni comuni, o li sporchi, ti dovrai fermare a scuola oltre l’orario di lezione e dovrai rimediare a ciò che hai causato. Semplice. Imparerai, così, una delle lezioni più grandi della vita, ovvero che le tue azioni hanno delle conseguenze, e che bisogna che te ne assumi la responsabilità. Inoltre, capirai cos’è il rispetto per l’ambiente e per gli altri. Infine, non da meno, comprenderai cosa si intende per collaborazione e senso di comunità, perché siamo tutti coinvolti nella cura e nella manutenzione degli spazi comuni, in questo caso in quello degli ambienti scolastici. Strano ma vero, l’iniziativa della scuola superiore è stata accolta positivamente fin dall’inizio, grazie anche al benestare delle famiglie, che hanno dato il proprio consenso. Dall’inizio dell’anno, l’articolo 7 è già stato applicato tre volte.

Le famiglie sono contente

Gli studenti che, per un motivo o per un altro, si trovano a dover “rimediare” ai propri errori, non vengono naturalmente lasciati soli. Anche se l’orario di lezione è finito, un membro del personale scolastico rimane con loro per coordinarli. Ciò non significa, però, che quest’ultimo faccia il lavoro per loro. Il senso del metodo deve essere evidente a tutti: chi sporca pulisce, e chi rompe paga, anche a costo di sacrificare una parte del loro tempo libero.

A spiegare il senso di questa norma è la dirigente scolastica Alessandra Rosset la quale, specificando come la scuola non abbia “inventato” granché”, tiene anche a sottolineare come le famiglia, le volte in cui è successo di dover applicare la norma in questione, si siano dimostrate favorevoli. Anche perché, da questa, deriva un utile insegnamento per i loro figli. Ma sono anche gli studenti a trarne vantaggio. “Capiscono cosa vuol dire mettersi al lavoro per riparare a un danno provocato”.

Ma non è tutto rose e fiori: la preside espone a “Il Gazzettino” anche quella che è una dolente, ovvero la difficoltà nell’applicare altri tipi di sanzioni previste, quali le sospensioni dalle lezioni. Queste non sono viste di buon occhio dai genitori, e vengono spesso contestate. Come quella volta in cui uno studente avrebbe dovuto prestare attività presso una casa di riposo. In questo caso, la famiglia, aveva protestato adducendo come impedimento le spese che avrebbe dovuto sostenere per il trasporto fino alla struttura.

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