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Erich Fromm

Pensiero e vita.

Erich Fromm nacque a Francoforte sul Meno nel 1900. Figlio di un ricco commerciante israelita di vini, fu educato in un’ atmosfera rigidamente religiosa. Dopo aver completato la sua educazione secondaria, nel 1922, a 22 anni, si laurea a Heidelberg in filosofia con una tesi ” Sulla funzione sociologica della legge ebraica nella Diaspora “. Mentre prepara la sua dissertazione, Fromm ò ancora un ebreo ortodosso che si interroga sui timori che suscitava “negli uomini semplici” la figura dell’ebreo. Tenta quindi di offrire delle spiegazioni., individuando nella legge la forza che garantisce al corpo sociale ebraico di permanere nel suo scontro con corpi storici estranei. Utilizzando gli strumenti concettuali di Max Weber, Martin Buber e Hermann Cohen, propone una ricostruzione sociologica delle origini della diaspora, del rabbinismo, dei rapporti con il cristianesimo e con l’islam con un excursus storico sul crinale di quella legge che evita l’autodistruzione e permette il compromesso con i non ebrei, preservando l’identità  nel corso del tempo. Fromm concentra la sua analisi su alcuni momenti della storia religiosa che ritiene esemplari. Negli anni Settanta, sull’onda del successo dei suoi libri, la tesi viene pubblicata. In seguito studiò psicanalisi a Monaco svolgendo anche attività  di psicanalista presso l’Istituto psicanalitico di Berlino e di Francoforte. Non si laureò in medicina. Cominciò a praticare la psicoanalisi nel 1925 e divenne presto famoso. Dal 1929 al 1932 fu assistente nell’Università  di Francoforte, e nel 1930 la sua prima tesi sulla funzione delle religioni, fu pubblicata in “Imago”, una rivista edita da Freud. Invitato all’Istiituto di psicoanalisi di Chicago, visitò gli Stati Uniti nel 1933. Nel 1934, per opposizione al nazismo, lasciò la Germania per stabilirsi permanentemente negli Stati Uniti. Tenne lezioni all’ Università  di Columbia dal 1934 al 1939 e in altre università  americane. Nel 1951 divenne professore del dipartimento di psicanalisi dell’ Università  nazionale del Messico. Nel 1955 fu nominato Direttore del dipartimento di psicologia della stessa Università  del Messico col compito di dirigere l’addestramento di psicoanalisi e di psichiatria. Nel 1962 diventa titolare di una cattedra di psichiatria a New York. Erich Fromm ò considerato uno dei maggiori rappresentanti della psicologia post-freudiana. La sua posizione propositiva ò stata definita “Socialismo umanistico”, utopia di un mondo umano che sappia realizzare le istanze sociali e superare l’alienazione dell’uomo, le spinte a fuggire dalla libertà , che sappia vivere l’amore per la vita. Le opere più importanti di Fromm sono: ” Fuga dalla libertà  ” (1941); ” Psicoanalisi e religione ” (1950); ” Il linguaggio dimenticato ” (1951); ” Psicoanalisi della società  contemporanea ” (1955); ” L’arte di amare ” (1956); ” Buddismo, zen e psicoanalisi ” (1960); ” Marx e Freud ” (1962); ” Il cuore dell’uomo ” (1964 ); ” La rivoluzione della speranza ” (1968); ” Anatomia della distruttività  umana ” (1973); ” Avere o essere ” (1976); ” Grandezza e limiti della psicoanalisi di Freud “(1979). Fromm insieme a Adorno, Horkheimer e Marcuse diventa uno dei maggiori esponenti della Scuola di Francoforte, che nei primi anni del secondo dopoguerra si afferma nella cultura tedesca. La nuova corrente di pensiero, fortemente influenzata dal marxismo, si ispira a diverse matrici culturali: la dialettica e la fenomenologia hegeliana, il nichilismo di Nietzsche e di Heidegger, la psicoanalisi di Freud. La Scuola con il marxismo ha un rapporto tormentato e complesso per motivi sia teorici che pratici poichè respinge il concetto cardine del marxismo del progresso sociale che conduce al consumismo e alla tecnocrazia. La Scuola si oppone ai regimi totalitari di ispirazione marxista degli anni Cinquanta e Sessanta. Il nucleo originario si costituisce a partire dal 1922 presso l’Istituto per la ricerca sociale di Francoforte, destinato a diventare particolarmente importante quando, nel 1931, ne prende la direzione Max Horkheimer. Dopo l’avvento del nazismo i componenti della Scuola sono costretti a trasferirsi all’estero, soprattutto negli Stati Uniti d’America e solo alcuni di loro torneranno in Germania alla fine della guerra. Il compito che la Scuola si prefigge ò quello di svolgere ricerche collettive e interdisciplinari, tenendo presenti i metodi della sociologia, della ricerca storica, dell’economia politica e del marxismo. Oggetto di studio sono le società  industriali e i modi di vivere che in esse tendono a realizzarsi. L’indagine ò volta ad analizzare l’autoritarismo, il conformismo, l’alienazione che si presentano in forma più o meno latente nelle società  industrializzate ed ò condotta prendendo in considerazione anche le manifestazioni culturali e in particolare le avanguardie artistiche del Novecento. La contestazione giovanile del 1968 sembra ispirarsi alla Scuola di Francoforte che in questo periodo suscita pertanto un rinnovato interesse nel mondo della cultura. Di orientamento socialista e materialista, la Scuola ha elaborato le sue teorie e svolto le sue indagini alla luce delle categorie di totalità  e dialettica: la ricerca sociale non si dissolve in indagini specializzate e settoriali; la società  va indagata come un tutto nelle relazioni che legano gli ambiti economici con quelli culturali e psicologici. E’ qui che si instaura il nesso tra Hegelismo, Marxismo e Freudismo che tipicizzerà  la Scuola di Francoforte. La teoria critica si prefigge di far emergere le contraddizioni fondamentali della società  capitalistica e punta ad uno sviluppo che conduca ad una società  senza sfruttamento. Con la presa del potere da parte di Hitler il gruppo francofortese emigra prima a Ginevra, poi a Parigi e infine a New York. Dopo la seconda guerra mondiale Marcuse, Fromm, Lowenthal e Wittfogel restano negli Stati Uniti, mentre Adorno, Horkheimer e Pollock tornano a Francoforte, dove nel 1950 rinasce L’Istituto per la ricerca sociale. Nella scuola di Francoforte si propone e sviluppa la teoria critica della società  che avversa il tipo di lavoro della sociologia empirica americana. Per i francofortesi la sociologia non si riduce nè si dissolve in indagini settoriali e specialistiche, in ricerche di mercato (tipiche, queste, della sociologia americana). La ricerca sociale ò, invece, per loro, la teoria della società  come un tutto, una teoria posta sotto il segno delle categorie della totalità  e della dialettica e tesa all’esame delle relazioni intercorrenti tra gli ambiti economici, psicologici e culturali della società  contemporanea. Siffatta teoria ò critica in quanto da essa emergono le contraddizioni della moderna società  industrializzata e in particolar modo della società  capitalistica. Per maggior precisione il teorico critico ” ò quel teorico la cui unica preoccupazione consiste in uno sviluppo che conduca ad una società  senza sfruttamento “. Il primo lavoro di rilievo della Scuola di Francoforte ò il volume collettivo “Studi sull’autorità  e la famiglia” (1936): la famiglia, come anche la scuola o le istituzioni religiose, viene vista quale tramite dell’autorità  e dell’insediarsi di questa nella struttura psichica degli individui. Un lavoro analogo verrà  successivamente progettato in America: i suoi esiti sono pubblicati nel volume “La personalità  autoritaria”. L’analisi più significativa compiuta da Fromm ò quella relativa al tema della fuga dalla libertà  che caratterizza la civiltà  moderna. La storia dell’umanità  ò storia della libertà  e ha inizio quando l’uomo, diventato consapevole della propria esistenza, spezza il legame che lo lega alla natura entro la quale era immerso, così come la storia individuale ha inizio con la separazione dalla madre. L’esistenza umana comincia quando l’adattamento alla natura perde il suo carattere coercitivo; quando il modo di agire non ò più fissato da meccanismi ereditari. In altre parole, sin dall’inizio l’esistenza umana e la libertà  sono inseparabili. Lo sviluppo della storia ha determinato una serie di conquiste quali il dominio sulla natura, la crescita della ragione, lo sviluppo della solidarietà  verso altri uomini, ma ha causato anche isolamento, insicurezza, solitudine. Dalla fine del Medioevo in poi ò cresciuta la libertà  degli uomini rispetto alla natura e ai legami della tradizione e delle consuetudini del passato. Questa accresciuta libertà  ha determinato, però, una perdita di significato dell’esistenza: l’uomo si sente solo, anonimo, impotente. Vive in modo spersonalizzante il lavoro e, ridotto al ruolo di consumatore, avverte la propria limitatezza anche di fronte alle scelte politiche. Tale insicurezza e precarietà  determinano alcuni comportamenti di fuga dalla libertà  che investono la società  in tutti i suoi aspetti, anche quelli politici. Pertanto lo sviluppo dei regimi totalitari del fascismo e del nazismo non ha spiegazione solo a carattere economico e sociale ma anche psicologico poichè ha a che fare con questa tendenza dell’uomo moderno a fuggire dalla libertà  che diventa dolorosa e a rinunciare alla responsabilità  e all’autonomia delle scelte, rendendolo disponibile a sottomettersi a un regime politico autoritario. Altro punto fondamentale dell’analisi di Fromm in “Fuga dalla libertà ” ò quello relativo al tema dell’ autorità , dove viene operata una distinzione molto chiara tra autorità  e autoritarismo, indicati con i termini di “autorità  razionale” e “autorità  inibitoria”. L’autorità  non ò una qualità  ma si riferisce a un rapporto interpersonale, in cui una persona considera un’altra superiore a se stessa. Nel caso dell’autorità  razionale, assistiamo a un processo in cui un rapporto si basa su una differenza gerarchica (come avviene per esempio tra insegnante e alunno): la parte inferiore riconosce all’altra una superiorità  effettiva che non opera però nei suoi confronti in termini di sfruttamento. E’ un rapporto in cui la parte superiore offre all’altra una serie di strumenti che le consentono di avvicinarsi al suo livello e in questo senso si tratta di un rapporto di scambio reciproco su una base affettiva positiva. Si parla invece di autorità  inibitoria quando il rapporto di sudditanza viene mantenuto e consolidato da chi ha potere. Fromm prende in considerazione anche le diverse forme di autorità  come quelle che si realizzano nel rapporto tra padrone-operaio, padre-figlio, moglie-marito, ecc. L’importanza di Fromm risiede proprio nel tentativo di analizzare i grandi temi della vita sociale in un’ottica psico-sociologica che dà  conto dell’importanza dei fattori culturali e sociali nello sviluppo della personalità . Anche il conformismo dilagante nella società  moderna, l’assunzione acritica e automatica dei modelli di comportamento proposti dalla società  comportano l’annullamento della personalità  dell’individuo. In sostanza, si tratta di un meccanismo psicologico di difesa messo in atto per fuggire dalla paura e dalla solitudine, in ultima analisi per fuggire dalla libertà . L’uomo cessa di essere un atomo isolato attraverso la libertà  positiva con la realizzazione spontanea e completa della sua personalità  e dei rapporti d’amore che lo legano agli altri uomini e al lavoro come creatività . Solo la libertà  positiva garantisce la possibilità  di un’ autentica democrazia. L’analisi della società  contemporanea porta all’individuazione del suo carattere fondamentale e cioò dell’ alienazione come effetto del capitalismo sulla personalità  umana. L’alienazione caratterizza i rapporti dell’uomo con il lavoro, con gli altri uomini, con le cose, con se stesso. In “Psicoanalisi della società  contemporanea” viene esaminata con estrema lucidità  la situazione dell’uomo moderno in una società  la cui principale preoccupazione ò la produzione economica più che l’aumento della produttività  creativa dell’uomo: una società  dove l’uomo ha perduto il predominio. L’uomo moderno ò estraniato dal mondo che egli stesso ha creato, alienato dagli altri uomini, dalle cose che usa e consuma, dal suo governo, da se stesso. Egli ò ora ” una personalità  fittizia “. Se si lascerà  che le tendenze attuali si sviluppino senza controllo, ne risulterà  una società  malata, costituita da uomini alienati. Fromm presenta in questo modo una completa e sistematica concezione della psicoanalisi umanistica e propone un’ipotesi di società  “mentalmente sana” in cui l’uomo sia il centro dell’interesse delle attività  economiche e produttive, evidenziando così l’alternativa tra il sistema capitalistico e la dittatura totalitaria. In “Psicanalisi e religione”, Fromm discute il bisogno dell’uomo di una struttura di orientamento con cui egli può superare la sua alienazione e stabilire relazioni con gli altri. Questo bisogno può essere soddisfatto da un’ ideologia, da una religione, o persino da una nevrosi mentale. Fromm confronta questo tipo di psicoanalisi che chiama cura dell’anima con le religioni che accentuano il potere e la forza dell’individuo: ” la cura dell’ anima ò quella di mettere un uomo in contatto col suo subcosciente aiutandolo così ad essere libero di stabilire relazioni d’ amore “. Il metodo normale per superare l’isolamento ò stabilire spontaneamente relazioni col mondo attraverso l’amore e lavorare senza sacrificare l’indipendenza e l’integrità  del processo. Nel suo lavoro di analista Fromm scopre una grande varietà  di altri meccanismi d’evasione che sono alternativi all’amore: masochismo, sadismo, distruttività , conformismo. Essi producono una riduzione dell’alienazione e dell’ansia ma solo al caro prezzo della rinuncia della propria individualità . L’uomo alienato diventa estraneo a se stesso, non si riconosce come centro del suo mondo e come protagonista delle sue scelte, ma i suoi atti diventano i suoi padroni e a questi si sottomette. Nella società  dominata dal denaro e dal consumo, l’uomo concepisce se stesso come una cosa in vendita. Nella società  capitalista il consumo diventa fine a se stesso, fa nascere nuovi bisogni e costringe all’acquisto di nuove cose, si perde di vista l’uso delle cose e l’uomo ò schiavo del possesso. Si può uscire dall’alienazione solo costituendo un tipo di società  organizzata secondo il ” socialismo comunitario ” con la partecipazione di tutti i lavoratori alla gestione del mondo del lavoro. Il socialismo comunitario prospettato da Fromm ò vicino alle posizioni dei socialisti utopistici ed ò influenzato dal sindacalismo e dal socialismo corporativista. In “Avere o Essere” Fromm propone all’uomo contemporaneo la scelta netta tra due categorie, due progetti di uomo: o quello dell’avere, dominante nella società  capitalistica dei consumi, o quello dell’essere, della realizzazione dei bisogni più profondi dell’uomo. L’analisi di Fromm individua due modi di determinarsi dell’esistenza dell’uomo nella società : avere, modello tipico della società  industrializzata, costruita sulla proprietà  privata e sul profitto che porta all’identificazione dell’esistenza umana con la categoria dell’avere, del possesso. Io sono le cose che possiedo, se non possiedo nulla la mia esistenza viene negata. In tale condizione l’uomo possiede le cose ma ò vera anche la situazione inversa e cioò le cose possiedono l’uomo. L’identità  personale, l’equilibrio mentale si fonda sull’ avere le cose. essere ò l’altro modo di concepire l’esistenza dell’uomo ed ha come presupposto la libertà  e l’autonomia che finalizza gli sforzi alla crescita e all’arricchimento della propria interiorità . L’uomo che si riconosce nel modello esistenziale dell’essere non ò più alienato, ò protagonista della propria vita e stabilisce rapporti di pace e di solidarietà  con gli altri. Fromm ritiene necessario attuare una nuova società , fondata sull’essere, liberata dalla categoria dell’avere, che garantisca, a livello politico e nell’ambito del lavoro, la partecipazione democratica di tutti gli uomini. Il rapporto tra l’uomo e la società  differisce da quello di Freud per il quale l’uomo ò fondamentalmente antisociale e deve essere addomesticato dalla società . Sia la psicoanalisi che il marxismo hanno parzialmente fallito nel loro intento, spiega Fromm in “Marx e Freud”. Nè l’una nè l’altro sono in grado di produrre sostanziali cambiamenti della condizione umana: la psicoanalisi e il marxismo sembrano aver perso la loro carica liberatrice e non sono in grado di fornire la comprensione dei processi in atto. C’ò bisogno di una revisione sia per l’una che per l’altro. Della psicoanalisi freudiana, oltre a criticare l’impianto meccanicistico, retaggio di una cultura positivista, Fromm denuncia il carattere borghese proprio dell’epoca e dell’ambiente in cui Freud viveva. Freud non ha espresso nella sua psicoanalisi la vera natura umana, ma solo quella di una società  capitalistica, egoista e maschilista riducendo i rapporti tra uomo e mondo solo in termini di soddisfacimento libidico. Nella società  alienata del capitalismo non sono, però, i bisogni e le potenzialità  umane ad essere realizzati, ma i bisogni socialmente indotti dal mercato. Il marxismo d’altra parte non ha colto il peso che le forze psicologiche, attraverso i meccanismi di riproduzione sociale, hanno sulla personalità  degli individui. In “Fuga dalla libertà ” Fromm analizza i meccanismi che hanno operato nella storia dell’uomo, in particolar modo analizzando la storia moderna dell’Occidente, che ha spesso visto gli uomini fuggire dalla libertà , cedere la libertà  mantenendo l’appartenenza alla società , luogo di sicurezza contro la solitudine. Anche il totalitarismo nazista può essere spiegato con questi meccanismi. Famosa ò l’analisi psicoanalitica che egli fa di Hitler, descritto come sadico con il popolo tedesco, che domina e sottomette e masochista nei confronti del destino. Non sembra, però, che Fromm attribuisca a un processo rivoluzionario la possibilità  di superamento dell’alienazione. La psicoanalisi può compiere la necessaria critica dell’alienazione dell’uomo contemporaneo e della sua infelicità . Mentre la società  capitalista preferisce personalità  ferme a stadi pregenitali, demandando alla famiglia il compito della repressione sessuale, Fromm guarda ad una sessualità  genitale, che egli vede come simbolo di libertà , creatività , socievolezza. E’ stata notata in Fromm una lettura di Marx nella quale i valori della vita, del lavoro liberato, dell’utopia e del Socialismo vengono contrapposti ai valori della morte, dello sfruttamento, dell’alienazione e del capitalismo. In particolare, fra i valori che nella lettura di Fromm vengono esaltati, fondamentale ò quello dell’amore. In “L’arte di amare”, che ò la sua opera più nota e più popolare, discute cinque tipi di amore: amore fraterno, amore tra genitori e figli, amore erotico, amore per se stessi, amore per Dio. Tutte queste forme di amore hanno elementi comuni e devono essere basati sul senso di responsabilità , rispetto e conoscenza. Per ogni individuo l’amore ò il modo normale di superare il senso di isolamento e, come desiderio di unione con gli altri, assume una forma specificamente biologica tra l’uomo e la donna. Fromm afferma che ò errato interpretare l’ amore come una reciproca soddisfazione sessuale poichè una completa felicità  sessuale si raggiunge soltanto quando c’ò l’amore. La concentrazione sulla tecnica sessuale come se questa rappresentasse la via alla felicità  ò, egli afferma, una delle molti ragioni per cui l’amore ò diventato così raro nella moderna società  capitalistica. Fromm crede che l’amore sia l’unica e soddisfacente risposta al problema dell’esistenza umana. L’amore non può essere insegnato, bensì deve essere acquisito tramite uno sforzo continuo, disciplina, concentrazione e pazienza, tutte cose che sono difficili per la pressione continua della vita moderna. Il più importante contributo di Fromm sta nell’ accentuazione della dignità  e del valore dell’individuo. A differenza degli psicologi del comportamento, egli non riduce l’uomo ad un comune denominatore di istinti e considera il sesso molto meno importante dell’amore. Le sue idee sulla teoria della pratica dell’amore sono della massima importanza poichè dimostrano che uomini e donne possono superare le pressioni della vita quotidiana e le difficoltà  che essi incontrano quando vogliono formare mature relazioni d’amore. Dal punto di vista strettamente psicanalitico, Fromm ò noto per aver approntato una teoria della personalità . Formatosi innanzitutto come sociologo, Fromm ha saputo coniugare il pensiero di Freud con molti altri grandi filoni culturali, da Marx alla tradizione ebraica. All’interno di questa vasta sintesi dottrinale, si trova anche una teoria della personalità  ed una caratterologia, nata come tipologia causale, studiata empiricamente con indagini sul campo e con uso di test proiettivi. La tipologia di Fromm ò centrata sul concetto di produttività . Il carattere “produttivo” ò quello pienamente sviluppato, non alienato, maturo e ricco di amore per la vita; questo ò il punto di riferimento, cui tendono gli altri tre tipi principali, che sono il “ricettivo”, l’ “appropriativo” e il “mercantile”. I tre tipi non costituiscono categorie fisse, ma piuttosto, come in tutti i sistemi caratterologici moderni, delle tendenze presenti in una certa proporzione in ogni carattere. E’ significativo quindi non solo il caso in cui una tendenza appare più sviluppata delle altre, ma anche il caso contrario, in cui una tendenza appare appena accennata. Inoltre, la produttività  non esclude che il carattere possa essere classificato come appartenente ad uno degli altri tipi; il pieno sviluppo delle potenzialità  umane può essere raggiunto attraverso vie differenti. In “Analisi della distruttività  umana”, Fromm ha descritto anche un altro tipo interamente negativo, il “necrofilo”, amante della morte e nemico della vita; questo rappresenta un caso limite, patologicamente lontano dai valori del carattere produttivo. E’ raro, fortunatamente, che il necrofilo possa incontrarsi allo stato puro, ma può presentarsi allo stato di tendenza nelle persone troppo affascinate dalla tecnica e dall’ordine.

  • Filosofia del 1900

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